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Casanova di Federico Fellini (Il)


Regia:Fellini Federico

Cast e credits:
Soggetto: liberamente basato su Storie della mia vita di Giacomo Casanova; sceneggiatura: Federico Fellini. Bernardo Zapponi; fotografia (Technicolor): Giuseppe Rotunno; operatore: Massimo Di Vincenzo; musica: Nino Rota, diretta da Carlo Savina; ideazione scenografica: Federico Fellini; scenografia e costumi: Danilo Donati; montaggio: Ruggero Mastroianni; coreografie: Gino Landi; interpreti: Donald Sutherland (Giacomo Casanova), Tina Aumont (Henriette), Cicely Browne (la marchesa d'Urfé), Carmen Scarpitta e Daniela Gatti (le signore Charpillon), Carla Algranti (Marcolina), Daniela Gatti (Giselda), Maragereth Clementi (Suor Maddalena), Mario Cencelli (l'entomologo), Olimpia Carlisi (Isabella), Silvana Fusacchi ( seconda figlia dell'entomologo), Chesty Morgan (Barberina), Adele Angela Lojodice (la bambola meccanica), Sandra Elaine Allen (la gigantessa). Clarissa Mary Roll (Anna Maria), Alessandra Belloni (la principessa), Marika Rivera (Astrodi), Angelica Ilansen (l'attrice gobba); produttore: Alberto Grimaldi; produzione: P.E.A.; durata: 165'; 1976.

Trama:Vecchio e malandato, Giacomo Casanova, bibliotecario nel castello di Dux in Boemia, rievoca la sua vita densa di amori e di avventure. Prima, da giovane, a Venezia dove, incarcerato per le sue sregolatezze, evade dai Piombi e comincia a vagare per le corti europee conducendo una vita brillante, ricca di amori, di truffe, di onori. Con il passare del tempo però il suo successo si va appannando; molte porte gli si chiudono in faccia, la degradazione fisica e morale va accentuandosi con sempre maggiore celerità. Trova infine rifugio presso un nobile boemo, che però lo esibisce come un ridicolo fantasma del passato. Ma lo spirito di Casanova è irriducibile ed egli lo fa rivivere e perpetuare scrivendo di notte le sue memorie.

Critica (1):Vado a trovare Federico Fellini, al teatro di Cinecittà dove sta girando il suo Casanova. Mi fa incontrare Donald Sutherland. tutto vestito di seta verde scura e nera. con il volto addirittura modificato nel senso della lunghezza e verticalità. elegantissimo e vampiresco; mi mostra una grande tavola imbandita per un banchetto veneziano, con trofei di frutta di plastica e affreschi popolati di gobbi femmine e maschi, quindi mi fa vedere una sequenza con una gigantessa alta due metri e cinquanta: si apparta finalmente con me e facciamo una lunga chiacchierata su Casanova. Secondo Fellini dunque, Casanova è una "mazzancolla". cioè un crostaceo corazzato di scaglie sociali, fuori, e molliccio come un cencio, dentro; è un "mostruoso neonato mai stato bambino nè adulto": è il "vuoto fatto di persona"; è "un archivista della propria vita"; è "un figlio della controriforma che crede di essere un ribelle e non lo è"; è "un insetto degno di essere studiato da Fabre". Sempre secondo Fellini, lui fa il Casanova soltanto perchè ha firmato il contratto prim'ancora di leggere le Memorie e avendole poi lette con noia infinita, si è trovato nella triste necessità di dover fare onore alla propria firma. A questo punto ci domandiamo: la firma del contratto è il solo motivo per cui Fellini affronta il personaggio di Casanova o ce ne sono altri che lui stesso, magari, ignora ? In altri termini, quali sono i motivi per cui Fellini, come un artista del nostro più "tecnico" Rinascimento, ha deciso di risolvere il problema, appunto, tecnico di un personaggio che non ama e, dunque, non c'è'? Noi crediamo che Fellini sia sincero; ma pensiamo che ci sono almeno quattro validi motivi, per lui, di fare il Casanova. Eccoli. In primo luogo, Casanova è un personaggio eminentemente sociale, per giunta appartenuto alla società più numerosa. più articolata, più estesa che ci sia mai stata al mondo. Ora Fellini è il nostro registra che ha maggiore sensibilità per il fatto sociale, come è dimostrato dal film La doce vita e Amarcord nei quali sono rappresentati coralmente due momenti storici del nostro paese, come Satyricon nel quale è tentata la sintesi figurativa di un'intera civiltà, come Roma in cui è affrontato il tema di una grande città e della suo ideologia. Sì, Casanova, come dice Fellini, forse non esiste ma non esiste proprio perchè è un personaggio così rappresentativo: non è un vitellone di provincia, è "il" vitellone di provincia; non è un uomo del Settecento, è "il" Settecento: non è un seduttore, è "il" seduttore ... Il secondo motivo è che Casanova, per Fellini è un mostro, anzi è perfino un mostro tra i mostri, in quanto non soltanto è mostruoso ma si dimostra capace di vivere da mostro, con successo, tutta la sua lung,, vita, come non avviene mai a nessun mostro. Per Fellini, uomo d'ordine curioso dì ogni disordine, Casanova. mostro tra i mostri, è, insomma un'affascinante eccezioni a tutte le regole. E' un mostro di fisicità totale, privo non soltanto di coscienza ma anche di una qualsiasi intimità esistenziale; l, cui mostruosità, peraltro consiste soprattutto nell'essersela cavata lo stesso benissimo Terzo motivo: Casanova, per Fellini, è que rebus che per gli intellettuali italiani è l'italiano tipico o che tale è reputato. L'Italia È la sola nazione al mondo nella quale sia ca. povolta la solita proporzione tra spettatori e attori. Di solito, in tutti i paesi, poche centi naia di intellettuali recitano sul palcoscenico nazionale per un pubblico di milioni d loro concittadini non intellettuali. In Italia invece, poche centinaia di intellettuali assistono alla recita continua e imperterrita di milioni di loro concittadini non intellettuali. Casanova per Fellini, è un tipico esemplare di questo popolo di attori.
Cosa recitano, da sempre. i milioni di Casanova per la platea dei pochi intellettuali? Essi fingono con se stessi, via via. di essere liberali, fascisti, democristiani. di essere religiosi, patriottici, ideologici, di essere sportivi, colti, bellicosi, di essere bambini, giovani, vecchi, e così via. Mentre, in realtà non sono nulla di tutto questo: lo sa soltanto il diavolo quello che sono. E il diavolo, maliziosamente se interrogato, confermerebbe: "Lo vedete cosa sono, sono attori". Fellini è dunque l'intellettuale italiano insieme affascinato e spaventato della perpetua recita dei suoi compatrioti. Quarto motivo: Casanova affascina Fellini perché è sessualmente privo di problemi. Si sa o almeno si sente che Fellini, tra i due grandi sistemi conoscitivi che ci ha regalato l'Ottocento, il marxismo e la psicanalisi, preferisce di gran lunga quest'ultima. Si sa infatti, o meglio si sente che Fellini, individualista e personalistico, ritiene che la psicanalisi, in qualche modo. ha ricuperato l'individuo attraverso la vita interiore.Casanova così vitale nonostante la sua mancanza completa di vita interiore (come dire qualcuno che sia privo dello stomaco e dell'intestino) smentisce la psicanalisi. E non serve dire che, come la lotta di classe comincia ad esistere soltanto quando le classi prendono coscienza di lottare così l' inconscio, comincia ad esistere soltanto quando si prende coscienza della sua esistenza. Non serve dire insomma, che Casanova non ha colpa di essere nato tanto prima di Freud. Egualmente Fellini sente che nella sessualità di Casanova c'è qualche cosa "che non va".
Alberto Moravia, L'Espresso, 7 dicembre 1975

Critica (2):Il personaggio storico di Giacomo Casanova è certamente vittima della cattiva (o buona) fama dell'attitudine di cui è eponimo. La sua vera identità viene infatti confusa dai luoghi comuni di cui si circonda la leggenda. Riprendere e riproporre questo personaggio oggi, in una epoca che per la sua permissività si potrebbe prendere il lusso di capirlo meglio di quanto non sia avvenuto in passato, vorrebbe dire anche compiere un'opera storico-filologica non immeritevole. Ma certamente non si può chiedere a Fellini di avere la tempra del filologo. Il Casanova dì Fellini non può essere visto come opera di ristrutturazione storica del suo protagonista. Il quale invece risulta, nella rievocazione felliniana, personaggio immerso nella dimensione della fantasia e nel magma autobiografico del suo autore. Diciamo allora che Fellini ha usato il personaggio di Casanova come pretesto. Come pretesto alla proiezione e alla interpretazione di una certa versione del maschilismo contemporaneo, nella figura di uno dei personaggi che ne emblematìzzano la genesi. Rappresentare Casanova, cioè, per spiegare se stesso e il proprio rapporto con la realtà. Certo il procedimento è un po' contorto: spiegarsi attraverso l'interpretazione di un brano di storia può essere legittimo sul lettino dello psicoanalista, forse un po' meno in un film che presuppone la testimonianza di centinaia di migliaia di spettatori. Ma poiché è sempre abile nello sfruttare il dominio dell'immaginario per tessere ragnatele dì garantito effetto spettacolare, gli si concede anche il diritto di buttare lì una confessione su Casanova, con un film che, come tanti suoi altri, si svolge in un'atmosfera perennemente onirica. Tanto più che l'intento di Fellini va teoricamente al di là dello strettamente personale. Il successo che ha sempre avuto Fellini è legato anche al fatto che le sue fantasie rappresentano abbastanza bene una parte consistente del bagaglio ideologico della sua generazione. Il suo difetto, la ragione per la quale Fellini non piace a chi non piace, è quello di non selezionare nel coacervo degli stimoli fantastici generazionali e di essersi eletto un po' troppo acriticamente a campione
(in senso statistico) di una generazione che è piena di contraddizioni, come portatrice del trauma di essere maturata a cavallo dell'ultima guerra, a cavallo del passaggio dell'Italia dal fascismo al post-fascismo. Ma tornando al tema, nell'atmosfera onirica del suo ultimo film si muove un Casanova che Fellini vede inquieto e inconsapevole protagonista di episodi che documentano più un'epoca che un personaggio. Casanova passa infatti attraverso le sue avventure, o meglio attraverso quelle che Fellini rievoca, quasi come uno spettatore stupito e non come il protagonista o il memorialista che le vive in prima persona. Questa caratteristica di un Casanova che subisce i fatti e di conseguenza subisce anche la propria leggenda è, oltre che elemento di stupore, il segno originalmente più felliniano del ritratto. E rafforza l'impressione che sotto i panni del Casanova storico Fellini abbia messo un esploratore moderno. In questo personaggio riaffiora quella forma di scetticismo egoistico con cui Fellini guarda alla condizione umana e che è stato la matrice di altri suoi precedenti film. Ma questa caratteristica finisce per conferire al personaggio di Casanova, che assiste con stupita meraviglia al proprio passare nella storia, alle sue avventure un po' incontrollate, e alla creazione della propria fama, un'impronta di marcato narcisismo. Per la verità una dose di narcisismo è stata attribuita da talune indagini psicologiche alla figura di Casanova. Ma in questi studi il narcisismo dell'avventuriero veneziano del '700 è stato presupposto come movente della sua singolare ansia di conquistatore di donne, e per individuare psicologicamente le tendenze "casanoviane" presenti nel comportamento maschile attuale. Nel settecento, infatti, la promiscuità dei sessi non doveva essere un comportamento tanto eccezionale. Casanova ne ha fatto solo argomento di propalazione, forse perché aveva il gusto dell'esibizionismo o perché era un estroverso vanitoso. Perciò
conosciamo le sue avventure galanti meglio e più dettagliatamente di quelle di tanti altri suoi contemporanei. Ed allora il ritratto di Fellini può non coincidere con la realtà storica. Casanova, al contrario di ciò che risulta dalla interpretazione felliniana, doveva essere un avventuriero ben consapevole, avveduto, molto abile e assai esperto conoscitore del proprio tempo per passare nel suo secolo con i risultati che si sanno. Fellini invece ce lo presenta piuttosto stupito e vissuto dalle sue avventure col risultato di aggiungergli alcune frustrazioni tipicamente d'oggi, che servono allo spettatore per riconoscersi e per paragonarsi a lui.
Ci sarebbe da dire qualcosa delle donne del film, ma sono apparizioni talmente episodiche ed evanescenti che non riescono a definirsi in una autentica autonomia di personaggi. Sono accessori dell'ambientazione e della scenografia: sono un complemento dell'idea felliniana di Casanova, e proprio in quanto complemento rafforzano l'interpretazione della figura del protagonista in chiave narcisistica.
Stilisticamente, Il Casanova di Fellini è l'ultimo e più elaborato prodotto della fellinilità, un modo di concepire il cinema come spettacolo fantasioso, dominato dagli slanci istintivi più che dalla razionalità comunicativa; ma l'accettazione o il rifiuto di questo stile è solo una questione di gusto individuale. Personalmente allora, mi sembra che gli sforzi di immaginazione siano qui sproporzionati al risultato. Perché se non mancano momenti in cui l'espressione cinematografica raggiunge punte di notevole fascino lirico, come nella scena del teatro di Dresda, ce ne sono altri dove lo spettatore, incalzato dalla prodigalità immaginativa del regista, riesce a districarsi con fatica nel tumulto delle provocazioni visive, come nella scena iniziale del carnevale di Venezia.
Carlo Felice Venegoni, Cinema sessanta, n. 114-115, 1977

Critica (3):

Critica (4):
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