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Ritratti: Andrea Zanzotto


Regia:Mazzacurati Carlo

Cast e credits:
Sceneggiatura
: Carlo Mazzacurati, Marco Paolini; fotogrofia: Alessandro Pesci, Massimo Monico; musica: Darius Milhaud, Anouar Brahem, Eric Satie, Fauré; montaggio: Paolo Cottignola; suono: Remo Ugolinelli; interpreti: Andrea Zanzotto, Marco Paolini; produzione e distribuzione: Vesna Film; origine: Italia, 2000; durata: 50'.

Trama:L'incontro si sviluppa entro tre nuclei di ricerca: la natura, la storia, la lingua, la natura, intesa dal poeta come pensiero al quale rivolgersi in un continuo scambio e risonanza, in seguito come improvviso mutazione, cementificazione e offesa. Andrea Zanzotto ripercorre, poi, i segni fondamentali di quello che è stato detto il secolo dell'ottimismo, quando si sono manifestati la fede crescente nella scienza e il collasso di qualsiasi forma di razionalità.

Critica (1):La lingua è scoperta di un viaggio accidentato, segno di un lessico familiare, musica e canti di un paese, ma anche di un andare mendicando di altri linguaggi, un ricercare le stratificazioni che li hanno intessuti, un balbettio sino ad arrivare ai destinatari della poesia e ai luoghi della lettura per riscoprirne la sacralità.
«Andrea Zanzotto è insieme la persona più radicale e nel contempo delicata che io abbia mai incontrato. Tutto di lui appare dominato da contrasti estremi e inattesi. Sofferenza e leggerezza, fragilità e profondità. Può dialogare col passato, anche più remoto, come se tutto il tempo vivesse per lui in un eterno presente. Ma poi d'improvviso scarta e, per un istante, fa apparire il futuro, lo rende tangibile e ci vuole molto coraggio per immaginarlo, il futuro, in questi tempi difficili. Ogni parola che pronuncia appare la sofferta punta di un iceberg sotto cui vi sono molti suoni, odori e luci misteriose. Il suo volto è enigmatico e lunare, pieno di sfumature, con occhi sempre vivi e ironici che parlano per proprio conto una lingua senza parole. Mentre lo guardavo e mi domandavo che cosa fosse la poesia, mi veniva in mente sempre una sola immagine: quella di un fiore».
(Carlo Mazzacurati)

Critica (2):I titoli di inizio, in carattere "Aldo Manuzio"; bianchi su sfondo nero, intervallano, troncandole, le parole di un vecchio seduto a un tavolo, lo si vede in faccia, a mezzo busto. La musica finisce e la telecamera resta immobile a "ritrarre" un dialogo: battuta e risposta, prima un viso, poi l'altro, ogni tanto, come vento o foglia, si posa su oggetti minuti o esplora di lontano un paesaggio: tenerezza e timidezza di sguardo scandiscono il ritmo visivo e sonoro. Si sta sul far della sera in una casa, la casa dei poeta, di cui si vede poco, l'essenziale: una finestra che incornicia il buio che sta per arrivare, sul davanzale un cesto di frutta dai vivi colori, un tavolo, dei libri, alcuni aperti, altri chiusi. L'inizio della conversazione è quasi banale, per questo "accogliente": ecco che io spettatore posso partecipare del colore rarefatto di quella stanza, ecco che i fosfeni si dissolvono e la celluloide si buca ... ; Si parla dei vento, una sorto di nemico per le passeggiate di Andrea – così Marco Paolini chiama Zanzotto ‑ che definendosi "meteodipendente" accenna alle visite quotidiane ai suoi ascoltatori: l'erba, i ranuncoli, l'acqua del fiume che «toglie staticità alle cose anche se può creare degli specchi». Poi si parla della neve, della "neve benefica", "candore fuori del tempo". Andrea recita un verso di una sua poesia: «mai mancante neve di metà maggio, chi vuoi salvare?» e intanto vediamo il profilo di sali e scendi delle sue montagne, le montagne visibili aldilà delle finestre della cucina di casa sua. E allora quel verso divento: «Mai MaNcaNte NeVe di Metà Maggio, chi Vuoi salVare?», laddove il profilo delle lettere descrive immaginificamente quello delle montagne e viceversa, in un gioco di rimandi analogici che rende visibile la poesia. ( ...)
Andrea Piovano, cit. in Lo schermo oltre la siepe-Incontri con il cinema di poesia / Carlo Mazzacurati , nov. 2001

Critica (3):

Critica (4):
Carlo Mazzacurati
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