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Lumière! - La scoperta del cinema


Regia: Frémaux Thierry

Cast e credits:
Produzione: Association Frères Lumière, Institut Lumière; distribuzione: Cineteca di Bologna; origine: Usa-Francia, 2016; durata: 90'.

Trama:Nel 1895 i Lumière inventano il cinematografo, la macchina magica capace di riprendere il mondo. I loro operatori, inviati ai quattro angoli della terra, danno inizio alla più grande avventura della modernità: catturare la vita, interpretarla, raccontarla. Città, paesaggi, uomini, donne, bambini, animali, il lavoro, il gioco, il mare, la folla, la solitudine: la bellezza luminosa e potente di queste vedute lascia ancora senza fiato. Messa in scena, travelling, trucchi, remake: i fratelli di Lione hanno inventato il cinematografo e stanno inventando il cinema.
114 film realizzati tra il 1895 e il 1905, i pochi che tutti conoscono (l’uscita dalle officine, l’arrivo del treno, l’innaffiatore innaffiato, tutta Parigi ai nostri piedi salendo sulla torre Eiffel) e tante gemme sconosciute, vengono presentati per la prima volta nel nuovissimo restauro digitale in 4K.
Commento letto da Valerio Mastandrea.

Critica (1):Che i Lumière abbiano inventato il cinematografo lo sappiamo tutti. Ma ci siamo mai chiesti veramente cosa questo significhi? Certamente furono in primo luogo inventori, capaci di surclassare i concorrenti e, per tutta la vita, continuarono, coerentemente, a esserlo.
Ma se guardiamo le loro invenzioni (citando le più importanti) – le lastre Étiquette bleue per fotografie rapide, la fotografia a colori (Autochrome),la proiezione a 360° (il Photorama), la proiezione stereofonica –, ci rendiamo conto che nessuno degli inventori del cinema e della fotografia ha apportato tante migliorie a questi due media. Non solo. Furono inventori, ma anche industriali, capaci di dare vita alla prima grande industria della fotografia e del cinema in Europa. Ma il ritratto è ancora largamente incompleto. Se guarderete i 114 film contenuti in questo scrigno vi accorgerete che furono anche i primi autori del cinema. Questi film hanno, fin dal primo, la Sortie de l’usine Lumière, una consapevolezza dell’inquadratura che è assoluta e che si mantiene tale in ognuna delle oltre 1400 vedute del catalogo Lumière, che pure sono state realizzate da diversi operatori. La bellezza di queste vedute lascia stupefatti e ci rapisce. Non sono soltanto le prime immagini in movimento che ritraggono il mondo, ma ce ne restituiscono una visione straordinariamente potente e bella. I Lumière sono stati capaci di restituirci un’immagine degli uomini e della terra estremamente positiva, gioiosa e le tante immagini liete che ritraggono la loro famiglia non sono che un’anticipazione della felicità (le bonheur) che (loro pensavano) stava per travolgere il mondo e alla quale loro lavoravano attivamente con le loro continue invenzioni.
Ma il ritratto è ancora incompleto. I Lumière non sono solo degli inventori, degli industriali e degli artisti, sono anche i primi programmatori. La prima proiezione al Salon Indien è anche il primo programma, dove i titoli e la loro successione non ha nulla di casuale, è una programmazione che, nella successione, crea un montaggio e una relazione tra le diverse vedute successive fondamentale per la riuscita della serata.
Per questo ritengo che questo cofanetto sia particolarmente prezioso. Auguste e Louis Lumière, 1895 L’Institut Lumière, il suo presidente Bertrand Tavernier, il suo direttore Thierry Frémaux, hanno qui compiuto un vero miracolo perché hanno saputo trovare una chiave totalmente nuova per programmare le vedute Lumière che ritrovano così tutta la loro forza e bellezza, anche grazie al commento di Frémaux, profondo, divertente, pieno di ritmo, e alla scelta della musica di accompagnamento, Camille Saint-Saëns, che restituisce la giusta epicità a queste prime immagini.
Questa perfezione non sarebbe stata raggiunta se il restauro non avesse conservato l’aspetto magico di tutte le vedute che è nella luce, nella capacità dei Lumière, dei loro operatori, delle loro invenzioni di catturare la luce del mondo, delle cose, degli esseri viventi. In uno dei ricchissimi extra Henri Langlois e Jean Renoir, intervistati nel 1968 da un giovane Éric Rohmer, parlano proprio di questo e della difficoltà di restaurare la luce dei film Lumière. Cinquant’anni dopo quell’intervista, possiamo dire che l’Institut Lumière è riuscito nel miracolo di restituirci una parte significativa dell’opera dei Lumière e renderci così più consapevoli della gratitudine che dobbiamo a quella straordinaria famiglia lionese.
P.S.: e noi italiani dobbiamo essere grati a Valerio Mastandrea, artista e attivista del giusto, che ha prestato la sua voce alla versione italiana del film, consentendoci di poter guardare le immagini senza distrazioni e senza sottotitoli, ascoltando il bel ritmo della sua voce amica.
Gian Luca Farinelli

Critica (2):Nel 2015 il cinematografo Lumière ha compiuto 120 anni. L’uscita, attesa da tempo, di questo cofanetto in Dvd e Blu-ray è l’occasione per riaffermare il valore cinematografico delle vedute Lumière. E dunque per ribadire l’importanza di coloro che hanno ‘inventato’ il cinema. ‘Inventato’:
tra virgolette, perché lungi dal minimizzare l’atto fondamentale che vide la luce a Lione-Monplaisir nel 1895, bisogna ricordare che una scoperta universale come il cinema fu un lungo cammino per il quale l’apporto dei vari Muybridge, Marey, Demenÿ, Reynaud, Edison fu altrettanto essenziale rispetto a quello dei fratelli Lumière, i quali portarono a compimento in modo magistrale un’idea che, come ebbe a dire Louis Lumière, “era nell’aria”. Definiamo semplicemente ‘un passo da gigante’ quello che questi ultimi fecero fare alle immagini in movimento, alle quali impressero un
cambiamento di natura, facendole uscire all’aperto, facendo loro scoprire la vita, proiettandole davanti a un pubblico.
Ma questo progresso non fu solamente tecnico. Perché il cinematografo è già il cinema tutto intero. Questa selezione di un centinaio di ‘piccoli film’ Lumière, inestimabili per ispirazione creativa, immaginario e visione del mondo, lo conferma.
Il cinematografo impose immediatamente il suo universo a un’attiva moltitudine. Affrontando questioni di messa in scena, inventando soggetti da cui prenderanno ispirazione centinaia di registi, inviando operatori ai quattro angoli del globo, Lumière agì da cineasta.
Il secolo dei Lumière, dunque. L’altro. Quello di Louis, di Auguste e di Antoine, il padre. Un’opera che gioiosamente anticipa il cinema che verrà e che conserva oggi, all’epoca della rivoluzione permanente delle immagini, tutta la sua forza, fedele alle parole di Jean Renoir: “In Lumière a essere mostrata non è la Storia, ma la vita. E la vita è qualcosa di più profondo. È per questo che questi film sono così importanti: aprono la porta alla nostra immaginazione. È esattamente quello che oggi ci piace chiamare opera d’arte”.
Thierry Frémaux e Bertrand Tavernier
(Cineteca di Bologna)

Critica (3):Non è un caso se, agli occhi dei contemporanei, il cinema è nato in Francia con Louis Lumière. La storia dell’arte cinematografica si apre nel 1895, e non nel 1894. Tutto ciò che intendiamo oggi come cinema – le opere, il pubblico, l’industria, la produzione, la creazione e la distribuzione –, tutto comincia con Louis Lumière.
La scoperta del cinema si colloca esattamente il giorno in cui Louis Lumière piazza la sua macchina da presa davanti alla fabbrica del padre, inventa e mette in quadro la sua immagine, aggiunge qualche ‘condimento’ al gruppo di operai che stanno finendo di lavorare, per renderla più vivace
senza alterarne la naturalezza, e filma l’uscita dalle officine Lumière. La macchina da presa non poteva che nascere da un demiurgo capace di essere nello stesso tempo un inventore e un creatore, uno scienziato e un artista, un industriale e un regista, un operatore e un fabbricante, un bricoleur
e un analfabeta. In questo senso Louis Lumière supera Chaplin: nella misura in cui Chaplin utilizza uno strumento che non è stato lui a concepire. È nella misura in cui Louis Lumière è al contempo Mozart, Paganini e Stradivari, che egli è il padre del cinema. Ed è quello che avevano sentito tutti i contemporanei, pur non essendone coscienti, che gli hanno attribuito la scoperta del cinema. Tutti quelli che, a partire dal 1895, avevano fatto del cinema la loro vita e che si ritrovarono riuniti, venuti da ogni parte del mondo, nel 1935, alla Sorbonne per ‘consacrare’ Louis Lumière come il padre del cinema. È per la stessa ragione, senza dubbio, che l’invenzione dei fratelli Lumière
divenne su loro iniziativa quella di Louis Lumière, e per volontà dello stesso Auguste che, a prescindere dal ruolo che ebbe nella scoperta del meccanismo della macchina da presa Lumière, non poteva ignorare che l’apparizione, nel 1895, di ciò che noi chiamiamo cinema (e che nel
1894, nonostante Dixon e Demenÿ, era la cronofotografia, e che ancora nel 1896 veniva chiamato ‘fotografia animata’) si collocava al di là di questo meccanismo.
Louis Lumière ha chiuso l’epoca precedente, e l’ha chiusa per averle completamente e deliberatamente voltato le spalle, per essersene completamente allontanato, per averla deliberatamente ignorata, prendendo quanto gli serviva senza preoccuparsi degli uni o degli altri; fu in definitiva un iconoclasta, e l’assassino di tutti quanti l’avevano preceduto. È per tutte queste ragioni che egli è il padre del cinema e che tale fu considerato agli occhi di Pathé e di Méliès, dell’Europa, dell’Africa e dell’Asia, delle due Americhe, anche agli occhi dei pionieri del cinema
americano indipendente che non avevano dimenticato, nel 1929, né gli effetti dei film Lumière sul cinema americano nel 1896, né la loro battaglia contro il trust Edison.
Perché oggi è diventato evidente che se Louis Lumière è riuscito a far dimenticare in tutto il mondo Edison e Dixon, a strappare l’invenzione del cinema ai suoi emuli, a cancellare negli anni il ricordo dei suoi concorrenti, ad appropriarsi della scoperta della cinematografia nella stessa Francia che vide nascere Marey e Reynaud, ciò non può essere dovuto all’intrigo, ma a qualcosa di essenziale e profondo, qualcosa di più importante di un meccanismo, che va la di là della geniale semplicità e della malleabilità della macchina da presa Lumière, qualcosa che attiene all’Immagine.
Se a lui il cinema mondiale deve la sua nascita e il suo impulso, lo deve al dinamismo dei primi film girati da Louis Lumière, che contengono tutto il futuro, tutto il passato e tutto il presente del cinema, e la cui perfezione sfugge allo spazio e al tempo. Se quelle macchine da presa e per la
proiezione assomigliano ancora alle prime locomotive che negli anni Venti trainavano vagoni a forma di diligenza, le immagini dei film di Louis Lumière avevano già l’aspetto, la forma e il potenziale della monorotaia, come avranno fra cento e mille anni lo stesso potenziale di ciò che apparirà agli occhi dei nostri discendenti l’ultima immagine della modernità.
Le Monde, 24/12/1970 (dal booklet della Cineteca di Bologna)

Critica (4):Dopo più di un secolo, i film d’attualità,
la gloria di Georges Méliès, i clichés degli storici,
i pregiudizi della settima arte, il cinema sonoro,
la polemica su
l’invenzione del cinema (Edison, Marey, Bouly, Sladanowsky)
e, paradossalmente,
la nostra familiarità quotidiana con il cinema, hanno offuscato tutto.
Tutto questo ci ha fatto totalmente dimenticare
ciò che dobbiamo ai fratelli Lumières.
Non si sono solo accontentati, come tutti sanno,
di scoprire il cinema, l’hanno creato,
l’hanno fatto uscire dal nulla, ce l’hanno consegnato nei loro film,
e non è tanto nei musei della tecnica, ma sugli schermi,
scoprendo le loro opere,
che noi possiamo infine comprendere tutto ciò che dobbiamo loro.
I film dei fratelli Lumière ci provano che,
fin dalla sua origine, il cinema fu un’arte maggiore,
e incommensurabile fu il suo apporto alla civilizzazione.
Come avevano intuito i contemporanei,
con questi film l’universo possiede la sua memoria,
e noi possiamo passeggiare nel tempo
e vederlo coi nostri occhi
(Omaggio a Louis Lumière, gennaio 1966)
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