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Statues meurent aussi (Les) - Statues meurent aussi (Les)


Regia:Marker Chris, Resnais Alain

Cast e credits:
Sceneggiatura
: Alain Resnais e Chris Marker; fotografia: Ghislain Cloquet; musica: Guy Bernard; produzione: Présence Africaine; origine: Francia, 1951-53; durata: 15’.

Trama:Documentario sull'arte nera realizzato per conto di "Présence africaine" che tocca anche il problema del colonialismo, particolarmente spinoso in Francia negli anni Cinquanta. Al documentario fu impedita l'uscita per ben 15 anni.

Critica (1):Les statues meurent aussi, iniziato con Chris Marker nel 1951 su richiesta di «Présence africaine», interrotto in seguito e terminato nel 1953, fu interdetto dalla censura e non potè essere programmato sino al 1963, allorché ne furono proiettate le prime due parti (il film ne comprende tre). Dedicato al processo di repressione e di degradazione dell’arte e dell’artigianato africano ad opera della colonizzazione europea, il film rappresenta certamente un efficace atto di accusa nei confronti del colonialismo (e delle stesse responsabilità della Francia). La denuncia della politica di sterminio culturale delle popolazioni colonizzate costituiva una testimonianza imbarazzante per la Francia, impegnata in una fase delicata dei rapporti con l’Africa. E tuttavia l’intervento censorio del governo francese attesta un’esigenza di rigidità nel tessuto socio-ideologico e di compressione del dissenso, che appartengono a una fase determinata dello sviluppo capitalistico.
L’analisi di Resnais e di Marker rivela la pratica sistematica di annullamento e di distruzione del patrimonio culturale della civiltà africana attuata dalla colonizzazione. È un discorso che si sviluppa partendo dalla produzione artistico-artigianale africana e passando attraverso una accumulazione di materiali, di oggetti, di statue ridotti alla mera presenza oggettuale e privati di un rapporto organico con il tessuto socio-culturale che li aveva prodotti. Questa distruzione dell’ambiente sociale e culturale in cui la produzione artistica negra si era sviluppata, sottrae alle stesse statue il carattere di realtà vivente ed il significato storico. Le statue restano senza vita, senza utilità sociale, senza rapporto con la dinamica dell’esistenza. Sono una realtà deietta che non significa più niente, neanche per il popolo che le ha prodotte. «Colonizzatori del mondo noi vogliamo che tutto ci parli: le bestie, le morti, le statue. E quelle statue sono mute. Hanno la bocca e non parlano. Hanno occhi e non vedono» (Marker).
Ma Les statues meurent aussi, come Guernica, introduce una dimensione essenziale della ricerca di Resnais, una dimensione che non solo filtra e media i materiali tematici ma svolge un ruolo diretto di strutturazione e di riqualificazione: la memoria di Guernica, – che si tratta di far rivivere come dimensione attiva, coscienza morale del rifiuto della violenza, della guerra, del fascismo – diventa in Les statues meurent aussi il vuoto, la mancanza di un tessuto connettivo, si trasforma nel suo contrario, nell’assenza di memoria. E come la memoria di Guernica era la possibilità di negazione del ripetersi dell’esperienza di Guernica, così l’assenza di memoria di Les statues meurent aussi è il segno di una crisi storica, di un’oppressione socio-politica che distrugge il tessuto connettivo ideologico-sociale, la possibilità di identificazione dei prodotti e delle forme di relazione; l’assenza di memoria incrina la civilizzazione, rende difficili o impossibili i processi di comprensione dei segni, aliena gli oggetti dai significati, l’operare dal senso. La memoria è il luogo di sedimentazione e di riqualificazione degli eventi storici e culturali, è lo spazio in cui il passato si raccoglie e si depura per attribuire significato al presente; è il filtro che attiva il valore.
Paolo Bertetto, Alain Resnais, Il Castoro cinema, 1976

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Chris Marker
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