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Easy Rider


Regia:Hopper Dennis

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Peter Fonda, Dennis Hopper, Terry Southern; fotografia: László Kovács; montaggio: Donn Cambern; scenogafia: Jerry Kay; musiche: canzoni: "The Pusher" di Hoyt Axton, "Born to Be Wild" di Mars Bonfire eseguite dagli Steppenwolf; "If Six Was Nine" di Jimi Hendrix; "Ballad of Easy Rider" di Roger McGuinn; "I Wasn't Born to Follow" di Gerry Goffin & Carole King eseguita da The Birds; montaggio: Donn Cambern; effetti: Steve Karkus; interpreti: Peter Fonda (Wyatt ‘Capitan America’), Dennis Hopper (Billy), Jack Nicholson (George Hanson), Antonio Mendoza (Jesus), Phil Spector (Connection), Mac Mashourian (guardia del corpo), Luana Anders (Lisa), Sabrina Scharf (Sarah), Luke Askew (hippy sull’autostrada), Warren Finnerty (il proprietario del ranch); produzione: Peter Fonda per Raybert Productions, Inc., The Pando Company, Inc. DCP; origine: Usa, 1969; durata: 95’.

Trama:Billy e Wyatt, due giovani "hippie", si dirigono in sella alle loro motociclette verso New Orleans. Il loro vero obiettivo è un viaggio 'on the road' attraverso l'America, dormendo e mangiando dove capita, godendosi il paesaggio e l'ozio. Arrivati in un paesino di provincia, attraggono l'attenzione della polizia e, accusati ingiustamente, si ritrovano in cella. Qui conoscono George Hanson, un avvocato arrestato per ubriachezza molesta che, dopo essere riuscito a farli liberare, si unisce al loro viaggio. Man mano che si avvicinano al sud, l'ostilità della gente cresce e dovranno vedersela con un'ondata di violenza inaccettabile…

Critica (1):Era già tutto prefigurato in un semplice taglio di montaggio. Neanche una dissolvenza, uno stacco. Netto. Molto più netto di quello che qualunque grammatica del cinema potesse suggerire. Era uno stacco netto neanche voluto, perché imposto da criteri di economia narrativa che trascendevano il regista, in quel periodo spesso incapace di comprendere che cosa stava succedendo e per questo spedito in vacanza mentre altri gli montavano il film, his fucking movie, come amava gridare in faccia alla troupe. Ma questo stacco netto ha spiegato che tutto ciò che c'era prima e che ci si augurava per l'immediato futuro era soltanto una candida illusione.
Siamo in Easy Rider, esordio e punto più alto di Dennis Hopper, che sceneggia insieme a Peter Fonda e Terry Southern, profeta letterario hipster (si legga il suo Blue movie: irresistibile). I due hippy motorizzati protagonisti del film hanno appena incontrato un altro loser come loro, anzi, peggio di loro, perché è un avvocato persosi nei fumi dell'alcool interpretato da Jack Nicholson, attore per caso quando sembrava ormai avviato a una carriera da produttore indipendente (nella vita ci si sbaglia: menomale, nel suo caso). Lo iniziano alla marijuana durante una sosta notturna intorno a un falò e si divertono come pazzi rombando immersi nella meraviglia del paesaggio americano e agitando le braccia come uccelli in volo.
Improvvisamente, dal nulla, la metallica chitarra di Jimi Hendrix in If six was nine irrompe nel film, interrompendo la cantilenante Don’t bogart me dei Fraternity of Men che cullava il sonnolento viaggio dei tre tra immense praterie popolate da cavalli. È uno shock sonoro a cui segue un altrettanto fulmineo mutamento visivo: case in stile coloniale, afroamericani che lavorano ai bordi delle strade, bandiere americane praticamente ovunque. Il viaggio alla scoperta dell'America dei tre penetra all'interno del Profondo Sud ed è l'inizio della fine. Da lì in avanti sarà un progressivo gioco di sottrazione al termine del quale non rimarrà più nessuno. E niente. La morte dei due capelloni, nelle sale dello stesso Sud, fu salutata da applausi e ovazioni da parte dei rednecks, pare.
Quel taglio netto, visivo e sonoro, però, non era solo un taccone messo da un montaggio improvvido che cercava di salvare un film di oltre quattro ore, quanto un vaticinio sulla fine di tutto. Tre mesi dopo l'esaltante presentazione del film a Cannes ci fu Woodstock, ma l'illusione di una perpetua estate d'amore e di rivolta si chiuse con l'assassinio di Meredith Hunter durante un concerto degli Stones ad Altamont, in Virginia. Stesso Profondo Sud.
The Final Cut.
Giampiero Frasca, cineforum.it, 11/7/2019

Critica (2):Insieme all’altrettanto influente 2001: Odissea nello spazio, Easy Rider fu uno dei grandi ‘trip movies’ dei tardi anni Sessanta, rendendo la musica più espressiva dei dialoghi e scavando un solco generazionale che tagliava il pubblico in due. Come ha notato il critico J. Hoberman, il film “era più che altro alla moda” quando uscì “e quindi è diventato quasi subito datato”. Eppure probabilmente è proprio il suo invecchiare (diversamente dal caso di 2001) che costituisce gran parte del suo valore attuale, in quanto capsula del tempo che con la sua contrapposizione tra hippy e bifolchi evoca parallelismi con la contrapposizione attuale che vede da un lato i progressisti e le minoranze e dall’altro i trumpiani reazionari.
Benché Easy Rider, in conformità con i protocolli autoriali, sia principalmente associato al suo regista, co-protagonista e co-sceneggiatore Dennis Hopper, fu Peter Fonda (produttore e a sua volta co-protagonista e co-sceneggiatore) a far nascere il progetto lanciando l’idea di partenza: un western contemporaneo con le motociclette al posto dei cavalli e due eroi di nome Wyatt (Fonda) e Billy (Hopper), come Wyatt Earp e Billy the Kid, che dopo aver trasportato un carico di cocaina decidono di puntare verso est e di attraversare il paese per andare al Carnevale di New Orleans. E si potrebbe dire che fu Terry Southern, l’autore principale della sceneggiatura, a delineare la sostanza del personaggio di George che lanciò la carriera di Jack Nicholson, una figura a metà strada tra i buoni e i cattivi, fra Wyatt (relativamente cristiano) e Billy (relativamente pagano), un avvocato alcolizzato di provincia che si aggrega ai due prima di finire ammazzato dagli abitanti ostili.
Le scene del Carnevale, girate in 16mm e montate in maniera più discontinua a suggerire i trip lisergici dei personaggi, furono improvvisate, così come l’incontro al bar tra Wyatt, Billy, George e la gente del posto, che fu invitata a esprimersi liberamente. Questo, oltre alla vera assunzione di stupefacenti da parte del cast, trasmette un senso di autenticità documentaristica che permette di sorvolare sulle pretese metafisiche e sui privilegi degli eroi cowboy.
Jonathan Rosenbaum, festival.ilcinemaritrovato.it

Critica (3):Easy Rider ha la sua origine nel tessuto dei miti di viaggio della nostra cultura: i voli spazio-temporali di Whitman in Canto di me stesso, il misticismo folcloristico del vagabondo di Woody Guthrie in Bound for Glory, e i documenti di un frenetico viaggio beat di Kerouac – tutte promesse di una frontiera americana libera. Ma Capitan America (con allusione all'eroe dei fumetti) e Billy sono gli ultimi eroi degli ampi spazi: la strada, suggerisce il film, non è aperta a lungo per il viaggio degli spiriti liberi. "Una volta questo era proprio un gran bel paese; e non riesco a capire quello che gli è successo", dice il giovane avvocato per i diritti civili ai suoi due amici dopo che i tre sono stati tacciati in un ristorante del Sud come "finocchi yankee". Quello che sta succedendo è una guerra civile culturale. (...)
Ci sono motivi celati di preoccupazione espressi dialetticamente attraverso la nostalgia del film per un'America e degli Americani ancora gradevoli: indiani vivi e morti, piccoli fattori, hippy, sognatori liberali, motociclisti con il sedere incollato sul sellino e fumatori di marijuana, Billy e Capitan America. La moralità di Easy Rider è semplice come quella di un western, eccettuato il fatto che i suoi eroi sono i fuorilegge, mentre le canaglie sono rappresentate dai membri della legge e dell'ordine. Questo paradigma sociale si sviluppa su un paesaggio che non è un semplice sfondo ma diventa un vero e proprio personaggio. I paesaggi del Sud-ovest, dell'Ovest e del Sud che Billy e Wyatt attraversano con le loro motociclette mostrano un residuo dello spirito americano passato, una presenza così forte che rende piccolissimi gli esseri umani. Easy Rider si estende nel tempo in cui Emerson e Thoureau credevano in un'America pazza e quando gli indiani stavano facendo la loro ultima triste resistenza.
Frederic Tuten, cinetecadibologna.it

Critica (4):
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