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Pianese Nunzio, 14 anni a maggio


Regia:Capuano Antonio

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Antonio Capuano; fotografia: Antonio Baldoni; scenografa: Mario Di Pace; montaggio: Giorgio Franchini; interpreti:Fabrizio Bentivoglio (Don Lorenzo Borrelli), Emanuele Gargiulo (Nunzio Pianese), Rosaria De Cicco (Rosaria), Teresa Saponangelo (Anna Maria Pica), Tonino Taiuti (Cuccarini); produzione: Gianni Minervini per A.M.A. Film S.r.l., Istituto Luce S.p.A. e G.M.F. S.r.l. in collaborazione con Mediaset; distribuzione: Medusa; origine: Italia, 1996; durata: 112'.

Trama:Don Lorenzo Borrelli, sacerdote lombardo è parroco nella chiesa di Santa Maria delle Monteverginelle nel quartiere Sanità a Napoli. Don Lorenzo - che conduce un'intransigente battaglia contro la camorra, i suoi misfatti, la sua mentalità - tiene incontri di catechismo con i giovani in modo libero e aperto ed ospita in canonica quelli più bisognosi. La camorra lo colpirà proprio nel suo punto debole: i rapporti col tredicenne Nunzio Pianese...

Critica (1):Pianese Nunzio - rigorosamente cognome e nome, come nei verbali di polizia - avrà 14 anni a maggio e avrà oggi, su questo giornale, 46 righe che non bastano ad afferrarlo. Torneremo a parlare di lui. E naturalmente di Don Lorenzo Borrelli, il "prete bello" interpretato da Fabrizio Bentivoglio che è il co-protagonista del secondo film di Antonio Capuano. Film complesso, stratificato, bisognoso di analisi ben più articolate. Film forse non perfetto; ma assolutamente da vedere.
Le imperfezioni di Pianese Nunzio, 14 anni a maggio, del resto, nascono tutte dal suo coraggio, e dalla spudoratezza artistica di Capuano, un regista di 56 anni che è arrivato al cinema tardi e che sembra intenzionato a goderselo tutto, a viverlo tutto come una scommessa. "Spudoratezza", nel nostro caso, è un complimento: Capuano è un cineasta che non ha paura del rischio, che mescola i linguaggi, che alterna siparietti alla Godard (con i personaggi che guardano in macchina, dichiarano le proprie generalità e raccontano il proprio frammento di storia) a momenti narrativi più distesi, più classici: una miscela fra lo stile sperimentale e nervoso di Vito e gli altri, opera prima di Capuano, l'arguzia e il gusto del racconto di De Sica e gli eccessi popolareschi della sceneggiatura. Il risultato è un film che procede per illuminazioni, che qua e là sconcerta, e che stupisce sempre. Prendiamo l'inizio. Dai titoli in nero, accompagnati da un assolo di batteria, emerge pian piano una canzone napoletana "strappacore" e si vedono le immagini di un "basso", riprese da un cavalcavia, attraverso un inferriata. L immagine sale ad inquadrare un palazzo borghese, poi si sposta dall'altro lato del ponte e ci mostra la chiesa dove vive e lavora Don Lorenzo. In una sola inquadratura, c'è tutto: Napoli e la sua musica, Napoli e la sua feroce divisione in classi, Napoli e la sua fede, Napoli e le sue sbarre. Napoli e il suo cinema. Piano piano, Capuano fa emergere il rapporto contraddittorio e tenerissimo che lega Nunzio, quattordicenne dalla voce d'angelo, e Don Lorenzo, un prete di 36 anni dal carattere tosto, per niente disposto a compromessi con la camorra che domina il quartiere, e omosessuale. È un amore vero e disperato, quello che Lorenzo prova per Nunzio: non lo possono sopportare ne la camorra, intenzionata a sbarazzarsi di quel prete scomodo, ne le autorità, che indagano. Paradosso crudele, saranno gli assistenti sociali a incastrare Nunzio, a costringerlo a confessare, e quindi a rovinare Don Lorenzo; ma saranno i boss del quartiere a gioire, a liberarsi di un sacerdote che si era rifiutato di celebrare in chiesa i funerali dei camorristi ammazzati.
In due giorni di festival, abbiamo visto due preti negare il perdono e il Paradiso ai morti di mafia. Succede in The Funeral di Abel Ferrara, succede in Pianese Nunzio. In entrambi i casi, siamo di fronte a film che si sprofondano nel mondo, che vivono la religione in modo problematico, che trasformano la fede in tragedia.
Alberto Crespi, L'Unità,

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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