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Rocco e i suoi fratelli


Regia:Visconti Luchino

Cast e credits:
Soggetto: Luchino Visconti, Vasco Pratolini, Suso Cecchi d’Amico; sceneggiatura: Luchino Visconti, Suso Cecchi d’Amico, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, Enrico Medioli; fotografia: Giuseppe Rotunno; montaggio: Mario Serandrei; scenografia: Mario Garbuglia; musiche: Nino Rota; interpreti: Alain Delon (Rocco Parondi), Annie Girardot (Nadia), Renato Salvatori (Simone Parondi), Katina Paxinou (Rosaria Parondi), Roger Hanin (Duilio Morini), Paolo Stoppa (Cerri), Suzy Delair (Luisa), Claudia Cardinale (Cinetta Giannelli), Spiros Focas (Vincenzo Parondi), Max Cartier (Ciro Parondi), Corrado Pani (Ivo), Rocco Vidolazzi (Luca Parondi); produzione: Titanus, Films Marceau; distribuzione: Cineteca di Bologna; origine: Italia, 1960, durata: 177'. VM 14

Trama:Una povera vedova, Rosaria, lascia con quattro figlioli il paese della Lucania in cui è nata, per trasferirsi a Milano, dove è stabilito il figlio maggiore, Vincenzo. Questi non può fare molto per la famiglia, ma riesce ad introdurre i fratelli nel mondo del pugilato. Simone, il più ambizioso, si dedica con fervore alla nuova professione, ma dopo un promettente inizio, finisce per entrare nei peggiori ambienti. Rocco lavora intanto in una lavanderia, Vincenzo ha un impiego provvisorio, Ciro diventa un operaio specializzato, e Luca, il più piccolo, si industria per guadagnare anche lui qualche soldo. Simone ha una relazione con Nadia, una ragazza di strada, che dopo qualche tempo finisce in prigione. Rocco la ritrova nella piccola città di provincia dove presta servizio militare: tra i due germoglia un sincero affetto, e, tornati entrambi a Milano, fanno progetti di matrimonio. Ma anche Simone ama la ragazza, e avendola sorpresa col fratello, le usa violenza e picchia selvaggiamente Rocco. Questi tronca la relazione con Nadia e si dedica tutto al pugilato. I debiti e gli imbrogli di Simone portano la famiglia sull'orlo del fallimento. Rocco, per salvare la famiglia, accetta un contratto propostogli da un impresario. Simone, giunto all'estremo dell'abiezione, uccide Nadia. La famiglia non può più difenderlo. Simone è arrestato, mentre Rocco conquista allori sul ring.

Critica (1):Oggi Rocco e i suoi fratelli è considerato uno dei capolavori del cinema italiano. Eppure durante le riprese e dopo la sua uscita fu osteggiato in tutti i modi dalle forze allora al governo, diventando un caso su cui l’opinione pubblica italiana si confrontò e si spaccò. Sulla soglia degli anni Sessanta, l’Italia viveva la crisi dei governi di centrodestra e la contemporanea crescita del Partito socialista. La trasformazione sociale e di costume che la società stava vivendo spingevano verso una svolta politica che porterà, nel 1962, al primo governo di centrosinistra. È in quella fase cruciale che esplosero conflitti ideologici, reazioni violente, dibattiti tra conservatori e progressisti e il cinema diventò un importante terreno di scontro.
In questo clima politico rovente e di profondi cambiamenti Visconti sente il bisogno di riprendere, come nei suoi primi film, il discorso sulla società, partendo da “La terra trema – che è la mia interpretazione dei Malavoglia – di cui Rocco costituisce quasi il secondo episodio”.
Partendo dall’opera di Giovanni Testori, Visconti la filtra con molte, diverse suggestioni; si ispira a Giuseppe e i suoi fratelli di Thomas Mann (su cui è modellato il titolo stesso del film), e usa i caratteri dei personaggi dell’Idiota di Dostoevskij, ma anche molti elementi tratti dalla letteratura meridionalistica; oltre a Verga, Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, Contadini del Sud del poeta e scrittore lucano Rocco Scotellaro, che il regista omaggerà, dando il suo nome al protagonista. La congerie delle numerose e talvolta contraddittorie fonti letterarie trova il suo punto di fusione nel melodramma, nella predilezione di Visconti per i contrasti assoluti.
Salutato alla sua uscita come il ritorno di Visconti al neorealismo, in effetti non lo fu affatto: Rocco e i suoi fratelli è una tragedia in cinque atti, ognuno dei quali prende il nome da uno dei figli (Vincenzo, Simone, Rocco, Ciro, Luca), è l’esplorazione dei destini individuali dei cinque fratelli Parondi, dove ognuno sceglierà il proprio destino.
Protagonisti prediletti sono, ancora una volta, i vinti, ma qui vinte non sono solo le persone, è una civiltà che sta per essere annientata. Il tema della famiglia che si autodistrugge per una lotta fratricida, che sarà ampliato in La caduta degli dei e in parte era presente in La terra trema, è uno dei centri del film e Visconti si occupò prevalentemente del contrasto drammatico fra Rocco e Simone e dell’uccisione di Nadia, svelando tutto il suo talento nelle scene madri, nelle opposizioni violente, nei dialoghi serrati, in particolare quelli tra i tre protagonisti, personaggi complementari, presenze tragiche che esprimono costantemente la difficoltà di vivere al nord, in una società disumana.
Il film racconta anche, per la prima volta, della lotta tra i milanesi e i meridionali. L’Italia, osserva Visconti, è un paese diviso, i meridionali che vengono al nord non sono fratelli, ma stranieri. Come scriverà presentandolo, il film segue le sorti “d’una umanità e d’una civiltà che, mentre non hanno avuto che briciole del grande festino del cosiddetto miracolo economico italiano, attendono ancora di uscire dal chiuso di un isolamento morale e spirituale che è tuttora fondato sul pregiudizio tipicamente italiano che tiene il Mezzogiorno in condizioni di inferiorità rispetto al resto della nazione”.
La Milano che ci racconta il milanese Visconti, osservandola con gli occhi degli emigrati, è una città espressionista, inospitale, brumosa, dove le case popolari, le palestre, i parchi sono fondali teatrali, privi di umanità. Milano la città del nord, la città più progredita del paese, è la sede di conflitti sociali insanabili e soprattutto una città stregata, che cambia, in peggio, le persone.
Il campo lunghissimo finale di Luca che si allontana dai cancelli dell’Alfa Romeo e dai discorsi progressisti del fratello integrato Ciro, non sembra lasciare dubbi su cosa pensi veramente Visconti: incapsulato in un progresso privo di storia, come i grandi dipinti del rinascimento, che vediamo intrappolati nel quadrato della televisione, l’Italia e quello che resta della famiglia Parondi vanno verso un futuro privo di radici e bellezza.
Gian Luca Farinelli - Cineteca di Bologna, Il Cinema Ritrovato

Critica (2):Visconti con questo film sembra aver voluto illustrare il dramma dell’emigrazione interna italiana. In che cosa consiste questo dramma? Brevemente, è lo stesso dramma degli emigrati italiani a New York o a Buenos Aires. L'ambiente socioculturale, assai fragile e decrepito, dei paesi d’origine non resiste al trapianto e va in polvere, e l'emigrante si trova nudo e indifeso in un mondo del tutto straniero. Di solito gli emigranti reagiscono in due modi alle difficoltà dell'adattamento: sia, se sono vecchi, regredendo agli usi e costumi del paese originario e allora abbiamo la sottocultura di Little Italy; sia, se sono giovani, cercando d'inserirsi nella cultura del paese d'adozione e allora abbiamo l'ibridismo penoso della seconda generazione.
Ma è poi veramente questo l'argomento del film di Visconti? Secondo noi, invece, il dramma dell'emigrazione è rimasto nell'ombra. Per esempio, la sconfitta e il disfacimento morale di Simone appaiono nel film come un fatto piuttosto individuale che sociale, ossia Simone è debole perché è debole e non perché è emigrato. Né Visconti ha illustrato le difficoltà che possono incontrare quattro meridionali nella ricerca di un lavoro a Milano. I quattro fratelli Parondi trovano da lavorare in maniera perfino troppo liscia e facile. Il silenzio sulle difficoltà d'adattamento rende superfluo l'impianto veristico dei personaggi, specie di Simone. Infatti, il personaggio veristico è credibile e accettabile soltanto se le sue determinazioni sociali sono fortemente sottolineate.
L'argomento vero del film sono invece i rapporti affettivi d'una famiglia meridionale e comunque italiana. Visconti, questi rapporti li sente profondamente, con quasi dolorosa intensità; la rivalità di mestiere e d'amore dei due fratelli è così il perno di tutta la vicenda in quanto consente al regista di mostrare, controluce, tutta la complessità e la delicatezza del sentimento che lega Rocco a Simone e agli altri fratelli. Guardando al film da quest'angolo visuale appare spiegata e giustificata anche l'eccessiva lunghezza della scena in cui Simone picchia Rocco: lo picchia con tanto accanimento perché l'ama. Altresì Visconti ha avuto la mano felice in tutte le sequenze d'insieme della famiglia Parondi, sia pure con qualche concessione al verismo di genere. Invece meno ci persuadono gli amori di Nadia; in realtà i due fratelli s'amano troppo per amare anche una donna.
Visconti ha girato il film con maestria, Rocco e i suoi fratelli è senza dubbio il suo miglior film dopo La terra trema. Forte, diretto e brutale benché, a momenti, un poco freddo, il film rispecchia fedelmente nelle sue compiacenze di crudeltà e nella sua minuzia descrittiva le due componenti del singolare talento del regista: quella decadentistica e quella sociale. Tra gli interpreti i due migliori sono senza dubbio Renato Salvatori, un Simone di grande efficacia anche se un poco risaputo, e Alain Delon, un Rocco originale e delicato. Spiros Focas e Max Cartier sono bravi quanto basta in due personaggi appena abbozzati. Annie Girardot è una Nadia molto espressiva, Katina Paxinou una madre di forte rilievo. Tra gli altri interpreti bisogna ricordare soprattutto Paolo Stoppa, Claudia Cardinale, Corrado Pani, Adriana Asti, Claudia Mori.
Alberto Moravia, L'Espresso, 23/10/1960

Critica (3):

Critica (4):
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