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Mele di Adamo (Le) - Adams Aeler


Regia:Jensen Thomas Anders

Cast e credits:
Soggetto: Anders Thomas Jensen; sceneggiatura: Anders Thomas Jensen; fotografia: Sebastian Blenkov; musiche: Jeppe Kaas; montaggio: Anders Villadsen; scenografia: Mia Stensgaard; costumi: Jane Whittaker; effetti: Hummer Hoimark, Peter Hjorth; interpreti: Ulrich Thomsen (Adam), Mads Mikkelsen (Ivan), Nicolas Bro (Gunnar), Paprika Steen (Sarah), Ali Kazim (Khalid), Lars Ranthe (Esben), Ole Thestrup (Dottor Kolberg), Gyrd Lofqvist (Poul), Nikolaj Lie Kaas (Holger), Peter Reichhardt (Nalle), Tomas Villum (Jensen Arne), Emil Kevin Olsen (Christoffer), Pede Lambert (Jorgen); produzione: Tivi Magnusson, Mie Andreasen Per M&M Productions, August Film & Tv, Danmarks Radio; distribuzione: Teodora Film; origine: Danimarca, 2005; durata: 94'.

Trama:Adam è un convinto neonazista. Appena uscito di prigione viene assegnato per tre mesi a una comunità di recupero guidata da Ivan, un pastore protestante, un uomo profondamente buono, incapace di vedere il male. L'ambiente bucolico della chiesa non sembra intaccare, in alcun modo l'animo arido di Adam che anzi si diverte a provocare il sacerdote. Nella comunità vivono altri due ex galeotti che hanno scelto di prolungare il soggiorno: un cleptomane alcolizzato, ex giocatore di tennis e un rapinatore afgano che ruba solo ai distributori Tamoil. Come compito da svolgere durante il suo soggiorno Adam dovrà confezionare una torta fatta con le mele del più bel albero del giardino della chiesa...

Critica (1):La mela è frutto problematico. Sin dagli albori dell'umanità. Almeno così ci raccontano. Ora un nuovo Adamo deve confrontarsi con il frutto. Non più proibito, ma obiettivo di riscatto. L'Adamo in questione è un non più giovanissimo naziskin.
Lo incontriamo che scende da un autobus e subito si affretta a graffiarne la carrozzeria. Poi prende la strada di una chiesa persa nel paesaggio. Non lo fa per devozione. È stato inviato laggiù perché uscito di galera e perché Ivan, un sacerdote, gestisce una sorta di comunità di recupero. Gli altri ospiti sono un paio di personaggini bizzarri. Uno è cleptomane, con un trascorso di giocatore di tennis e di aggressore di donne, l'altro è un afghano rapinatore di chioschi di benzina, solo però quelli di una certa marca, perché avrebbe derubato la sua famiglia, quindi intende risarcirsi in quel modo. Ivan è non meno stravagante dei suoi ospiti. Sempre pronto nel porgere l'altra guancia, a costo di farsi spaccare ripetutamente la faccia, nasconde un suo segreto, ma è fermamente convinto che l'importante nella vita, soprattutto per ritrovare se stessi e la retta via, sia avere un obiettivo. E il neonazi glielo spiattella per prenderlo in giro: fare una torta di mele. Il prete non si scompone, anzi, gli affida la cura del melo antistante la parrocchia in modo che, quando sarà il momento di cogliere i frutti, Adam potrà perseguire il suo obiettivo. Già nella presentazione dei personaggi Anders Thomas Jensen (che con questo titolo conclude una sua inconsueta trilogia) tende a spiazzare, a fare in modo che non sia subito chiaro chi sia la persona che ci si trova di fronte. E prosegue su questa linea per tutto il racconto con sussulti di irriverenza che possono anche arrivare a infastidire tanto sono provocatori e scorretti, non solo politicamente. Nel frantoio della parrocchia sperduta finisce di tutto: figli, gravidanze, violenze, nazisti, handicappati, immigrati, medicina, scienza, religione, fede e chi più ne ha più ne metta. Diavolo compreso. In Danimarca Le mele di Adamo ha fatto incetta di premi locali (miglior film, sceneggiatura e luci, oltre a essere stato nominato per regia, interprete principale e attore non protagonista e trucco) e per la sceneggiatura era stato anche nominato per gli European Film Award senza peraltro vincere. E forse la chiave dell'interesse per questo titolo sta proprio nella sceneggiatura, nella capacità di assemblare situazioni paradossali e al limite con apparente naturalezza e senso del ritmo narrativo. Spuntano le pistole e sembrano rievocare la gag che fu di Bud Spencer (poi replicata anche da Spielberg nei Predatori con Harrison Ford), questa volta però l'obiettivo non è un cattivone bensì un albero. Si ride a denti strettissimi, certo, quando sbucano gli amici neonazi del protagonista e vengono ridicolizzati e brutalizzati, c'è più gusto rispetto a situazioni più scivolose in termini di "buon cattivo gusto". John Waters aveva insegnato cosa significa. Anders Thomas Jensen sembra essere più un seguace di Waters che dei dogmi nati in Danimarca. Forse però lascia qualche perplessità in più il fatto che lo spirito nordico è più raggelante, c'è qualcosa che lascia un retrogusto amaro e la risata è un po' meno liberatoria e più perplessa. È comunque innegabile che queste mele siano un bocconcino avvelenato alla perfezione con un dosaggio diabolico. Ne esce una società a pezzi che induce a riflettere sull'animo umano e i suoi perversi percorsi. E se il maligno sembra appartenere totalmente a Adamo, la fiammella di speranza che quella bizzarra comunità apre suona più come escamotage (di nuovo narrativo) che come prospettiva. Eppure il film intriga nel suo non essere riconducibile a generi preordinati, sfuggente e a suo modo efficace. Quasi fosse la versione grottesca di altri titoli danesi che negli ultimi anni hanno agghiacciato le platee con i loro racconti di cinismo esasperato. Buon segno per quella cinematografia minuscola in termini numerici, ma capace di imporsi all'attenzione del mondo cinematografico. Che magari non sempre apprezza, ma ha imparato a fare i conti con i nipotini di Andersen. Il quale, in fondo, confezionava storielle piuttosto cattive.
Antonello Catacchi, il manifesto, 28/4/2006

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Thomas Jensen
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