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Chocolat - Chocolat


Regia:Denis Claire

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Claire Denis, Jean-Pol Fargeau; fotografia: Robert Alazraki; musica: Abdullah Ibrahim; montaggio: Claudine Merlin; scenografia: Thierry Flamand; costumi: Marthe Ndomé; suono: Jean Louis Ughetto, Dominique Hennequin; interpreti: Isaach de Bankolé (Protée), Giulia Boschi (Aimée Dalens), François Cluzet (Marc Dalens), Jean-Claude Adelin (Luc), Laurent Arnal (Machinard) , Jean Bédièbe (Prosper), Jean-Quentin Chatelain (Courbassol), Emmanuelle Chaulet (Mireille Machinard), Kenneth Cranham (Boothby), Jacques Denis (Delpich), Mireille Perrier (France), Cécile Ducasse (France Bambina), Clémentine Essono (Marie-Jeanne); produzione: Cinemanuel/ MK2/Cerito Films/La Sept/Caroline prods/ FODIC/TFI Films/Wim Wenders Produktion/CNC/Sofica Sofima; distribuzione: ACADEMY; durata: 105'.

Trama:Tornata in Camerum tanti anni dopo da turista, France ricorda i luoghi e i personaggi della sua infanzia, trascorsa con la madre Aimée, il padre Marc e il boy di colore Protée in una fattoria/guarnigione del governo coloniale francese. Un viaggio che si consumerà esclusivamente nei luoghi della memoria.

Critica (1):Per la sua opera d'esordio la giovane Claire Denis, già assistente di Jarmusch e Wenders (vi è lo zampino produttivo di quest'ultimo in Chocolat) ha scelto la cifra autobiografica. Nessun accadimento di particolare rilievo drammaturgico e tanti piccoli dettagli rivelatori: suggestioni, stati d'animo, emozioni, tracce di una memoria viva e però come rapsodica, lucida ma così pudica da risultare a tratti persino reticente.
France ricorda con antipatia la fauna coloniale degli europei passati per la casa della sua infanzia africana e ha i suoi buoni motivi per farlo: evangelisti fanatici, cinici giramondo, militari ottusi, commercianti razzisti, vecchie checche inglesi con il ritratto di sua maestà la regina in bella mostra. Prova affetto riandando con la memoria alla tenerezza del padre (troppo ingenuo, però, troppo romantico) mentre sul conto della madre - dolce, ma di quella dolcezza che sembra più che altro di rappresentanza - continua a nutrire dei dubbi...
In ogni caso, è fuori discussione che l'Africa che France ha ancora negli occhi sia in sostanza quella "chocolat" di Protée, il boy di colore splendidamente interpretato da Isaach de Bankolé (già visto in Black micmac e Noir et blanc). Costui è il vero protagonista del film, e non solo perchè incarna il "mito africano" di France. Protée è il servo mai servile, l'amico selvaggio che le insegna a mangiare le formiche come fossero caviale, l'uomo forte che non ha paura della jena pur senza vantarsene. Diventa persino, ad un certo punto del film, l'inevitabile oggetto del desiderio della donna bianca ma sa stare al suo posto e dire di no al capriccio della "signoracomandante"...
Grazie anche alla splendida colonna sonora di Abdullah Ibrahim (ex Dollar brand), Chocolat è film sinceramente calato nella realtà di un continente troppo spesso frainteso dal cinema occidentale, pur progressista e di buone intenzioni. Niente è sopra le righe, nessun sociologismo per tranquillizzare le coscienze e il "mal d'Africa" reso così sottile da intrigare più della denuncia a voce spiegata. Il tocco della Denis è degno dell'Ivory di Calore e polvere e, tanto per restare in tema di recenti "sguardi" africani surclassa le melodrammatiche superficialità di film come Misfatto bianco. Funziona il partito preso di evitare il narrato forte, cosicchè quelle rare sequenze in cui il cuore dei protagonisti accelera il suo battito (penso a come la Denis riesce a risolvere l'addio di France a Protée, nel magazzino dei bruciatori) suonano ancora più sincere. Magari è una sincerità che mal si adatta all'ironico disincanto del cinema corrente, ma di film come Chocolat ne vorremmo vedere di più.
Roberto Ellero, Segno Cinema n. 36 Gennaio 1989.

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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