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Bisbetica domata (La)


Regia:Zeffirelli Franco

Cast e credits:
Soggetto: dalla commedia omonima di William Shakespeare; sceneggiatura: Franco Zeffirelli, Paul Dehon, Suso Cecchi D'Amico; fotografia: Luciano Trasatti, Oswald Morris; scenografia, costumi: Renzo Mongiardino, Danilo Donati; musica: Nino Rota; interpreti: Richard Burton (Petruccio), Elizabeth Taylor (Caterina), Ciryl Cusack (Grumio), Michael York (Lucenzio), Natascha Pyne (Bianca), Michael Hordern (Battista), Giancarlo Cobelli (il prete), Alberto Bonucci (Nataniele), Lino Capolicchio (Gregorio); produzione: Elizabeth Taylor, Richard Burton; distribuzione: Cineteca Nazionale; origine: Italia, 1967; durata: 126'.

Trama:Verso la fine del 1500, Lucenzio, giovane studente pisano, giunge a Padova per completare gli studi. Innamoratosi di Bianca, figlia prediletta del ricco Battista, vede naufragare i suoi propositi matrimoniali per l'opposizione del padre della ragazza: Bianca non potrà convolare a nozze prima della sorella maggiore Caterina, la quale, per il suo carattere insopportabile, è evitata da tutti i giovani patavini. Giunge frattanto in città un gentiluomo di nome Petruccio, il quale, allettato dalla cospicua dote assegnata da Battista a Caterina, si dichiara disposto a sposare la ragazza. A matrimonio avvenuto, Petruccio, considerata l'inutilità del tentativo di addolcire il carattere della consorte con le buone maniere, comincia a sperimentare il metodo opposto, sottoponendo la donna ad ogni sorta di umiliazioni. Caterina cerca di persistere fin che può nel suo atteggiamento ribelle, finché, alla vigilia delle nozze di Bianca e Lucenzio, è costretta alla resa. La bisbetica, finalmente domata, cede all'amore che, senza confessarlo, aveva sempre nutrito per Petruccio e si assoggetta ad una vita tranquilla al fianco dell'innamorato marito.

Critica (1):Eccitato dalle polemiche e protetto da allori teatrali, Franco Zeffirelli torna al cinema dopo una lunga assenza: l'ultimo suo film di cui serbino memoria gli annali è Camping, un «comico sentimentale» del 1958. A dire quanto sia cresciuto di statura basti questo: che punti di forza di Camping erano Marisa Allasio e Nino Manfredi, e interpreti della Bisbetica domata sono ora Liz Taylor e Richard Burton. Una carriera coi fiocchi, e tutto sommato non usurpata. Perché il film, sebbene non abbia il respiro delle pellicole scespiriane di Laurence Olivier e il taglio robusto di quelle di Orson Welles, rinfresca con piglio vivace un soggetto che non è certamente un capolavoro, ma tuttora dispone lo spirito al buon umore e all'allegria, come il Bardo voleva: e per soprammercato d'attualità strizza l'occhio ai dibattiti sulla parificazione dei sessi. Sapete di cosa si tratta: un ricco gentiluomo padovano ha due figlie, Caterina e Bianca, l'una dispettosissima, acida e attaccabrighe, fuggita dagli uomini, l'altra mite e soave, fiore d'ogni modestia, attorniata da spasimanti. Prima che Bianca vada sposa, il padre vuol dar marito alla maggiore, sempreché si riesca a trovare qualcuno così temerario da sopportarne il carattere orrendo. Arrivato a Padova Petrucchio a caccia di moglie ricca, i pretendenti di Bianca si affrettano a segnalargli la dote di Caterina; e il forestiero, all'idea di quel metallo, subito prende di petto la strega. Che si rivela una gatta selvatica in cerca d'amore: prima soffia e graffia, poi, tenuta a stecchetto di buoni bocconi, di agi e panni eleganti, docilmente si sottomette, vinta dal maschio. Così persuasa da predicare a tutte le donne, anche a Bianca che alfine sposata si avvia alla disubbidienza, l'obbligo di accettare senza discutere l'autorità maritale. Commedia di caratteri e di intreccio, in cui Shakespeare dettò uno dei tanti esempi di montaggio parallelo portando avanti insieme le bizze di Caterina e i trucchi studiati dai cascamorti di Bianca, La bisbetica domata è stata sterzata dagli sceneggiatori (Paul Dehn, Suso Cecchi D'Amico e lo stesso Zeffirelli) verso la commedia d'ambiente, in cui le tresche per Bianca, anzichè fare da contrappunto alle zuffe fra la bisbetica e il suo castigamatti, sono poco più d'una pennellata di colore in un tumultuoso affresco d'epoca dominato da Caterina e Petrucchio, ovverosia Liz Taylor e Richard Burton, spinti a un duello che si placherà solo a letto. L'intervento è forse criticamente discutibile, ma non contiene gli estremi di lesa maestà scespiriana se serve, come serve, a lasciare in penombra certi triti elementi derivati dalla zona più battuta della tradizione teatrale rinascimentale (i travestiti, i vecchi citrulli, i servi furfanti), e a portare in primo piano, in tutto il fulgore di un incorruttibile sarcasmo, le due molle che muovono la storia: il sesso e il denaro. La cosa è stata resa più facile dal fatto che le linee psicologiche dei protagonisti sono, nel giovane Shakespeare, scarsamente approfondite. Zeffirelli ha dunque potuto divertirsi a dipingere Petrucchio come un avido, ma furbo e gradasso omaccione che cerca una dote con cui rinnovarsi il guardaroba, restaurare la stamberga e mantenere famigli da corte dei miracoli, e Caterina come una zitella pienotta che sfoga nell'ira e nella ginnastica furiosa i desideri repressi e i primi sospetti di cellulite, tanto da presto quietarsi appena avvista il bastone virile (giustamente la bisbetica fu imparentata a Lady Chatterley: tanto più sa di parrocchio quell'occhiata materna che per motivare, ad uso delle famiglie, la nuova indole di Caterina, Zeffirelli fa cadere sui bambini all'ultimo banchetto). Nonostante il rilievo dato a questi ritratti in
contrasto con gli altri (chiusi nella caricatura o scialbati), e nonostante gli sforzi della musica di Rota per dare un chiaroscuro sentimentale ai protagonisti, l'impegno di Zeffirelli risalta di più nella pittura dello sfondo. Uomo di teatro, che per aggiornarsi sui progressi del cinema non guarda a Tom Jones e a Godard ma tiene ancora d'occhio Visconti (benché per una diretta verifica sul tema bisognerebbe confrontare questa Bisbetica con gli adattamenti che ne fecero Sam Taylor nel '29 e Poggioli nel '42), Zeffirelli si è speso e sfrenato nell'ambientazione scenografica, nel lusso dei costumi e nel fasto del colore. Convinto di recuperare toni realistici con la recitazione della Taylor e di Burton, egli ha ricostruito in teatro di posa, senza preoccuparsi se i fondali tradivano la cartapesta, una Padova di furbi di tangheri e gaudenti, percorsa da maschere esagitate e grottesche. Che il chiasso dell'affresco, quella folla di comparse in abiti bizzarri, il ritmo concitato che s'arresta soltanto nei primissimi piani dei mattatori, e quell'eccesso di colore, e quel composito gusto figurativo dove Bosch si mischia ai veneti e a Goya, giovino sempre alla grazia dell'aneddoto non diremmo, ma certi squarci della baruffa nel granaio, certi brani del matrimonio celebrato da Cobelli, delle sequenze nella casa di campagna e della festa di chiusura, ricavano un segno festoso dal concertato farsesco.
Grazzini, Eva dopo Eva, Bari, Laterza, 1980

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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