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Postman blues - Posutoman burusu


Regia:Sabu

Cast e credits:
Soggetto originale e sceneggiatura
: Sabu; fotografia: Kuriyama Shuji; musica: Sato Koya; art director: Nishimura Toru; montaggio: Kakesu Shuichi; interpreti: Tsutsumi Shin’ichi (Sawaki), Toyama Kyoko (Kyoko), Osugi Ren (Joe), Horibe Keisuke (Noguchi Shuji), Shimizu Hiroshi (det. Domon Taizo), Taguchi Tomoro, Takizawa Ryoko, Maro Akaji; produttore esecutivo: Satani Hidemi; produzione: F.T.B., Suplex Inc., Television Tokio Channel 12, Nikkatsu; origine: Giappone, 1997: durata: 110’.

Trama:Un giovane postino dalla vita monotona incontra un vecchio amico, divenuto spacciatore, che gli introduce nella borsa un pacchetto di droga e un dito, che gli era stato mutilato dai capi yazuka per vendetta. Senza rendersene conto, il tranquillo postino precipita in un vortice di eventi che lo faranno entrare nel mirino della polizia, sospettato di essere un pericolosissimo killer e spacciatore di droga.

Critica (1):“Il tuo cuore non batte mai di eccitazione come quando eri bambino?” Lo yakuza Noguchi (Horibe Keisuke) pone questa domanda al suo amico d’infanzia Sawaki (Tsutsumi Shin’ichi) all’inizio di Postman Blues, ma essa potrebbe allo stesso modo essere diretta al pubblico. Da quanto tempo un film giapponese non ha fatto veramente scorrere la vostra adrenalina?
Se è passato un po’ di tempo, Postman Blues segna la fine della vostra lunga attesa. Proprio come Sawaki, un postino annoiato e colpito nel vivo dalla domanda di Noguchi, sceglie alla fine di abbandonare il sentiero battuto delle consegne postali per cercare le proprie emozioni forti, il regista Sabu cambia rotta rispetto al cinema giapponese convenzionale caratterizzato da espedienti a poco prezzo o artifici dolorosi per dare espressione al proprio meraviglioso pacchetto di emozione filmica.
L’argomento che ci viene presentato non è nuovo: la strategia di intrattenimento di Sabu non comporta il fatto di gettare dalla finestra la convenzione, ma piuttosto il giocare argutamente con essa facendone la parodia. Parte del divertimento sta infatti nel mettersi comodamente seduti e individuare le citazioni di film che vanno dai vecchi film d’azione targati Nikkatsu e da Takakura Ken a Chungking Express e Jean Reno.
Il problema della convenzione è, infatti, il centro del mondo drammaturgico di Sabu. Dangan Runner, il divertente film dello scorso anno che ha scatenato grandi applausi al Festival di Berlino, mette in scena tre eroi idioti e un cast di personaggi pasticcioni innamorati irrimediabilmente degli stereotipi “macho”. Questa volta, tuttavia, Sawaki non è tanto un ammiratore di questo immaginario costrittivo quanto piuttosto la sua vittima inconsapevole. Uscendo dall’appartamento di Noguchi, Sawaki è individuato dai poliziotti che controllano il giovane killer. Chiedendosi per quale motivo un postino dovrebbe entrare nell’appartamento, ipotizzano che Sawaki debba essere una specie di corriere e cominciano a seguirlo. Dopo deviazioni e colpi di scena che implicano droghe, un dito mozzato (tagliato da Noguchi nello stile della yakuza), e alcuni altri particolari troppo assurdi per spiegarli qui, i poliziotti e il loro esperto in profili criminali hanno la certezza che questo postino è davvero capo di una gang di assassini di massa, pervertito sessuale, tossicodipendente, che ama smembrare le proprie vittime. In realtà Sawaki vuole solo essere qualcosa di più di un postino, giacché è così che tutti sembrano definirlo. La sua evasione dalla routine consiste nel portare avanti una storia d’amore con Kyoko (Toyama Kyoko), una malata terminale di cancro della quale trova le lettere nella sua borsa.
Quella storia romantica è probabilmente la parte più convenzionale e stucchevole di Postman Blues, ma indica quanto amabilmente Sabu tenga in considerazione personaggi dai sogni anche troppo comuni se sono romanticamente senza speranza. Oltre a Sawaki, un altro sognatore è il killer Joe (Osugi Ren), con il quale Sawaki fa amicizia nell’ospedale di Kyoko, che vincerebbe il titolo di Killer dei Killers se non fosse per la presenza di un rivale più potente – il killer fatale all’interno del suo corpo.
Come la folle corsa in Dangan Runner rende i suoi eroi capaci di trascendere la loro esistenza categorizzata, è la frenetica corsa contro il tempo in bicicletta di Sawaki per incontrare Kyoko – e il tutto avviene senza rendersi conto dell’inseguimento con ampio dispiego di mezzi tecnologici da parte della polizia – che dà a lui le sue emozioni forti e a noi le nostre. La decisione di Noguchi e Joe di aiutarlo dà anche un significato alle loro vite.
Ma sono i poliziotti con i loro blocchi stradali e le loro menti ottuse che diventano rappresentativi di tutto ciò che è repressivo nella società moderna. Malgrado la loro stupidità pasticciona e qualche brav’uomo, sono più inquietanti dei pazzi autodistruttivi in Dangan Runner. Il loro potere fa alzare il rischio e rende la conclusione devastante di Postman Blues molto più forte e carica di adrenalina. Postman Blues è una commedia d’azione, una delle migliori da anni a questa parte. Ma come indica nel titolo il termine “blues”, la sua visione del mondo risulta in definitiva pessimista. Per Sabu la fuga da questo mondo deve inevitabilmente implicare le forme più estreme di trascendenza. È ancora una fortuna per noi che lo stesso sforzo di Sabu di sollevarsi al di sopra delle nuvole opache della fiacca cinematografia giapponese, assolutamente rude e meravigliosamente radicale, non abbia bisogno di andare così lontano.
Aaron Gerow, The Daily Yomiuri, 28/08/1997, p. 9 (traduzione dall’inglese)

Critica (2):Sawaki (Tsutsumi) è un postino tranquillo e solitario. La sua routine viene messa sottosopra dall'incontro con un vecchio amico di scuola, Noguchi (Osugi), adesso uno spacciatore per la yakuza; Sayoko (Toyama), una ragazza malata di tumore e ricoverata in ospedale, di cui Sawaki si innamora; e Joe (Horibe), killer dall'animo onesto, anch'egli malato terminale. La polizia, poi, è ostinata nel credere Sawaki uno spacciatore. Sabu migliora, e di molto, la sua scrittura rispetto al precedente Dangan Runner: è più attento ed equilibrato, disegna bei personaggi, tira sapientemente le fila verso il destino, preparandosi al vortice di Unlucky Monkey. Le facili citazioni (Besson, Wong Kar-wai) rischiano di essere un giochino cinefiliacofine a se stesso, eppure, in questo quadro nevrotico e surreale, risultano simpatiche. Notevole tutta la parte finale, con le corse incrociate per le vie cittadine e il blocco stradale. Distribuito in Italia, senza che nessuno se ne accorgesse, dall'Academy, con un doppiaggio da far venire la pelle d'oca.
Pier Maria Bocchi, Cineforum n. 395, giugno 2000

Critica (3):

Critica (4):
Sabu
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