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Unknown Known: The Life and Times of Donald Rumsfeld (The)


Regia:Morris Errol

Cast e credits:
Fotografia: Robert Chappell; musiche: Danny Elfman; interpreti: Donald Rumsfeld, Errol Morris, Kenn Medeiros (Donald Rumsfeld giovane); produzione: Errol Morris e Robert Fernandez per History Films-Moxie Pictures-Participant Media-The Weinstein Company; distribuzione: I Wonder Pictures; origine: Usa, 2013; durata: 105’.

Trama:Intenso e sorprendente cine-ritratto di Donald Rumsfeld, ex segretario della Difesa degli Stati Uniti. Attraverso la sintesi di una lunga serie di interviste filmate e materiale attinto dal suo archivio privato, viene raccontata la carriera e lo straordinario ruolo che Rumsfeld ha avuto nella Storia americana, dall'epoca del Watergate fino alla guerra in Iraq e alla lotta al terrorismo.

Critica (1):Roth lo chiama “il terrore dell’imprevisto”, il senso che non calcoli, lo sviluppo che non prevedi, “quello che – scrive in Il complotto contro l’America – la scienza della storia nasconde, trasformando un disastro in un’epopea”. Errol Morris lo dice a suo modo in uno dei rari momenti di The Unknown Known in cui interrompe il suo protagonista Donald Rumsfeld, l’ex Segretario della Difesa americana ai tempi dell’invasione dell’Iraq: se la Storia fosse un tragedia di Shakespeare, con grandi personalità che si scontrano e lotte di destini, tutto sarebbe più facile, ci sarebbero colpe da attribuire, catene di eventi da ricomporre, anello dopo anello.
E invece ci sono solo fatti. Fatti isolati, frammenti di presente da ricollocare nel passato a cui appartengono, memorandum che creano un archivio gigantesco ma confuso come una sfera di vetro piena di fiocchi di neve. Tutto ruota, tutto cade, niente produce senso. Lo fa capire il legnosissimo Rumsfeld, che individuare colpe è impossibile: colpe per l’11 settembre, per una guerra fondata su prove inesistenti, per torture mai autorizzate eppure commesse. E forse ha ragione lui: lo stesso Morris sembra accorgersene, dal momento che non gli fa le domande che andrebbero fatte, non lo distrugge come meriterebbe, non mette alle strette la maschera di sarcasmo che l’ex collaboratore di Nixon, l’ex consigliere di Ford, l’avversario di Bush padre, il volto western alla caccia di pistole fumanti, utilizza per raccontare la sua versione dei fatti.
Ma come tutti gli uomini di potere addormentati dalla falsa coscienza, così intento, da sempre, a blindare pensiero e convinzioni dietro risposte da vaccaro in conferenza stampa, sorrisi stupidi o arroganti, Rumsfeld si dimentica di controllare il silenzio; abituato a fuggire le domande scomode, quando Morris sceglie di restare su di lui, e per una volta interrompe l’incalzante didattica spettacolare del suo documentario, Rumsfeld non sa che fare, si arrende inconsapevole al potere dello sguardo, sorride ebete e si distrugge da sé, dimenticando che, sì, la Storia non ha colpe perché troppi i fatti e troppe le cause, ma anche che esiste un ordine deciso dagli uomini, che esiste un potere affidato dagli elettori ad alcune persone, e che tra quelle persone c’era lui, non un altro, e che le foto che lo ritraggono con Nixon, Ford, Kissinger, Cheney, Reagan, Bush figlio durante alcuni momenti cruciali – la fuga da Saigon del ’75, l’attacco al Pentagono, la cattura di Saddam, le torture di Abu Ghraib – recitano una sola parola che Rumsfeld non usa mai: responsabilità.
E proprio di questo parla The Unknown Known, della responsabilità del potere, un valore che Rumsfeld affoga nel rifugio vigliacco – per quanto reale – della Storia come palla di vetro, ignorando però di essere già stato sconfitto e smentito, se non dai fatti o dalle prove, dal suo evidente terrore dell’imprevisto.
Roberto Manassero, cineforum.it, 4/9/2013

Critica (2):Alcuni anni fa Errol Morris diresse The fog of war, un documentario su Robert McNamara, segretario della difesa nelle amministrazioni Kennedy e Johnson. Oggi dedica The Unknown Known a un altro politico americano protagonista di scelte controverse (l’Afghanistan, l’Iraq, ecc.): Donald Rumsfeld, segretario alla difesa sotto Ford e Bush jr. La differenza tra i due personaggi, Morris la riassume con un caustico commento di sua moglie, secondo cui «McNamara è l’Olandese volante, l’uomo che viaggia nel mondo alla ricerca della redenzione e non la trova, mentre Rumsfeld è il gatto del Cheshire di Alice nel paese delle meraviglie che alla fine scompare lasciando di sé solo un ghigno».
In tutto il suo cinema Morris ha detto di aver ritratto «personaggi che non sono completamente consapevoli di se stessi, dei personaggi clueless». Per questo motivo, Donald Rumsfeld, che «spesso dice cose contraddittorie o confuse», gli sembra il protagonista perfetto per il suo cinema. «Chi è veramente Rumsfeld»? L’obiettivo di The Unknown Known non era estorcere a Rumsfeld «una confessione delle sue malefatte e delle scuse verso di me e verso il mondo»: «questo non succederà mai e non era questo l’obiettivo. Non sono un prete cattolico, non raccolgo confessioni, raccolgo resoconti, testimonianze, ricordi. L’obiettivo era capire chi può essere quest’uomo, guardare dentro la sua testa». All’obiezione di qualcuno secondo cui non sarebbe stato sufficientemente incalzante, Morris risponde che «il film è in realtà un ritratto devastante. Non l’ho contraddetto? Sì, l’ho fatto, ma comunque l’obiettivo non era contraddirlo: preferivo che a contraddirsi fosse lui stesso».
Morris non vede «il documentario politico come una lotta tra un intervistatore che pone domande penetranti, cattive e un intervistato che sbava per difendersi», ma piuttosto come «il tentativo di catturare, ritrarre una persona, cogliere la profondità (o la mancanza di profondità) di un individuo». E la caratteristica principale di Rumsfeld sta nel fatto che egli «utilizza costantemente princìpi filosofici che non spiegano e ha una vera ossessione per le parole e per la loro manipolazione: cerca di manipolare gli altri attraverso le parole, ma finisce per manipolare se stesso, si perde nel suo mare di definizioni».
Rumsfeld, secondo Morris, sembrerebbe uguale a tanti uomini politici, che cercano il potere e che, per questo obiettivo, sono disposti a dire il falso. Ma in lui «c’è anche qualcosa di diverso: l’uso della filosofia e l’ossessione per le parole, il modo in cui manipola non solo gli altri, ma se stesso». Se i politici cambiano spesso le loro opinioni, la peculiarità di Rumsfeld è che «può farlo un secondo dopo, senza accorgersene. Sta recitando? Questo rimane uno dei misteri di quest’uomo».
Rinaldo Vignati, cineforum.it, 4/9/2013

Critica (3):

Critica (4):
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