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Rosalie va a fare la spesa - Rosalie goes shopping


Regia:Adlon Percy

Cast e credits:
Sceneggiatura: Percy e Eleanor Adlon, Cristopher Doherty; fotografia: Bernd Heinl; scenografia: Stephen Lineweaver; costumi: Elizabeth Warner Nankin; musica: Bob Telson; suono: Heiko Hinderks; montaggio: Jean-Claude Piroué; interpreti: Marianne Sägebrecht (Rosalie), Brad Davis ("Tesoro" Ray), Judge Reinhold (il prete), Erika Blumberger (la nonna), Willy Harlander (il nonno), Patricia Zehentmayr (Barbara), John Hawkes (Schnuki), Alex Winter (Schatzi), David Denney (Kindi), Courtney Kraus (April), Dina Chandel (Herzi), Lisa e Lori Fitzhugh (i gemelli), Ed Geldhart (Burt), John William Galt (il presidente della banca), Bill Butler (il postino); produzione: Pelemelefilm (München); distribuzione: Mikado; origine: RFT, 1989; durata: 94'.

Trama:Rosalie - una robusta donna bavarese - vive in Arkansas con il marito – un pilota militare americano – e sette figli. In famiglia tutti si adorano... Rosalie compie modeste truffe con trentasette carte di credito, falsifica firme e assegni bancari, preleva e versa in numerosi conti correnti per lucrare interessi e rifornire casa di ogni bene e colmare la prole di regali. Un giorno compra un personal computer ad una delle ragazze e con la fortuna dei neofiti, scopre il codice d'accesso ad una banca, poi ne contatta con modi persuasivi il presidente, spacciandosi per capo di una impresa...

Critica (1):[...] Ciò che offre l'abbrivo al racconto è il sentimento della diversità. Che era fisica in Zuckerbaby, sessuale in Bagdad Café, incentrandosi sulla frustrazione femminile e sull'incontro tra due donne lontane per cultura e abitudini, e che in Rosalie va a fare la spesa investe il campo dei temperamenti e delle emozioni, cioè a dire la natura e il modo d'essere dei singoli. L'esibita ma non sostanziale stravaganza che impronta l'equilibrio e le azioni di Rosalie si rivela affezione nel controluce del sempre perdurante amore tra lei e il marito yankee, accesosi in Europa subito dopo la guerra. Un amorr fou che esiste e persiste a distanza di anni, e che può sopravvivere solo lontano dalla Germania (rappresentata dalle immagini ridicole del videotape con la festa popolare e le ragazzotte bavaresi sui carri o saggiata in corpore vili, cioè nella comica mediocrità teutonica dei mal differenziati genitori di Rosalie). La passione e la fantasia resistono insomma in una zona ai margini, in una sorta di intervallo, di spazio intermedio che già nel nome - Stuttgart - avvicina il vecchio mondo al nuovo, scindendo le proprie esistenze dai disegni che nelle società ä tolleranza repressiva regolamentano le vite di tutti, i personaggi di Adlon riesconoa ritrovare loro stessi e - quando ciò sia già avvenuto come nel caso del film su Rosalie - a conservare inalterata la natura. La Jasmin di Out of Rosenheim dopo aver abbandonato il marito riscopre l'amore e la libertà interiore nella perduta stazioncina del Bagdad Motel, quasi al limite del mondo. La sospensione del principio di realtà si rivela proficua sino a quando la realtà, cioè a dire la società, con le sue leggi e le sue chiusure, non tornerà ad affacciarsi. La pulsione affettiva ed erotica tra il bel macchinista e la cicciottona di Zuckerbaby verrà solo interrotta dalla ricomparsa della legittima consorte dell'uomo, bella e in comprensiva. In Rosalie va a fare la spesa la ancora rilevante stazza della Sägebrecht diventa se possibile un segno di pienezza e di fascino (e ä tratti, forse ä motivo delle gambe sottili, ci si profila come una silhouette).
Rosalie vive col marito le sette felicità; e uguale è con figli. La particolarità americana consente di scampare alle regole dure di una società razionale e autoritaria, qual è appunto germanica. Ma non può cancellare il principio economico. Principio che normalizza la vita di ognuno, cui nessuno può sottrarsi e che Rosalie assume a pieno, ma rovesciandolo a favore della felicità e del benessere dei suoi. In un mondo governato dall'edonismo di massa e dal consumismo è saggio accordarsi alle risorse che questi offrono. È quanto appunto fa la nostra massaia. Le riprese iniziali con un bel letto ornamentato di pulsanti e bottoni che avvicinano oggetti di ogni genere sono il giusto nartece a quelle successive: Rosalie ruba profumi ("prendo la mia percentuale") e falsifica assegni; acquista - non pagando - beni di ogni genere per far contenta la sua bella famigliola. Al modo in cui riporta a casa ogni tipo di leccornie (ad esempio un enorme pesce che dà modo al figlio di praticare la "nouvelle cuisine"), così regala alla figlia un personal computer e al marito un aereo. Lo fa senza essere ricca, solo applicando le regole del capitale finanziario. Se le banche concedono denaro a chi paga gli interessi - e tanto più ne danno a chi più consuma - l'intuizione di Rosalie è che se si fanno debiti per milioni questo è solo un problema del sistema bancario. Conflitta tra norme e sentimenti, tra il principio di fantasia e il principio economico, la Rosalie di Adlon è una sorta di personaggio brechtiano che pratica la rivalsa sul mondo alienato per un verso ironizzandolo e allontanandosene, per altro verso attivando le sue regole.
Vicina alla quarantenne di Zuckerbaby, che aveva analizzato e studiato le abitudini del suo giovane macchinista per conoscerne le debolezze e perciò meglio conquistarlo, anche Rosalie è germanica sino al midollo nella precisione con cui focalizza i meccanismi economici. Applica le regole della dialettica, sia pure all'incontrario, per ritagliarsi la felicità e il diritto di sognare. Per questo, tutt'accanto all'ironia, la cifra stilistica che governa il film di Adlon è la tenerezza con cui si guardano i personaggi, inseguiti da una cinepresa innamorata che accorda il proprio ritmo e le proprie angolazioni alla loro bizzarra intonazione esistenziale. Onde i tagli obliqui, l'inclinazione dell'asse di ripresa, le immagini che se non ne ripetono la bellezza pure valgono come una reminiscenza delle memorabili inquadrature di Bagdad Cafè (identico nei due film è il direttore della fotografia, Bernd Heinl).
Siamo davvero nella favola, cioè a dire in un universo che può essere salvato con la fantasia? Probabilmente per Adlon è proprio così. Là dove infatti non arriva l'immaginazione, si fa avanti il sorriso. Che incalza i simulacri delle realtà disancorate dal vero: quelle contadine della Baviera vista contrastivamente in video, quelle informatiche e sofisticate delle lobbies finanziarie del nuovo mondo. Un'uguale vivificazione fantastica alona l'innocente consumismo di Rosalie. Si ripensi all'uso che lei fa della tecnologia; e si riporti alla mente la scena in cui tutta la famiglia riunita davanti al televisore per guardare esclusivamente gli spots pubblicitari ne ripete ad alta voce gli slogans facendo ironia ed autoironia. Insomma, quando fa difetto l'astuzia della mente, subentra a pieno titolo la leggerezza del gioco.
Gualtiero De Santi, Cineforum n. 290 dicembre 1989

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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