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Gabinetto del Dr. Caligari (Il) - Cabinet des Dr. Caligari (Das)


Regia:Wiene Robert

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura
: Carl Mayer e Hans Janowitz; fotografia: Willy Hameister; scenografia: Hermann Warm, Walter Reimann, Walter Röhrig; interpreti: Werner Krauss (Dr. Caligari), Conrad Veidt (Cesare), Friedrich Feher (Francis), Lil Dagover (Jane), Hans Heinz von Twardowski (Alan), Rudolf Lettinger (Dr. Olson), Rudolph Klein-Rogge); versione : tedesca da: Cinémathèque Royale Belge, Munchener Filmmuseum, Cineteca del Comune di Bologna; restauro: realizzato con il contributo del Projecto Lumière (nell’ambito del Programma Media); accompagnamento musicale: Fernand Schirren (pianoforte); origine: Germania, 1919; formato: 35mm.; durata: 80’.

Trama:Un losco imbonitore da fiera si identifica con un ipnotizzatore del Settecento e fa compiere delitti a un sonnambulo. Una volta svelato l’assassino lo troviamo ospite di un manicomio per cui ci si chiede se non si tratti solo di una sua allucinazione.

Critica (1):Das Kabinett des Dr. Caligari ha il fascino delle opere irregolari. Porta il peso delle sue origini «sbagliate», del cruciale momento in cui fu concepita (il 1919, la Germania appena uscita dalla sconfitta, la fondazione della Repubblica weimariana), delle indebite responsabilità culturali che le furono attribuite. Il film fu realizzato in modo non conforme alle idee degli autori del testo, fu affidato (dopo un primo tentativo di coinvolgere Fritz Lang) a un regista di scarso prestigio, subì una manipolazione nella struttura narrativa che, a detta di alcuni, ne snaturò il significato.
Comunemente ritenuto, fin dall’inizio (la «prima» ebbe luogo al Marmorhaus di Berlino nel febbraio del 1920), come il manifesto dell’espressionismo cinematografico, indusse più tardi i sociologi a considerarlo un sintomo di quella instabilità psicologica che avrebbe prodotto, negli anni Venti, la resa del popolo tedesco alle seduzioni dell’autoritarismo (il celebre saggio di Siegfried Kracauer si intitola, appunto, From Caligari to Hitler). Un fenomeno così contraddittorio come l’espressionismo finì per proiettare sul Caligari l’ombra delle sue diverse interpretazioni, mentre la chiave di lettura politica aprì una serie di interminabile di discussioni che spesso prescindevano dalla sostanza dell’opera. Il carattere espressionistico nasce non tanto dall’influenza della letteratura e del teatro contemporaneo (da G. Benn a R. J. Sorge, da G. Kaiser a E. Toller) quanto dalla scenografia di fondali dipinti che fu immaginata da tre artisti – Warm, Röhrig e Reimann – operanti nello «Sturm», gruppo le cui origini pubbliche risalivano al primo Salone d’Autunno tedesco del 1913. Grazie allo «Sturm», osservò allora Lothar Schreyer, «la manifestazione artistica dell’espressionismo non fu soltanto un gioco, e sia pure un bel gioco, ma la necessità vitale di una intera generazione, nella quale si fa visibile il ritorno dalla realtà esterna al mondo interno». Rendere visibile l’invisibile, e porlo al centro dell’interesse artistico, costituì il programma dello «Sturm». Il poeta e saggista Herwarth Walden, che del gruppo fu l’animatore, lo sintetizzò polemicamente in Einblick in Kunst: «Gli esperti sanno che cos’è l’arte. Sanno quel che non sanno. Noi, amici miei, lo sappiamo ma non lo diciamo. Perché è una cosa indicibilmente bella».
Quest’ansia di misteriosa bellezza, questa esaltazione della «profondità dell’anima» (che si volevano portare alla luce, annullando la falsa realtà della verosimiglianza) furono trasferite nel film. Si tradussero in un viluppo di linee contro oggetti graficamente deformati, di ombre disegnate, di prospettive alterate, di contrasti fra il bianco e il nero, che creavano un contesto urbano (l’azione si svolge nella città inesistente di Holstenwall) totalmente irreale, simile a quelli schizzati nei quadri di Arnold Topp o di Maria Uhden e, fuori dello «Sturm», in certi dipinti e xilografie (la durezza di questo bianco e nero è analoga al tono fotografico del Caligari) di Kirchner (Schmidt-Rottluf). Senonché gli autori del testo, che furono i veri promotori dell’iniziativa, non pensavano affatto alla brutalità espressionistica ma proponevano l’impiego di un pittore come Alfred Kubin, più morbosamente simbolista e assai più raffinato nella evocazione dell’angoscia. Le loro intenzioni erano esplicitamente allegoriche. Volevano raccontare una mostruosa follia individuale (quella del dottor Caligari che manifesta i suoi impulsi di morte attraverso i misfatti di un succube), nella quale si riflettesse chiaramente l’orrore di un ordine sociale che pervertiva le libertà creative dell’uomo. Non si proponevano di far emergere dall’insania del protagonista la rivolta dell’irrazionale e dell’inconscio né di ricorrere alle virtù consolatorie (e a suo modo rivoluzionarie) del-l’“Urschrei” espressionista, visto come promessa di una sorta di genesi sociale. A loro interessava non l’esplosione (scenografica, figurativa) della follia di Caligari nei suoi fatti clamorosi, ma la rappresentazione ossessiva di un incubo. Non furono ascoltati. Il produttore e il regista disposero diversamente. La storia di Das Kabinett des Dr. Caligari ebbe origine da un ricordo personale del praghese Janowitz e fu elaborata dallo stiriano Carl Mayer, due «irregolari» della cultura finiti a Berlino in cerca di fortuna. (…)
Fernaldo Di Giammatteo, 100 film da salvare, Mondadori, 1978

Critica (2):Pietra miliare del cinema tedesco, leggendario classico del muto, precoce esempio di thriller psicologico, primo successo internazionale della cinematografia tedesca dopo la Prima guerra mondiale, prototipo del cinema espressionista: Das Cabinet des Dr. Caligari è tutte queste cose. Malgrado la sua importanza, per decenni si è continuato a proiettare il film in una forma vecchia e logora. Nonostante i restauri a cura del Filmmuseum di Monaco (1980), del Bundesarchiv-Filmarchiv di Coblenza (1984) e del programma europeo MEDIA ('progetto Lumière', 1995) avessero prodotto importanti miglioramenti estetici, tutti questi lavori si sono scontrati con limiti di natura fisica. Persistevano vari segni di degrado: la tipica patina da 'vecchio film muto' fatta di sporcizia, graffi e righe che infestavano l'immagine come fantasmi; il forte contrasto, che spesso riduceva i volti degli attori a superfici bianche; l'instabilità dell'immagine e i frequenti salti; le didascalie di difficile lettura. Le fonti su cui si basavano i tre restauri fotochimici erano diverse, ma tutte contenevano quei difetti.Oggi, a quasi vent'anni dall'ultimo restauro, la Fondazione Friedrich Wilhelm Murnau di Wiesbaden ha usato per la prima volta il negativo camera custodito dal Bundesarchiv-Filmarchiv di Berlino e ha riunito i materiali migliori conservati negli archivi di tutto il mondo. Il restauro digitale a 4K è stato eseguito dal laboratorio L'Immagine Ritrovata di Bologna. Das Cabinet des Dr. Caligari non è mai stato vittima di tagli imposti dalla censura o dal produttore: per questo motivo non ci si attendeva scoperte sensazionali e scene tagliate. Ciò nondimeno, la nuova versione presenta il film nella sua forma più completa: il conseguimento di questo risultato era una delle sfide cruciali del progetto.
Anke Wilkening (dal sito della Cineteca di Bologna)

Critica (3):Il fatto è che si mira a creare inquietudine e terrore. La varietà delle inquadrature diventa quindi secondaria. In Caligari, l'interpretazione espressionista è riuscita con raro successo a evocare la 'fisionomia latente' di una piccola città medievale dai vicoli tortuosi e oscuri, budelli stretti rinserrati tra case sgretolate le cui facciate sbilenche non lasciano mai entrare la luce del giorno. Porte cuneiformi dalle ombre pesanti e finestre oblique dai vani deformi sembrano rodere i muri. Davanti all'esaltazione bizzarra che emana da questa scenografia sintetica di Caligari, ricordiamoci di una dichiarazione di Edschmid: "l'espressionismo si muove in un'eccitazione perpetua". Queste case o questo pozzo appena schizzato all'angolo di una stradina sembrano infatti vibrare di una straordinaria vita interiore.
Lotte H. Eisner, Lo schermo demoniaco, Editori Riuniti, Roma 1983 (dal sito della Cineteca di Bologna)

Critica (4):
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
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