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Corpo del duce (Il)


Regia:Laurenti Fabrizio

Cast e credits:
Soggetto: dal saggio "Il corpo del Duce" di Sergio Luzzatto; sceneggiatura: Fabrizio Laurenti; montaggio: Angelo Musciagna; suono: Ugo Laurenti, Andrea Malavasi; voci: Gioele Dix, Luis Molteni, Aurora Cancian, Riccardo Mei, Luca Violini; produzione: Cinecitta' Luce Spa; origine: Italia, 2011; durata: 56’.

Trama:Il 29 aprile 1945, partigiani e popolo di Milano si danno appuntamento in piazzale Loreto per celebrare la morte del duce. Appeso per i piedi, il cadavere di Mussolini appare un simbolo della Resistenza vittoriosa. Trafugato dai neofascisti nel 1946, il corpo del duce viene nascosto dalla Dc per undici anni, fino ad arrivare, solo nel 1957 alla tumulazione di Predappio.

Critica (1):Qualcuno ha raccontato il fascismo come un film dell'orrore, ma l'associazione era solo metaforica. Non era mai accaduto che Mussolini ispirasse quasi un horror movie come il dvd che il regista Fabrizio Laurenti presenterà stasera al Film Festival di Torino: cinquanta minuti su Il corpo del duce – questo anche il titolo del documentario – di cui una parte dedicata alla salma in decomposizione di Mussolini. Fotografie scioccanti, rese ancora più forti dall'indugiare della videocamera sulle immagini più orrifiche, e da un montaggio che rivela una sperimentata famigliarità del regista con il genere noir. La cinematografia di Laurenti è infatti costellata di pellicole horror, girate in larga parte in America, mentre l'incontro con il fascismo era già avvenuto con Il segreto di Mussolini, confezionato per Raitre.
Questa volta il produttore, oltre Cinecittà Luce, è Rete Quattro, che manderà in onda il filmato dopo la presentazione torinese. Non senza perplessità, racconta Laurenti, proprio a causa delle immagini più forti. Alcune vengono mostrate per la prima volta, e a vederle si comprende anche la ragione della protratta e ora un po' rimpianta invisibilità: una mummia rattrappita, in posizione quasi fetale, in cui è difficile distinguere corpo arti e cranio. Sono le fotografie del corpo del duce eseguite dalla Questura di Milano, nell'agosto del 1946, dopo il ritrovamento della salma che era stata sequestrata da un gruppo neofascista. Le immagini furono nascoste in un faldone riservatissimo del ministero degli Interni, e per oltre mezzo secolo sono rimaste top secret. Gli autori del docufilm ci costruiscono sopra una sorta di mistery, in linea con l'intonazione complessiva del lavoro. "Mussolini anche da morto rimane un personaggio ingombrante", recita una voce fuori campo, "perché troppi italiani l'hanno adorato da vivo".
La tesi non è nuova. Fu formulata anni fa dallo storico Sergio Luzzatto, autore proprio de Il corpo del duce (...) da cui il film è liberamente tratto. Il duce si identificava fisicamente con il potere e il popolo si identificava fisicamente con il duce. L'ossessione per il corpo fisico di Mussolini da vivo s'è trasformata – dopo la fine del fascismo – in una sorta di fascinazione per il suo corpo da morto, che ha continuato a stimolare le fantasie degli italiani. Da qui le peripezie del suo cadavere dopo Piazzale Loreto, nel film documentate anche grazie a una sovrabbondanza di testimonianze di parte fascista.
Il senso dell'operazione? Il regista sembra suggerire l'attualità di certi meccanismi psicologici che forgiano il consenso popolare nei confronti della figura del leader. Un legame corporeo tra gli italiani e il loro capo, che sopravvive a contesti radicalmente diversi e che secondo Luzzatto ha a che vedere con la religione dominante. Il secondo elemento su cui oggi Laurenti insiste è la ritualità ricorrente nell'epilogo dei tiranni. Le immagini di piazzale Loreto – che indugiano sugli sputi, sui calci, sulle ripetute offese al cadavere – vengono idealmente avvicinate alla recente agonia del dittatore libico squartato dalla folla. Un'analogia però sorretta solo da un approccio impressionistico e non da un'analisi di realtà che rimangono distanti.
Di quei filmati girati a Piazzale Loreto, già resi pubblici, colpisce la fucilazione di Starace, davanti ai corpi penzolanti di Mussolini e Claretta. Il montaggio inedito delle immagini dell'esecuzione con una fotografia di Starace smarrito nella folla – un ritratto scattato quasi per caso prima dell'esecuzione – rende particolarmente drammatico il passaggio. Sicuramente più efficace delle immagini un po' necrofile del duce morto.
Simonetta Fiori, repubblica.it

Critica (2):"50mila persone ogni anno vanno in pellegrinaggio a Predappio sulla tomba del Duce: perché? Siamo partiti da qui, e andati a ritroso. Ora è un corpo morto, all'epoca un corpo vivo, ma è ancora salutato: che cosa c'è sotto?". Così il regista Fabrizio Laurenti presenta Il corpo del duce, un documentario liberamente tratto dal libro omonimo di Sergio Luzzatto (Einaudi, 1998) e prodotto da Cinecittà Luce in associazione con RTI (Mediaset). In cartellone al 29° festival di Torino, prossimamente distribuito in homevideo dal Luce e trasmesso da Rete4 in prima serata, è basato su filmati e fotografie d'archivio reperiti all'Archivio Storico Luce, ITN Source, National Archives di Washington e Archivio Centrale di Stato e si concentra sul destino del corpo di Mussolini, esposto a Piazzale Loreto, tumulato in segreto al Cimitero Maggiore di Milano, trafugato nella notte del 23 aprile 1946 da un gruppo neofascista, recuperato dallo Stato in una cassa di sapone e, infine, traslato a Predappio nella tomba di famiglia. A far da linea guida le parole di Luzzatto: "L'Italia ha uno specifico corporale che ha a che fare con la religione dominante. (...) Il corpo del duce "sfronda questo libro tosto, cercando di rendere l'emozione: sono cose che già si sanno, non ci sono novità, ma o le abbiamo dimenticate o le giovani generazioni le ignorano", dice Laurenti, che già aveva diretto Il segreto di Mussolini, su Benito Albino Mussolini e Ida Dalser poi riproposti in chiave fiction dal Vincere di Bellocchio. E per il corpo del Duce il regista parla di "legge del contrappasso, il regime aveva voluto l'incarnazione del potere, che oggi ritorna con Berlusconi: la fisicità del potere, il carisma riconosciuto da buona parte degli italiani. E quando finisce il regime c'è l'ostacolo di un corpo da rimuovere". E un'altra associazione può essere fatta con Gheddafi, "un corpo carismatico, sensuale, che ha sedotto il suo popolo, e poi è divenuto un ostacolo da eliminare: senza giudizi morali riprenderlo col telefonino è indice di una curiosità simile a quella di Piazzale Loreto. E ricordiamoci come le foto del cadavere di Mussolini circolarono per l'Italia come santini negativi o positivi, perché si rimase intrigati dalla morte di una persona così adorata dal vivo". Ma il documentario è passibile di ambiguità. Tra le altre cose, la voce narrante è di Gioele Dix, parla di "antifascisti incalliti", fa ricorso a una frase di Cesare Pavese per apparentare la morte di fascisti e partigiani e suggerisce esplicite, ardite analogie tra l'originaria Via Crucis e quella del Duce a Piazzale Loreto: "L'analogia è nel libro, il mio non è uno sguardo compiacente", si difende Laurenti, ed esclude categoricamente che il doc sia "celebrativo, elogiativo del Duce. Non è un'apologia del fascismo, ma non ho avuto timore di indagare in un territorio nemico, ostile". E il Mussolini Cristo? "È un documentario su un libro storico: l'unto del signore lo portiamo dentro, è una figura carismatica da cui ogni tanto siamo soggiogati. Ma insieme non è un'analisi storica del fascismo: l'impostazione non è personalistica, per capire il regime, sostiene Luzzatto, bisogna capire la relazione tra gli italiani e il corpo del duce". E allora perché questi dubbi? "Perché penso che il film non ricalca certamente un modo standard di raccontare il fascismo e l'antifascismo: forse fa un passo più avanti, come il libro di Luzzatto, uno storico che usa occhiali nuovi perché le cose sono stagnanti. Dò voce a persone (fascisti, nostalgici, simpatizzanti, etc.) senza diritto di cittadinanza nell'universo filmico. Fascisti o antifascisti, ognuno prende dal film quel che porta: io la penso così". E gli italiani come la pensano? "Abbiamo chiuso con il fascismo senza fare conti precisi, i tedeschi li hanno fatti in maniera più profonda col nazismo: certi meccanismi non metabolizzati rimangono fonte di un bipolarismo estremo, servirà un'altra generazione", conclude Laurenti. Ma l'ultima parola è per Luciano Sovena, l'ad di Cinecittà Luce che a Torino ha portato anche Il sorriso del capo (sempre Mussolini) di Marco Bechis: "Rivendico di aver dato la massima libertà espressione a tutti gli autori con cui ho lavorato. E rivendico la libertà di un festival come Torino che mette in cartellone questi documentari. Viceversa, il festival di Roma ha avuto problemi, avrebbe voluto anteporre alla proiezione de Il corpo del duce una presentazione con Gad Lerner. Torino ha coraggio".
ilsole24ore.com

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