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Django - Django


Regia:Corbucci Sergio

Cast e credits:
Soggetto: Sergio Corbucci, Bruno Corbucci; sceneggiatura: Sergio Corbucci, Bruno Corbucci; fotografia: Enzo Barboni; musiche: Luis Enríquez Bacalov-la canzone "Django" (E. Bacalov-Migliacci) è cantata da Rocky Roberts; montaggio: Nino Baragli, Sergio Montanari; scenografia: Carlo Simi; arredamento: Francesco Bronzi; costumi: Marcella De Marchis; interpreti: Franco Nero (Django), José Bódalo (Nathaniel), Loredana Nusciak (Maria), Ángel Álvarez (Gen. Hugo Rodriguez), Gino Pernice (Jonathan), Rafael Albaicín (uomo di Rodriguez), Eduardo Fajardo (Maggiore Jackson), Luciano Rossi (Miguel), José Canalejas, Simón Arriaga, Erik Schippers, Giovanni Ivan Scratuglia; produzione: Manolo Bolognini per Brc Produzione Film (Roma)-Tecisa Film (Madrid); distribuzione: Cineteca Lucana; origine: Italia-Spagna, 1965; durata: 94’. VM 14

Trama:In un paese ai confini del Messico dove imperversano due bande capeggiate rispettivamente dal maggiore americano Jack Winchester e dal generale messicano Hugo Rodriguez, arriva un pistolero, Django, accompagnato da Norma, la sua amante. Nel saloon del villaggio, dove si riuniscono a turno le due bande rivali, Django che è stato guidato fin lì dalla sete di vendetta contro Winchester, riesce a uccidere quasi tutti gli uomini del maggiore con una mitragliatrice nascosta in una bara. Intanto Django riesce ad avere un incontro con Hugo e gli propone di dargli del denaro in cambio di armi. Poiché Hugo rifiuta, Django ruba l'oro e fugge con Norma, ma il generale, dopo averlo raggiunto, lo punisce uccidendo la donna e stritolando le mani del pistolero. Mentre Django trova riparo e cure a casa di Nathaniel, il proprietario del saloon, Winchester sorprende Hugo ed i suoi uomini in un agguato e li uccide. Una volta guarito, però, Django lancia un'altra sfida al maggiore e finalmente lo uccide nel cimitero di Tombstone accanto alla tomba della moglie che era stata uccisa da Jack.

Critica (1):Django (...) indica già la strada verso i successivi Western di Corbucci che, con la collaborazione dello sceneggiatore Franco Solinas sarebbero diventati sempre più politici (nello stesso tempo in cui Leone stava diventando sempre più disilluso verso la politica). Non politico in senso brechtiano o formale, naturalmente, ma nel senso di “fiabe proletarie” (come Corbucci le ha successivamente definite) “dove i cattivi sono di destra, i buoni di sinistra.” Il sudista Maggiore Jackson conduce una guerra privata contro i peones messicani perchè li considera inferiori a lui; Rodriguez, dall’altra parte, sta progettando di attraversare la frontiera con il Messico, con il suo esercito di guerriglieri, e instaurare là un governo regionale (ma, come la maggior parte dei banditi-rivoluzionari di Corbucci (...), ama troppo i segni esteriori del potere).
Djiango stesso – nei suoi migliori pantaloni da soldato della domenica, stivali consumati e abiti da lavoratore, con la sua sella sulla spalla, – sembra meno un archetipo eroe del western che uno dei contadini di ritorno da una dura giornata nei campi, con gli attrezzi da lavoro sulla schiena, che si trascina dietro i suoi averi. Con questi diretti punti di contatti con il pubblico dell’Italia del sud, e soprattutto col suo enorme successo sul mercato nazionale (sia in città che in campagna) Django ebbe probabilmente un impatto maggiore sui western all’italiana (soprattutto quelli che non strizzano l‘occhio a un mercato di esportazione) di ogni altro. Ha generato più sequel a basso costo della trilogia originata da Per un pugno di dollari (che ha portato leone via dalla catena di montaggio di Cinecittà e nel mondo dei blockbusters multi-nazionali) e ha reso il cimitero un posto rispettabile per una sparatoria – anche quando l’eroe è stato crocifisso ancora prima di arrivarvi.
(traduzione dal testo di Christopher Frayling, Monthly Film Bulletin n. 625, 2/1986)

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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