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Storia di fantasmi cinesi - Chinese ghost story (A)


Regia:Siu Tung Ching

Cast e credits:
Sceneggiatura: Poon Hang Seng; montaggio: Tom Lau; coreografia e arti marziali Ching Siu Tung; musica: Romeo Diaz James Wong; interpreti: Joey Wang (Lip Siu Sin), Leslie Cheung (Ling Choi San), Wu Ma (Yin Chek Hsia), Wai Lam (Hsia-hou),
Siu-Ming Lau (Tree Devil), Zhilun Xue (Ching); distribuzione: Cinema City COL.LTD.; origine: Hong Kong, 1988; durata: 105'.

Trama:Un esattore delle tasse sorpreso dalla notte ripara in un tempio solitario e isolato. A fargli compagnia vengono grandi frotte di fantasmi. Questo dopo che una bellissima ragazza, Lit, lo ha svegliato e fatto innamorare. Lei vorrebbe perdere la sua essenza di spirito e ridiventare corporea. Per aiutarla dovrà uccidere il terribile Lau Lau e in questo sarà aiutato da un volenteroso guerriero.

Critica (1):Luci deboli e soffuse che si tramutano i lampi accecanti. Colori tenui e pastosi che divengono aggressivi e debordanti. L'orrore allo stato puro che si trasforma in un sorta di parodia divertentissima che noi può non portare alla risata liberatoria. Tradizioni secolari affascinanti e misteriose stravolte, frantumate e ricomposte qual per un gioco demenziale di stampo pretta mente occidentale. Tutto ciò è Storia o fantasmi cinesi, una piccola poesia del Terrore quotidiano dalle grandi potenzialità emotive. Grazie ai suddetti cambiamenti repentini del testo filmico che si susseguo no ininterrottamente, il regista cinese Ching Siu Tung tende a spiazzare lo spettatore Non esiste sosta né prevedibilità; sorprendono e palpitano allora le immagini del giovane esattore, antieroe per eccellenza, ingenuo e fifone, della stupenda fanciulla fantasma, dell'essere diabolico che la usa come esca per estirpare la linfa vitale a sfortunati viandanti, del monaco guerriero che ha dedicato la vita a combattere gli spiriti malvagi e della simpatica schiera di zoombi, mercanti e fantasmi notturni fino al finale, privo però dell'happy end completo che ci si aspetterebbe da un'opera certamente non seria. Questo lungometraggio (che ci fa ben sperare per il futuro del cinema cinese e ci fa rammaricare per ciò che non siano ancora riusciti a vedere di questa particolare cinematografia) può essere considerato un raggio di sole in un cielo buio caratterizzato dal predominio di prodotti americani pseudomfantastici, perfetti e travolgenti dal punto di vista tecnico, ma che non riescono a raggiungere, se non in rare occasioni, l'originalità e l'intelligenza sufficiente per tentare di fare in nodo che il genere horror fantastico non si riduca ad un continuo gioco di ripetizioni banali di schemi già sperimentati e di operazioni di pura routine. Ching Siu Tung riesce nell'impresa di coniugare uno spettacolo originale e commerciale al tempo stesso, tendendo al puro divertimento che provocano le sue situazioni shock servendosi di una schiera di attori straordinari che offrono agli spettatori occidentali una piacevolissima sorpresa di recitazione costantemente sopra le righe. Storia di fantasmi cinesi può con facilità essere avvicinato a tutta la filmografia di San Raini, enfant prodige made in USA e cineasta atipico nel panorama horror mondiale; sono molti infatti i punti in comune che emergono tra questi due autori pur così lontani e di così diverse tradizioni. L'orrore, in questo film (come successe soprattutto per La Casa II di Raimi), non proviene da reminiscenze gotiche, tradizioni letterarie o cinematografiche del passato ma dai cartoni animati, dalla cultura orientale, dalla parodia pura e dall'uso sfrenato della mdp che sembra impazzita, segue i guerrieri che combattono volando e che si rincorrono tra le cime degli alberi, tende a passaggi impossibili (come entrare per la bocca nel corpo di un malcapitato) ed a prospettive assurde ma nello stesso tempo affascinanti. La capanna isolata, il bosco che si anima ed i cadaveri che ritornano in vita sono tutti i topoi che dai due registi vengono riproposti in chiave satirica accentuando il senso di inquietudine (soprattutto per il continuo susseguirsi di scene claustrofobiche che Ching Siti Tung ambienta in una Cina arcaica e fantastica) e di divertimento.
Lo spettatore occidentale coglie solo una parte del fitto tessuto narrativo che offre il film, cioè l'humor e la leggenda, ma questo è sufficiente per emozionarlo ed incuriosirlo, grazie anche ad una originale fusione tra tradizione culturale cinese e padronanza assoluta del regista delle nuove tecnologie di effetti speciali.
Marzia Milanesi, Cineforum n. 285 giugno 1989

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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