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Ricky - Una storia d'amore e libertà - Ricky


Regia:Ozon François

Cast e credits:
Soggetto: dal racconto "Moth" di Rose Tremain; sceneggiatura: François Ozon, Emmanuèle Bernheim; fotografia: Jeanne Lapoirie; musiche: Philippe Rombi; montaggio: Muriel Breton; scenografia: Katia Wyszkop; costumi: Pascaline Chavanne; effetti: Pascal Molina, Georges Bouchelaghem-BUF; interpreti: Alexandra Lamy (Katie), Sergi López (Paco), Mélusine Mayance (Lisa), Arthur Peyret (Ricky), André Wilms (Dottore), Maryline Even (Odile), John Arnold (manager del supermarket); Hakim Romatif (negoziante), Jean-Claude Bolle-Reddat (giornalista), Pierre Fabiani (intervistatore), Julien Haurant (bibliotecario), Eric Forterre (macellaio); produzione: Eurowide Film Production-Teodora Film-Rom Foz-Le Pacte; distribuzione: Teodora Film; origine: Francia-Italia, 2009; durata: 90’.

Trama:Divisa tra la figlia Lisa e il lavoro in fabbrica, la vita di Katie cambia all’improvviso quando conosce Paco, un collega con cui inizia una relazione piena di passione. Il frutto del loro amore, Ricky, è un bambino con un dono inaspettato: due piccole ali, che crescono giorno dopo giorno. Dopo lo sconcerto iniziale, Katie prova a nascondere al mondo questo segreto, ma le cose si complicano quando la storia finisce in mano ai media: s’impone allora nei confronti del bambino meraviglioso la scelta tra possesso e amore.

Critica (1):Tra le tante scelte audaci del film ci sono gli improvvisi cambiamenti di registro. Inizia con un taglio da cronaca sociale, descrivendo la periferia e l’ambiente dimesso dove una donna vive sola con la figlia, tra il lavoro e le faccende domestiche. Poi il film vira lentamente verso il fantastico, alla maniera di David Cronenberg, e si apre all’irruzione di un elemento incongruo, osserva la mutazione di un corpo, si evolve da un universo oscuro a un altro pieno di colore, man mano che la famiglia di abitua all’identità soprannaturale del bambino.
Riguardo ai temi ricorrenti nel cinema di Ozon, ritroviamo il rapporto tra madre e figlio (Regarde la mer), la famiglia che si sfalda (Sitcom), il rifiuto di una separazione ineluttabile (Sotto la sabbia), la disanima approfondita della coppia (5x2), la scelta di un destino romanzesco (Angel).
Responsabile della scomparsa di Ricky, il padre si preoccupa del futuro della sua relazione con Katie, la madre del bambino: «Mi odierà per tutta la vita…»; «Non se rimarrete insieme», gli sussurra il dottore. Chiave e morale della storia, tale riflessione finale illumina di una luce nuova un’opera di audacia quasi sovversiva.
Jean-Luc Douin, Le Monde

Critica (2):Impossibile descrivere la bella sorpresa che riserva il decimo lungometraggio di François Ozon senza parlare della sua scelta più coraggiosa e visibile: le ali che fa crescere sul dorso di un bambino di sei mesi.
Ozon non prende in prestito nessun espediente hollywoodiano in materia di super-poteri. I voli del bambino non sono raccontati attraverso sofisticati raccordi di montaggio, ma in campo totale, come in un quadro, o magari una serie tv o uno spot pubblicitario. Con la differenza che Ricky non è il bambolotto kitsch a cui si potrebbe pensare, bensì l’ibrido di un angelo, di un super-eroe e di un’aberrazione umana, sospeso tra Giotto, i fumetti della Marvel e Radiazioni BX: distruzione uomo di Jack Arnold.
Antoine Thirion, Cahiers du Cinéma

Critica (3):Nel momento in cui si infittisce il mistero dei lividi sulla schiena del bambino, Ricky effettua uno spettacolare capovolgimento narrativo. Ozon sembra riproporci il colpo di scena di Psycho, cancellando, con un folgorante colpo di spugna, tutta la storia precedente: quella che ci aveva raccontato, ma, soprattutto, quella noi già avevamo iniziato a scrivere nella nostra testa. È come se le luci si spegnessero di colpo e ci ritrovassimo a tentoni nel buio più totale. Disorientati, perduti, eppure stranamente felici per il fatto di sapere che ormai, in questo film, tutto è possibile. (…)
Nella seconda parte della pellicola, Katie diventa a suo modo un’eroina credibile a tutto tondo. Laddove i personaggi del cinema convenzionale lottano contro la propria condizione consumandosi nello sforzo, Katie al contrario risulta vittoriosa nell’accettazione, nella maniera generosa in cui si apre all’altro, all’avventura nell’ignoto che le è stata offerta.
Se la protagonista di Angel si ritirava nel suo mondo romanzesco e la Rampling in Sotto la sabbia rifiutava l’idea stessa della sparizione del marito, Katie si adatta, aggiusta la sua vita in funzione di quanto di straordinario la trascina con sé. Davanti a eventi eccezionali rimane sempre con i piedi piantati a terra, nell’azione e nella reazione, ma mai nella previsione o nell’anticipazione. Katie accetta la diversità del suo bambino e più avanti gioisce nel vederlo partire con le proprie ali: anche lui ha diritto alla sua parte di ignoto, alla sua parte di avventura.
Adrien Gombeaud, Positif

Critica (4):
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