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Donna che canta (La) – Incendies - Incendies


Regia:Villeneuve Denis

Cast e credits:
Soggetto: dall’opera teatrale di Wajdi Mouawad; sceneggiatura: Denis Villeneuve; fotografia: André Turpin; musiche: Grégoire Hetzel; montaggio: Monique Dartonne; scenografia: André-Line Beauparlant; costumi: Sophie Lefebvre; interpreti: Lubna Azabal (Nawal Marwan), Mélissa Désormeaux-Poulin (Jeanne Marwan), Maxim Gaudette (Simon Marwan), Rémy Girard (Jean Lebel); produzione: Micro_Scope-Ts Productions; distribuzione: Lucky Red; origine: Canada-Francia, 2010; durata: 130’.

Trama:Quando il notaio Lebel legge a Jeanne e Simon Marwan il testamento della loro madre Nawal , i gemelli restano scioccati nel vedersi porgere due buste, una destinata ad un padre che credevano morto e l'altra ad un fratello di cui ignoravano l’esistenza. Jeanne decide di partire subito per il Medio Oriente per riesumare il passato di questa famiglia di cui non sa quasi nulla. Simon, per quanto lo riguarda, non ha bisogno dei capricci postumi di quella madre che è sempre stata lontana e avara di affetto, ma il suo amore per la sorella lo spingerà presto a unirsi a Jeanne per setacciare insieme la terra dei loro antenati sulle tracce di una Nawal ben lontana dalla madre che conoscevano. Spalleggiati dal notaio Lebel, i gemelli risalgono il filo della storia di colei che ha dato loro la vita, scoprendo un destino tragico marchiato a fuoco dalla guerra e dall'odio e il coraggio di una donna eccezionale. Adattamento dell’opera di successo di Wajdi Mouawad, Incendies (Incendi) è una travolgente ricerca iniziatica che coniuga l'orrore della guerra al singolare, rivelando con forza una poesia d’eredità indelebile del ciclo della violenza e la potenza inaudita della resilienza.

Critica (1):Non perde tempo, Denis Villeneuve, nel raccontare la discesa dei suoi personaggi verso la conoscenza delle loro radici. Prima scena, tutti in campo, due gemelli, due testamenti, una sola madre dalla vita doppia, perché in fondo ogni vita ha il suo lato oscuro, sconosciuto anche da chi ne è padrone. Incendies getta subito lo spettatore nel meccanismo accattivante di una trama d'altri tempi, un feuilleton lungo due ore e dieci, tratto da una pièce di Wajdi Mouawad, ambientato tra il Canada, il Libano di oggi e quello della guerra civile e raccontato come un viaggio a ritroso nel tempo e nello spazio, un percorso a spirale verso il centro oscuro da cui ha origine la vita. La domanda è basilare, dunque fondamentale: da dove vengono i due gemelli protagonisti, che alla morte della madre, attraverso uno grande gesto d'amore, scoprono di avere un fratello mai conosciuto e un padre ancora vivo e ricevono in dono il compito di rintracciarli? Come calamite attratte da una forza sconosciuta, fratello e sorella, doppi squilibrati e perciò archetipici, opposti nell'aspetto e nel carattere, costretti a passarsi il testimone di una staffetta che come meta finale ha l'incontro con la verità, scivolano senza volerlo nell'orrore del Novecento, secolo di violenze etniche e olocausti culturali. La scoperta finale-oltre a suscitare un autentico ululato di shock nel pubblico - segna il congiungimento delle forze che spingono Incendies verso il proprio compimento: l'approdo a un punto di non ritorno in cui il male della Storia violenta la dimensione individuale macchiandola con il sangue dell'irreparabilità. Ma Villeneuve, direbbe Roth, trasforma il quotidiano in epopea, accetta il lato oscuro dell'umanità come forza generatrice di vita e celebra, oltre la fine del viaggio, l'amore che può ogni cosa. Scontato, certo, ma emozionante di un'emozione che pensavamo di non ritrovare più al cinema.
Roberto Manassero, Cineforum n. 498, 10/2010

Critica (2):Indefinibile il cotesto (genericamente mediorientale) per volontà dell'autore che non vuole parlare di una guerra, ma della guerra. La visione ci costringe a passare – con una forza straordinaria da risultare spesso insostenibile – per l'inferno dell'odio che in modo lapidario in una frase che la stessa Nawal pronuncia durante ai suoi patimenti: 'Voglio insegnare al mio nemico quello che ho imparato dalla vita'.
Roberta Ronconi, Liberazione, 9/9/2010

Critica (3):Ho ambientato le riprese nel nord della Giordania. La parte più difficile è stato rendere credibile la rappresentazione della famiglia araba. Penso di esserci riuscito grazie al contributo appassionato dei tanti iracheni, palestinesi, libanesi che hanno lavorato con me. Li ho ascoltati molto. (...)
Finchè la violenza si perpetua e gli estremisti hanno la parola, la pace non sarà possibile. Ma di questo problema dobbiamo immischiarci tutti. Non possiamo dire che la cosa non ci riguarda, che è un affare tra israeliani e palestinesi. Il Medio Oriente ha bisogno di noi. Di tutti.
(da un’intervista al regista di Gloria Satta, Il Messaggero, 14/1/2011)

Critica (4):
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