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Piombo Fuso


Regia:Savona Stefano

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Stefano Savona; fotografia: Stefano Savona; musica: Massimo Zamboni; montaggio: Marzia Mete; produzione: Roberto Ruini, Fausto Rizzi per Pulsemedia; origine: Italia, 2009; durata: 82’.

Trama:Durante gli ultimi drammatici giorni dell'Operazione 'Piombo Fuso', una piccola falla si apre nell'invalicabile dispositivo del confine tra la striscia di Gaza e l'Egitto permettendo a pochissimi testimoni stranieri di penetrare e documentare il risultato dei bombardamenti aerei e dell'invasione via terra dell'esercito israeliano.

Critica (1):Note di regia: "Già quasi a Gaza per 'filmare la guerra' ripensavo alle immagini che la televisione aveva mostrato sin dai primi momenti dell'attacco. Le macerie, i morti, i feriti, mille volte le stesse inquadrature senza contesto, disseminate tra i servizi dei telegiornali ad illustrare le notizie quotidiane dal fronte, restituivano un orrore opaco, muto, incomprensibile. Come a volte accade al risveglio dagli incubi, di queste immagini private del loro orizzonte di spazio e di tempo restava addosso un malessere ottuso, simile alla claustrofobia: una sensazione di moltiplicata impotenza, di forzata estraneità nei confronti di una realtà che restava ambigua, remota, indecifrabile e che la moltiplicazione infinita degli schermi, incapace di addomesticare, contribuiva solo a banalizzare. Poi ho oltrepassato il confine. E quello spaesamento è scomparso. Di colpo. Proprio mentre passo dopo passo, uno sguardo alla volta, imparavo faticosamente ad orientarmi tra i luoghi, i tempi, i volti di un paese in guerra."

Critica (2):Il regista è riuscito a entrare nella striscia di Gaza durante "Piombo fuso", l'offensiva militare che Israele ha messo in campo lo scorso gennaio in risposta ai missili lanciati da Hamas. L'idea principale era di realizzare un video-diario di controinformazione per raccontare la drammatica realtà di quei giorni della popolazione civile, realizzato con una videocamera e rimandato in tempo reale via cellulare in Italia, per essere poi trasmesso dalla webtv www.dagaza.org. La forma diaristica rimane anche nel documentario realizzato con quei materiali nei mesi seguenti. Il regista mostra le città distrutte, le colonne di ambulanze che raccolgono i feriti e i morti, i giornalisti che tentano, dal confine egiziano, di raccontare la guerra.
Un fotografo allunga la mano all'interno di un'ambulanza e scatta a caso, tanto lì dentro qualcosa di interessante ci sarà sicuramente. Poi Savona apre i microfoni e registra la rabbia e la rassegnazione dei palestinesi: un padre accanto al cadavere del figlio dodicenne, una famiglia sfollata in cammino nel buio della notte, un funerale di "martiri" con gli attivisti di Hamas che incitano la folla cercando con maestria di gestire la rabbia.
Il documentario scorre così, per quasi 90 minuti, come una guida silenziosa che rende un po' giustizia, senza moralismi, a una realtà drammatica che si è abituati a vedere solo nei tg in servizi da 60 secondi.
Mario Pellizzari, La repubblica-XL

Critica (3):«Mi interessa – dice (il regista) – che il film circoli in tv in versione ridotta e poi sugli schermi, per capire se il cinema ha qualcosa da dire sulle tragedie contemporanee che racconto come fossero storia, superando tv, cronaca e attualità». Non è stata una passeggiata. L' inferno della lingua di Gaza, l' oggetto di offensiva israeliana dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009, era chiuso a occhi indiscreti: «Non so come, per caso, con carte false, sono riuscito dopo il 6 gennaio, a entrare con la mia telecamera e nessuno poi ha controllato. Volevo far vedere il contesto della guerra per cui gli israeliani non si sono scaldati come nel Libano, dove piangevano molti loro morti, considerando l' attacco un episodio di politica estera e annunciando che non erano nemici di Gaza ma Hamas, col terrorismo, era il nemico d' entrambi: quasi surreali!». Da quando il film entra a Rafah, posto di confine egiziano, Savona lascia parlare i fatti, interroga la coscienza di chi assiste, non è retorico, non dà giudizi e per questo il suo lavoro è coraggioso e straordinario. Inutile fare i professorini e confrontarlo con il Rossellini di Germania anno zero o con i ragazzini umiliati del neo realismo: basta guardare le immagini. Basta ascoltare quel padre che all' obitorio, spingendo il carrello, guarda il figlio di 12 anni cadavere e augura a Bush di fare la stessa fine di Sharon, il coma profondo. Basta vedere quel piccino che si aggira sperduto tra le pecore e il rombo degli aerei, già solo al mondo; basta seguire quel ragazzo che ci porta a vedere le macerie di quella che fino a ieri era casa sua. Basta osservare le code all' ospedale e i cortei notturni, senza uno shekel in tasca e con torcia elettrica, invocando la vendetta della Jihad. «Hamas Dio lo benedica – dice il padre di 5 figli accucciati accanto a lui –. Gli israeliani i bimbi li tagliano come il basilico, subito, appena crescono». Naturalmente ciascuno ha le sue colpe, ma fu guerra, come diceva Gerusalemme, o massacro, come voleva la Palestina? «Non ci sono state polemiche a Locarno, ma molto interesse – dice l' autore palermitano che vive in Francia – Ma i numeri di morti e feriti parlano da soli, anche se nessuno rinuncia alla sua piccola propaganda». Il resto è affidato potere dell' immagine, talvolta funzione alta e morale del cinema.
Maurizio Porro, Corriere della Sera, 17/8/2009

Critica (4):
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