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Bombón - El perro - Bombón - El perro


Regia:Sorin Carlos

Cast e credits:
Soggetto: Carlos Sorin; sceneggiatura: Santiago Calori, Salvador Roselli, Carlos Sorin; fotografia: Hugo Colace; musiche: Nicolás Sorin; montaggio: Mohamed Rajid; scenografia: Margarita Jusid; costumi: Ruth Fischerman; interpreti: Juan Villegas (Juan "Coco" Villegas), Walter Donado (Walter Donado), Micol Estevez (Gracielita, figlia di Walter ), Claudina Fazzini (Claudina), Mariela Diaz (figlia di Coco), Rosa Valsecchi (Susana), Sabino Morales (Sabino, amico di Coco), Leda Cacho (moglie di Walter), Rolo Andrada (Barreiro), Adrian Giampani (Galvan), Carlos Aguirre (capo di Galvan), Diego Rozas Denis (Gelsi, amico di Walter), Mario Lescano (Tucumano, genero di Coco), Angela Azzi (danzatrice del ventre), Rolando Zadra (Buselli), Leopoldo Lopez (Gomez); produzione: Guacamole Films - Ok Films - Wanda Vision S.A. - Chemo-Romikin S.A.; distribuzione: Mikado; origine: Argentina - Spagna, 2004; durata: 96'.

Trama:Juan Villegas ha lavorato, per quasi tutta la sua vita, in una stazione di servizio, su una strada deserta della Patagonia, ma è stato licenziato. Durante un pomeriggio assolato, il Caso offre a Juan un lavoretto: la riparazione di una vecchia automobile in una fattoria. La proprietaria è un'anziana signora che, invece di pagare Juan in denaro, gli consegna un cane – di nome Bombòn e di razza Dogo Argentino. Da quel momento la sorte di Juan comincia a cambiare...

Critica (1):Ancora la Patagonia per Carlos Sorin, che vi ha ambientato quasi tutto il suo cinema, da La película del rey a Piccole Storie. Una piccola storia anche oggi. Un uomo e un cane. Non un cane qualsiasi, ma un dogo argentino che, pur chiamato con il nome dolce di Bombón, è grande, grosso e dall'aspetto ferocissimo. Però è anche di razza pura e pregiata e quando l'uomo, un mite disoccupato di nome Juan, lo riceve in regalo da una vecchia signora, vedova di un allevatore di cani, prima non sa che farsene poi, vedendogli attorno interesse e ammirazione, segue il consiglio di un docente e lo fa partecipare ad una esibizione, dove vince il primo premio. L'orizzonte misero e grigio di Juan subito si rischiara anche perché il conoscente, presto diventato suo socio, gli garantisce che con quel cane non solo potranno far molti soldi con premi e mostre ma, data la purezza della sua razza, anche facendolo accoppiare a caro prezzo con cagne delle sue stesse qualità. Se non che Bombón, messo alla prova, fa varie volte cilecca poi addirittura scappa. Ma alla fine Juan avrà tutte le soddisfazioni che se ne attendeva... Una cronaca. Lineare, quasi impalpabile, limpida e distesa anche quando vi si accettano increspature. Secondo il suo solito, Sorin si muove con calma e quasi con distacco tra i suoi personaggi. Dosa i loro gesti, i loro dialoghi scarni e spesso improvvisati e ha sempre l'aria di non fingere né di inventare, ma di esporre fatti e situazioni come se si imbattessero per caso di fronte alla sua macchina da presa. In realtà, lavorando di fino su tutti i personaggi, specie su quel protagonista che come sempre ha preso dalla strada dandogli però, ad ogni svolta dell'azione, una fisionomia precisa, con le sue esitazioni, l'aspetto dimesso, un candore e un'umiltà che traspaiono da ogni suo gesto; all'insegna di una rassegnazione alla vita che finisce addirittura per essere la cifra stessa del film; una piccola storia in cui tutto sa di rinunce, anche quando gli eventi vi portano soluzioni e speranze senza mai comunque toccare note alte, in linea con un quotidiano disadorno. Lo rispecchia quel non professionista che, al personaggio, dà il suo nome vero, Juan Villegas, e che ha sempre tutta l'aria di riproporre solo se stesso, con una mimica spontanea e una gestualità contenuta e quieta. E così tutti gli altri attorno, per la maggior parte non professionisti come lui: schietti e veri, senza mai il sospetto di una recita. Quando il cinema riflette la vita.
Gian Luigi Rondi, Il Tempo, 12/6/2006

Critica (2):Fra le molte pellicole da dimenticare, l'estate offre ogni tanto delle buone occasioni. Come Bombon el perro, una delle piccole storie care a Carlos Sorin, regista argentino che fin dal suo esordio con La pelicula del rey ha perseguito l'idea di un cinema minimalista, immerso nella realtà, con personaggi semplici e qualsiasi che assurgono al ruolo di protagonisti. In questo caso Juan Villegas, che per un cambio di proprietà si ritrova licenziato dalla stazione di servizio dove lavorava da vent'anni. A suo modo Juan avrebbe un'alternativa, infatti sa intagliare artistici manici di legno per coltelli: ma sono oggetti difficili da smerciare in un mercato oramai invaso dalla paccottiglia di plastica di produzione orientale. Anche in Patagonia, quella stretta lunga regione che si protende in fondo all'America del Sud fino allo Stretto di Magellano, incombe la globalizzazione.
Impersonato da un non attore che nella vita vera fa il parcheggiatore d'auto, il maturo disoccupato reagisce all'emergenza con un'enigmatica serenità stampata sul volto. Un'espressione che suggerisce la capacità di far fronte ai colpi della sorte da parte di un popolo umile, abituato da secoli a lottare con la povertà e un vento implacabile in una landa desolata ai confini del mondo. E' proprio per merito della sua tranquilla disponibilità che Juan viene in possesso del dogo argentino Lechien, da lui ribattezzato Bombon, cane di razza con aristocratico pedigree che gli trasformerà l'esistenza risolvendo fra l'altro i suoi problemi economici. Se Juan è un individuo dolce e impenetrabile, Bombon è un animale nobile e compassato che incute una certa soggezione: privo di leziose carinerie, il rapporto fra loro si rivela dei più congeniali. E l'immagine dei due che viaggiano in coppia sullo sgangherato furgoncino di Juan, passando attraverso le più svariate situazioni che Sorin sa raccontare in punta di penna con leggiadria e umorismo, è di quelle che si fissano nella mente assumendo quasi un valore di metafora di arcaica saggezza.
Alessandra Levetasi, La Stampa, 16/6/2006

Critica (3):

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Carlos Sorin
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