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Vento di primavera - Rafle (La)


Regia:Bosch Rose

Cast e credits:
Sceneggiatura: Rose Bosch; fotografia: David Ungaro; musiche: Christian Henson; montaggio: Yann Malcor; scenografia: Olivier Raoux; arredamento: Cécile Vatelot; costumi: Pierre-Jean Larroque; effetti: Thomas Duval; interpreti: Jean Reno (Dott. David Sheinbaum), Mélanie Laurent (Annette Monod), Gad Elmaleh (Schmuel Weismann), Raphaëlle Agogué (Sura Weismann), Sylvie Testud (Bella Zygler), Anne Brochet (Dina Traube), Thierry Frémont (Capitano Pierret), Catherine Allégret (Portinaia 'Tati' ), Isabelle Gélinas (Hélène Timonier), Hugo Leverdez (Jo Weismann), Mathieu Di Concerto (Noè Zygler), Romain Di Concerto (Noè Zygler), Oliver Cywie (Simon Zygler), Rebecca Marder (Rachel Weismann); produzione: Légende Films-Gaumont-Légende Des Siècles-Tf1 Films Production-France 3 Cinéma-Smts, Ks2 Cinéma-Alva Films-Eos Entertainment-Eurofilm Bis; distribuzione : Videa-Cde; origine: Francia, 2010; durata : 125’.

Trama:Francia, luglio 1942. L'11enne Joseph vive insieme alla sua famiglia nella Parigi occupata dai Nazisti e, insieme ad altre migliaia di ebrei, ha trovato riparo nel quartiere di Montmartre, dove spera di riuscire a sopravvivere. Tuttavia, una mattina, tutti gli ebrei vengono rastrellati e ammassati al Vélodrome D'Hiver e da lì condotti al campo di concentramento di Beaune-La-Rolande. In quel momento si compiranno i destini di tutti: vittime e carnefici.

Critica (1):Il film di Rose Bosch Vento di primavera arriva nei cinema per celebrare l' annuale Giornata della memoria riservata alla Shoah. E' la sua funzione principale, civile e didascalica, ma la forza delle emozioni che sprigiona si fonda anche su una robusta qualità narrativa. Non un capolavoro (come Arrivederci ragazzi di Malle, per esempio) ma un' opera densa di valore. Nella Francia piegata e occupata dai nazisti e governata dal fantoccio collaborazionista maresciallo Petain, il 16 luglio 1942 vennero rastrellati e deportati 13mila ebrei parigini. Si tratta di una ricostruzione sia pur con molte libertà di fantasia: resta saldo il riferimento a fatti e persone assolutamente veri. La regista vuole dare la misura della convivenza tra buoni e cattivi comportamenti nella popolazione francese. Non fa sconti alle responsabilità gravi ma rende anche l' idea della varietàe della presenza di atteggiamenti umani e giusti. È prova storica del fondamento di questa prospettiva il fatto che a fronte di una richiesta quasi doppia da parte delle autorità tedesche sfuggirono alla retata dei solerti funzionari francesi quasi altrettanti ebrei, trovando rifugio presso cittadini non ebrei. L' aspetto più mostruoso dell' episodio, al centro del film, è l' enorme numero di bambini coinvolti. Dei 13mila deportati solo poche decine sopravvissero, tra loro nessuno degli oltre 4mila bambini. Il film tiene a mostrarci in parallelo alla vita quotidiana di persone normali e indifese, quella dei massimi responsabili: Hitler e Himmler, Pétain e il suo primo ministro Laval. L' effetto, soprattutto nel mettere in scena Hitler, è parodistico e caricaturale. E indebolisce il film. I personaggi sono molti ma spiccano quello di un medico ebreo interpretato da Jean Reno e quello di un' infermiera non ebrea (protestante) interpretato da Melanie Laurent che molti ricorderanno in Bastardi senza gloria di Tarantino. Ma l'impatto emotivo più forte viene dai piccoli protagonisti che la regista ha saputo scegliere con sapienza. Facendo loro vivere la vicenda secondo lo stesso spirito che animava La vita è bella di Benigni. Resta inquietante la questione della macchia che disonora la Francia: non tutti sanno che ospitò campi di concentramento simili a quelli di sterminio dell' Europa orientale. Resta sospeso l' interrogativo sulla possibilità che una minore acquiescenza e una maggiore capacità di unirsi e reagire avrebbe potuto produrre risultati diversi. Simbolico, e non inventato, è l' episodio dell' intervento dei pompieri all' interno del Velodromo d' Inverno – l' impianto sportivo parigino che come servì come luogo di concentrazione degli arrestati prima del loro invio al destino finale – per portarvi acqua e conforto trasgredendo gli ordini di polizia. Un film da guardare con rispetto. Che non si limita a farci versare qualche lacrima per osservanza di un' occasione rituale, ma ci costringe a interrogarci sul male che è stato commesso, che si poteva non commettere, che potrebbe ancora essere commesso e anzi è stato e viene ancora commesso.
Paolo D’Agostini, La Repubblica, 29/1/2011

Critica (2):La giornalista-produttrice Rose Bosch colma oggi con Vento di primavera (La rafie) una lacuna storica che dovrebbe provocare ancora vergogna e in patria ha interessato 3 milioni di spettatori indignati. Documentata e discreta, l'autrice racconta nel film il rastrellamento degli ebrei francesi ad opera dei tedeschi e dei connazionali collaborazionisti del regime di Vichy, a Parigi, all'alba del 16 luglio '42. (...) E pochissimi i superstiti, come si evince dalla storia raccontata come un thriller di guerra con attenzione 'truffautiana' alle psicologie violentate dei piccoli. (...) Risultato, un film di non scontato valore educativo morale, dove i divi entrano nel gruppo e giocano la partita della Storia insieme coi minorenni. Jean Reno è medico senza frontiere e Mèlanie Laurent, che già combattè i nazi con Tarantino in Bastardi senza gloria, si riserva la zona più sentimentale oliando i meccanismi del cinema della memoria, che è quasi come una tautologia.
Maurizio Porro, Corriere della Sera, 28/1/2011

Critica (3):

Critica (4):
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