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Cave of Forgotten Dreams


Regia:Herzog Werner

Cast e credits:
Sceneggiatura: Werner Herzog; fotografia: Peter Zeitlinger, Chris Watts; musiche: Ernst Reijseger; montaggio: Joe Bini, Maya Hawke; voce off: Werner Herzog; produzione: Creative Differences, Arte France in associazione con More 4 per History Films; origine: Francia-Canada-Usa-Gran Bretagna-Germania, 2010; durata: 90’.

Trama:La grotta di Chauvet Pont d'Arc, nella Francia meridionale, contiene quelli che sono attualmente ritenuti i più antichi dipinti rupestri del mondo, risalenti a oltre 30.000 anni fa. La grotta, che si trova nella valle di Ardèche, è stata scoperta solo nel 1994, ma non è aperta al pubblico. Il respiro umano, infatti, altererebbe l'umidità della grotta e sarebbe estremamente dannoso per le raffigurazioni. Anche agli scienziati è permesso accedere alla grotta di Chauvet soltanto in alcuni precisi momenti. I dipinti non sono tutti piatti, piuttosto, incorporano i rilievi dei muri per la creazione di colorate profondità. Da lungo tempo si era pensato di dare accesso alla grotta a un unico regista e, per la quota simbolica di 1 Euro, consentirgli di catturare i dipinti su pellicola a beneficio del pubblico. Werner Herzog è il regista scelto e non delude: usando solo un minimo di luce e una cinepresa a mano costruita per l'occasione, riesce non solo ad immortalare, ma anche a dare vita ai dipinti scegliendo di adottare il formato 3D. Inoltre, il regista fa uso dei contorni di questi dipinti sulla roccia come spunto non solo per una meditazione filosofica sulle origini dell'arte filmica, ma anche per porsi delle domande sull'esistenza umana.

Critica (1):L'esperimento di Werner Herzog 'Cave of Forgotten Dreams' è una provocazione, usare la più recente pratica cinematografica per filmare i dipinti più antichi della storia dell'uomo, mescolare l'antichissimo con il modernissimo. Un esperimento coraggioso. I graffiti, risalenti a 30mila anni fa, riemersi nel 1994 tra gli anfratti bui e le stalattiti candide delle Caverne di Chauvet, nel sud della Francia, risaltano sul grande schermo, accolti dalla meraviglia del regista e dalla cura sollecita degli studiosi. Il 3D restituisce tutto lo stupore della scoperta scientifica, gli esperti raccontano l'emozione seguita al ritrovamento, le notti insonni, e i mille quesiti aperti da quei disegni. Nelle loro parole e nei loro percorsi si materializzano scene da alba dell'umanità, con i nostri antenati asserragliati nelle cave, pronti a difendersi dagli attacchi di orsi, mammut, leoni.
Fulvia Caprara, La Stampa, 14/2/2011

Critica (2):Investigando con la telecamera gli spazi interni delle grotte e intervistando archeologi e paleontologi che lavorano sul posto, Herzog propone un immaginifico viaggio nel tempo dell'età della pietra. Un viaggio che via via si trasforma in una riflessione filosofico-esistenziale sul significato della raffigurazione visuale dai graffiti preistorici alle cineprese digitali. Con un epilogo a sorpresa che illumina sulla ciclicità del tempo e spiazzalo spettatore facendogli capire come il documentario non sia tanto sull'uomo preistorico, ma sull'uomo di oggi. Col 3D Herzog anima i cavalli, gli elefanti e i rinoceronti raffigurati sulle pareti delle grotte rendendo per intero agli occhi dello spettatore la plasticità e la forza suggestiva di quelle immagini.
Gherardo Ugolini, L'Unità, 14/2/2011

Critica (3):Più di 30mila anni hanno i disegni tracciati nelle grotte di Chauvet, nel sud della Francia. «Le prime testimonianze dell'arte», spiega Wemer Herzog che le ritrae in Cave of Forgotten Dreams (la caverna dei sogni perduti). Con due piccole camere digitali è entrato in quel santuario della preistoria scoperto nel 1994. «Viste le pitture ho capito che solo il 3D poteva riprenderle. Non l'ho mai usato prima né intendo più farlo, ma qui era necessario».
Tracciati sulla roccia, teste di cavalli, rinoceronti che lottano, leoni, antilopi. E una strana creatura a sei zampe. «Un tentativo di cogliere il movimento, quasi un proto cinema», scherza il regista. Istantanee millenarie di una vita lontanissima e presente, di un tempo immobile, trattenuto tra una selva di stalattiti. Viaggiatore visiona­rio, Herzog ci porta con lui alle radici della storia. Ci invita a far silenzio per ascoltarla.
Giuseppina Manin, Corriere della Sera, 14/2/2011

Critica (4):
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