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Aurora - Sunrise


Regia:Murnau Friedrich Wilhelm

Cast e credits:
Soggetto: dal racconto "Die Reise nach Tilsit" di Hermann Sudermann; sceneggiatura: Carl Mayer, F. W. Murnau; fotografia: Charles Rosher, Karl Struss; scenografia: Rochus Gliese, E. Ulmer, A. Metscher; montaggio: Hugo Riesenfeld; interpreti: George O'Brien (Ansass), Janet Gaynor (Indre), Margaret Livingston (la donna di città); produzione: Fox Film Corporation; origine: Usa, 1927; durata: 94'.

Trama:Sedotto da un'affascinante donna venuta dalla città, il giovane contadino Ansass tenta di uccidere la moglie Indre, simulando un incidente, per poter fuggire con l'altra. Tuttavia, durante una gita in barca, l'uomo, pur avendone l'occasione, non trova il coraggio di eliminare la moglie, finendo anzi con il rinsaldare il suo legame matrimoniale. A sera però, mentre ritornano in barca verso la loro fattoria, un temporale fa cadere Indre in acqua. Dopo aver chiesto aiuto, le ricerche portano solo al recupero dei resti dell'imbarcazione: è allora che Ansass decide di ritrovare e uccidere la donna di città, che lo aveva istigato all'omicidio, ma proprio mentre sta per strangolarla, l'uomo apprende che la moglie è stata salvata da un vecchio pescatore. Con il sopraggiungere dell'aurora, sul lago finalmente ritornerà la quiete.

Critica (1):I grandi illusionisti del passato, D. W. Griffith, Cecil B. DeMille, Frank Borzage, King Vidor erano direttori d'orchestra. Orchestravano sinfonie visuali, quello che Vidor chiamava 'musica silenziosa'. Sarebbe svanita con l'invenzione del sonoro, ma l'eredità del muto fu notevole. Il cinema americano si era evoluto in una forma d'arte sofisticata, con elaborati movimenti della cinepresa, piani sequenza, grandangoli, luci espressive, miniature complesse. Alla fine degli anni venti, gli esperimenti più eccitanti avevano luogo negli studi della Fox, dove il maestro tedesco Friedrich Murnau aveva carta bianca sull'onda dei trionfi europei. Aurora fu il più costoso film d'autore realizzato a Hollywood. Più che un racconto, Murnau offre visioni, un paesaggio della mente. La sua ambizione è quella di mostrare i desideri dei personaggi con luci e ombre. Quando la delirante ragazza di città seduce l'agricoltore, fa apparire un caleidoscopio di immagini. La vamp vuole che il giovane marito si lasci tutto alle spalle. La sua terra, la moglie, il bambino, la pace e l'innocenza della vita di campagna. Dopo che lei ha istillato pensieri criminali nella mente del suo amante, Murnau costringe l'attore George O'Brien ad appesantire le scarpe con dieci chili di piombo per conferirgli un aspetto più minaccioso. Murnau definiva Aurora "la storia di due esseri umani". Disse: "La canzone dell'Uomo e di sua Moglie non è in nessun luogo. La puoi sentire dovunque in ogni momento". Essi non hanno un nome, ma tu puoi sentire le stesse idee, le stesse emozioni provate da loro. A Hollywood, Murnau fu definito un regista cerebrale dai suoi pari perché pretendeva che gli attori penetrassero completamente nella mente dei personaggi. "Dico all'attore cosa deve pensare piuttosto che quello che deve fare". La cinepresa, rimarcava, è "la matita del regista. Deve essere il più possibile mobile per poter cogliere ogni fuggevole sentimento. Deve girare, spiare e muoversi da un posto all'altro con la velocità del pensiero". Alla fine del viaggio, la coppia separata di Aurora si riunisce. Timore e senso di colpa svaniscono. Essi diventano invulnerabili. Niente li può più minacciare - neppure la violenza e il caos della città. Come per magia, le percezioni soggettive assumono una realtà oggettiva. Per una visione intima o un monologo interiore si fa ricorso alla sovrimpressione. Quello che Murnau sta proiettando all'esterno è il loro sogno, il loro sogno comune, almeno per un breve momento.
Martin Scorsese, A Personal Journey with Martin Scorsese Through American Movies, 1997

Critica (2):La ragione per cui ho scelto di parlare di questo film, oltre al fatto ovviamente che mi piace molto, è che è stato il primo film a ricevere un premio dall'Academy come miglior fotografia. L'Academy of Motion Picture Arts and Science aveva cominciato nel 1927 a distribuire i suoi premi e proprio in quell'anno Sunrise ne ricevette uno che non sarebbe mai più stato attribuito negli anni successivi, quello per il valore artistico della produzione; Janet Gaynor vinse il primo Oscar come miglior attrice per Sunrise, Seventh Heaven, e Street Angel; Rochus Gliese ottenne una nomination per la scenografia degli interni di Sunrise e a Charles Rosher e Karl Struss andò il premio per la miglior fotografia. (...) Non penso che per Murnau andare a Hollywood sia stata una cosa negativa, come alcuni hanno sostenuto. A Hollywood riuscì a ottenere quel know how tecnico che in Europa non esisteva ancora. Il film è stato realizzato con grande maestria. I movimenti di camera e gli effetti speciali sono incredibilmente riusciti per l'epoca. Inoltre, Hollywood diede a Murnau la possibilità di ricostruire un'intera città. Naturalmente tutta in falsa prospettiva. Con le case sullo sfondo che erano più piccole di quelle in primo piano per creare l'impressione di profondità. Nella sequenza del parco divertimenti, per esempio, questa falsa prospettiva venne ottenuta grazie all'impiego sullo sfondo di nani e bambini vestiti da adulti così che il set sembrasse molto più profondo di quanto non fosse in realtà. Una tecnica che sarebbe diventata poi piuttosto comune a Hollywood. Anche gli interni vennero costruiti usando delle false prospettive. I soffitti, le pareti e i pavimenti presentavano una leggera inclinazione così da sembrare più ampi e più profondi. Secondo Charles Rosher gli obiettivi che si usavano all'epoca erano il 55mm e il 35mm. I grandangoli all'epoca non esistevano ancora. In un certo senso, i realizzatori di Sunrise anticiparono l'avvento dei grandangoli per mezzo delle scenografie. Influenzati, in questo, dai pittori che fin dal Rinascimento avevano usato comunemente le false prospettive. La ragione principale per cui la Fox e gli americani erano rimasti tanto colpiti dal precedente film di Murnau, Der letzte Mann, ragion per cui lo chiamarono a Hollywood, consisteva in quella che loro chiamavano 'tecnica continua di ripresa'. Griffith aveva inventato il montaggio e nel cinema muto gli stacchi in ogni singola scena erano frequenti. Murnau, al contrario, spingeva all'estremo l'idea di una macchina da presa che si muovesse sul set come un personaggio. Ricordate la scena di Sunrise in cui il protagonista, George O'Brien, sente da lontano la donna di città che fischia? È lui la camera mentre questa passa attraverso gli alberi e la vegetazione della palude per arrivare poi al fiume dove si trova la donna di città. Tutta questa scena è stata girata in un'unica ripresa. Ci sono varie altre scene come questa in Sunrise - lunghi dolly - cose piuttosto insolite per l'epoca. Per questo Murnau venne chiamato a Hollywood, per questa particolare tecnica che aveva sviluppato. Questo non vuol dire che i realizzatori di Sunrise disdegnassero altre tecniche adottate da altri registi o direttori della fotografia. Usarono riprese continue, ma anche il montaggio alternato come, per esempio, nella scena della barca, e anche molti primi piani i diversi momenti del film. Ci sono anche molte sovrimpressioni - doppie e triple immagini. Per questo bastava coprire una parte della pellicola. Nella scena iniziale, quella che assomiglia all'immagine di una pubblicità di viaggi, vediamo, simultaneamente, in split screen - la barca e la gente sulla spiaggia. Questo effetto veniva realizzato riavvolgendo la bobina e impressionando poi la parte della pellicola che era stata coperta. Una tecnica, simile al collage, che veniva usata in molti manifesti all'epoca. Murnau apparteneva alla scuola dell'espressionismo tedesco. Le angolazioni di ripresa, l'illuminazione, le scenografie e i costumi dovevano tutti implicare le complessità psicologiche dei personaggi. Inizialmente Murnau non voleva usare didascalie per il film - già in Der letzte Mann ne aveva fatto a meno - ma qui si trovò a fare una concessione alla Fox. E comunque ne usò pochissime, molte meno di quante se ne usassero nel cinema di quel tempo. Murnau voleva che le immagini parlassero da sole, per associazioni visivi d'idee o per contrasto, per sovrimpressione o per simbolismo. Erano le immagini a raccontare la storia, non le didascalie. Come dichiarò in un'intervista, Murnau voleva che "il cinema fosse cinema". Le altre arti - la letteratura, per esempio - non avevano niente a che fare con questo (perciò non amava la didascalie). Voleva che le storie venissero raccontate in termini cinematografici. (...) Ci sono altre tecniche di questo film che ebbero un'influenza sul cinema successivo: lo slow motion, il flashback (nella scena dell'annegamento), il montaggio alternato e la retroproiezione. (Gli sfondi sono sempre importanti nei film di Murnau perché c'è sempre del movimento, come nella scena in cui Janet Gaynor e George O'Brien sono seduti al ristorante mentre della gente dietro di loro sta ballando). In Sunrise ci sono spesso due azioni contemporaneamente. Nella sequenza del sogno quando l'uomo e la donna passeggiano in città, all'improvviso sembrano ritrovarsi in campagna, per tornare poi al traffico cittadino e alla realtà della città. La sequenza venne realizzata così: i due attori camminavano su un rullo mobile, mentre alle loro spalle venivano proiettate le immagini della città che si trasformavano in dissolvenza in quelle della campagna, per tornare poi a quelle iniziali. D'altra parte, quando Gaynor e O'Brien sono sul tram, succede esattamente l'opposto. Quel che vediamo è proprio lo sfondo reale. Questa tecnica venne virtualmente abbandonata fino agli anni della Nouvelle Vague. Bisogna aspettare Godard per trovare di nuovo degli sfondi reali visti da un'automobile in movimento. Per molti anni queste scene vennero realizzate in studio per via della pesantezza della camera e delle difficoltà nella registrazione del sonoro. Cosa che ci porta a un altro argomento: la mobilità della camera in Sunrise. Il cinema muto raggiunse il suo massimo splendore con questo film e con alcuni altri girati tra il 1925 e il 1929, negli ultimi anni prima dell'avvento del sonoro. Il cinema muto era diventato estremamente sofisticato. Era la perfezione in sé, soprattutto dal punto di vista dei movimenti di macchina. La camera era all'epoca molto libera e questo film ne è una delle migliori dimostrazioni. All'arrivo del sonoro fu necessario rinchiudere la macchina da presa in pesanti armature capaci di eliminare il rumore della macchina stessa. Così la camera divenne molto statica e le tecniche si fecero più rigide e più dipendenti dalle limitazioni degli studi cinematografici. Per questo è un piacere vedere quella scena in tram e notare come i raggi del sole si accordino col movimento del tram. Quando questo gira, anche la luce del sole gira con lui. Il senso di realtà di quella scena è stupefacente.
Nestor Almendros, American Cinematographer, aprile 1984 (da una lezione tenuta al Film Department dell'Università dell'Ohio)

Critica (3):È il primo film americano di Murnau, è tratto da un racconto (tardo naturalistico) di Hermann Sudermann, è stato sceneggiato da Carl Mayer (lo sceneggiatore del Gabinetto del dottor Caligari), le scenografie sono di Rochus Gliese, famoso art director tedesco dell'epoca, ha vinto tre Oscar (film d'arte, fotografia, Janet Gaynor miglior attrice): ed entra immancabilmente in tutte le classifiche dei dieci migliori film della storia del cinema. Mélo, commedia e tragedia (sfiorata) tra campagna e città. (...) Con Aurora ci si può dar dentro con le iperboli. Film magico, anzi più che magico: alchemico e avvolgente, sinfonico e sintetico, magistrale nella creazione di uno spazio drammatico e cosmico di ombre e trasparenze, inganni e rivelazioni. Murnau prende dei semplici elementi, prosaici e quotidiani, e li trasfigura in epifanie del sublime (proprio così, roba da non crederci). Autore di alcuni capisaldi del cinema tedesco, Nosferatu, L'ultima risata, Faust, il Murnau americano reinventa l'espressionismo, trasferisce quelle atmosfere in un luogo senza tempo e senza spazio, scrive con la macchina da presa sequenze indimenticabili: l'incontro notturno tra l'Uomo e la Donna di città nella palude nebbiosa, il viaggio in tram tra alberi e automobili, la scoperta della vita turbinosa ed elegante della metropoli (con la coppia stupefatta e felice nel vedersi riflessa in una vetrina...), infine la furibonda tempesta sul lago. Il film ha un sottotitolo: un canto di due esseri umani. Un canto che non smette mai di ammaliarci.
Bruno Fornara

Critica (4):
Friedrich Wilhelm Murnau
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