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Parola di Dio - (M)uchenik


Regia:Serebrennikov Kirill

Cast e credits:
Soggetto: tratto dall'opera teatrale "Martyr" di Marius von Mayenburg; sceneggiatura: Kirill Serebrennikov; fotografia: Vladislav Opelyants; musiche: Ilya Demutsky; montaggio: Yury Karikh; scenografia: Ekaterina Shcheglova; costumi: Tatiana Dolmatovskaya; interpreti: Petr Skvortsov (Veniamin), Aleksandr Gorchilin (Grigoriy), Aleksandra Revenko (Lidia), Viktoriya Isakova (Elena Lvovna), Julia Aug (madre di Veniamin), Svetlana Bragarnik (preside), Anton Vasiliev (insegnante di educazione fisica), Irina Rudnitskaya (insegnante di Storia); produzione: Hype Film; distribuzione: I Wonder Pictures; origine: Russia, 2016; durata: 118'.

Trama:Veniamin è un adolescente nel bel mezzo di una crisi mistica, che sta mettendo in discussione la famiglia e la scuola attraverso una serie di domande: possono le ragazze andare al corso di nuoto in bikini?; c'è posto a scuola per l'educazione sessuale?; la teoria dell'evoluzione deve far parte del programma di Scienze naturali? Mentre gli adulti sono sopraffatti dalle certezze del ragazzo, che confida solo nella Scrittura, Elena, la sua insegnante di biologia sarà l'unica in grado sfidarlo sul suo stesso terreno.

Critica (1):E se si cominciasse ad applicare la Bibbia ogni giorno? In teatral attesa delle Variazioni Goldberg di Tabori sullo stesso tema, godiamoci le intemperanze mistiche di Veniamin, studente russo che va in classe con la Bibbia, si fa di versetti, rifiuta ogni avances, condanna bikini e darwinismo, senza parlare dei gay. Gli tiene testa la professoressa di biologia, che insiste sui sensi e fa lezione di condom: non finirà bene.
Interessante, il cristianesimo sfoderato tipo Isis, da crociata: Kirill Serebrennikov riduce dal teatro un'attuale storia di fanatismo, trauma con cui il bravissimo Piotr Skvortsov riassume la sua infelicità pubblica e privata in un film che ti si attacca addosso anche se didascalico e un poco vintage nella sfida tra anima e carne degna di Estate e fumo di Williams.
Maurizio Porro, Corriere della Sera, 27/10/2016

Critica (2):Si respira aria di scandalo. Un attacco diretto alla Parola, alla Sacra Scrittura, all’istituzione religiosa. Un attacco che avviene portato avanti, per altro, con le stesse armi, con il linguaggio neotestamentario della parabola. A partire dal lavoro teatrale di Marius von Mayenburg, Kirill Serebrennikov (già vincitore della prima edizione della Festa del Cinema di Roma) costruisce un apologo sull’intolleranza e il confessionalismo ottuso e malcelato della società russa.
Siamo in una città non identificata (il film è girato nell’enclave di Kaliningrad). Il giovane Veniamin getta scompiglio nel liceo che frequente, a causa della sua intransigenza religiosa. È una specie di profeta folle, che rifiuta il contatto fisico con i compagni e ne sferza i costumi a furia di citazioni bibliche, puntualmente rimandate alla fonte dalle innumerevoli scritte in sovrimpressione che attraversano le immagini. Riesce a legare solo con un ragazzo isolato dal resto dei compagni, per via della sua timidezza e della sua menomazione fisica. E ne sfrutta la simpatia – non del tutto disinteressata – per portare avanti le sue convinzioni e i suoi piani. Ma tutti, chi più chi meno, sembrano subire la furia e il carisma di Veniamin. L’unica che lo affronta a viso aperto, con una determinazione forse non meno folle, è la professoressa di biologia, Elena Lvovna. Dal conflitto tra i due verranno fuori discussioni epiche sull’evoluzionismo darwiniano, sul sesso e la contraccezione. Fino alle derive più impensate.
Serebrennikov va avanti dritto come un treno nella dimostrazione della sua tesi, lungo i binari tracciati dalla piéce di Mayenburg. Racconta il montare del fanatismo religioso del suo “discepolo” come una progressione geometrica inarrestabile, dai primi segni di un isolamento “sociale” alla definitiva affermazione di una visione antistorica, irrazionale, violenta e intollerante. Dalle prime invettive contro i bikini indossati dalle ragazze durante le lezioni di nuoto, si passa, senza soluzione di continuità, alla condanna inappellabile dell’omosessualità e all’odio antisemitico. Fino alla pretesa di poter essere la “spada” di Dio, chiamata a raddrizzare i torti e ad estirpare la mala piaga che affligge la terra.
Il percorso è chiaro, inevitabile. A partire da certe premesse, che siano convinzioni personali o disagi psicologici, non possono che derivare determinate conseguenze.
Nella visione di Serebrennikov la religione, il cristianesimo quanto meno, è una forza oscura che attecchisce sulle fragilità e paure individuali, per imporsi poi come un’ortodossia che informa di sé il tessuto sociale, la struttura dei rapporti di forza, attraverso l’adesione esplicita o l’accettazione supina. I risvolti più inquietanti di The Student, infatti, stanno non tanto nelle farneticazioni profetiche di Veniamin, quanto nelle reazione degli altri, degli adulti, della direttrice della scuola, dei professori, che, pur rimproverando gli eccessi comportamentali del ragazzo, finiscono per condividere le sue visioni oltranziste, i suoi giudizi moralistici, persino le sue menzogne più ignobili. Come a dire che il caso di “follia” isolato non è che l’avanguardia millenaristica di un oscurantismo diffuso. La tragedia è solo l’evoluzione naturale, l’albero che cresce spontaneo a partire da queste radici. E il Dio che le ha piantate è un dio vendicativo, un giudice spietato e terribile. Serebrennikov sembra non aver dubbi.
Non c’è nessun’ambiguità, nessuna complessità problematica in The Student, nessuno spiraglio che permetta di guardare la fede da un altro lato, sia quello del bisogno o della speranza, della tradizione o del patrimonio di un popolo. E quindi nessuno spiraglio che dia ai personaggi l’ombra di una terza dimensione, una sostanza vitale e concreta che esuli dalla loro pura e semplice “funzione”, narrativa e intellettuale. Persino Elena, nella sua caparbia visione scientifica, sembra cieca e sorda quasi quanto Veniamin. Sebbene l’origine teatrale venga sorpassata da una macchina mobilissima, capace di registrare una tensione montante, i personaggi restano figure senza cuore, carne e sangue. Nonostante gli interpreti, Petr Skortsov e Victoria Isakova, a dir poco fenomali nella loro presenza fisica e nevrotica. (…)
Aldo Spiniello, sentieriselvaggi.it

Critica (3):

Critica (4):
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