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Michel Petrucciani - Body & Soul - Michel Petrucciani


Regia:Radford Michael

Cast e credits:
Sceneggiatura: Michael Radford; fotografia: Sophie Maintigneux; montaggio: Yves Deschamps; interpreti: Michel Petrucciani (immagini di repertorio), Alexandre Petrucciani, Aldo Romano, Frank Cassenti, Joe Lovano, John Abercrombie, Charles Llyod, Francis Dreyfus, Ron McClure; produzione: Les Films D'ici-Liaison Films-Looks Filmproduktionen-Partner Media Investment- Arte France Cinema; distribuzione: Pmi Distribuzione; origine: Francia-Germania-Italia, 2011; durata: 90’.

Trama:La vita e la carriera del grande compositore e pianista jazz Michel Petrucciani, scomparso nel 1999 appena trentaseienne. Una ricca collezione di interviste e materiali di archivio ci racconta la storia di un uomo dall'incredibile talento, che ha dovuto sconfiggere un pesante handicap fisico (dovuto a una malattia genetica, l'osteogenosi imperfetta, che lo aveva colpito fin dalla nascita) per diventare un gigante della musica.

Critica (1):A Michel Petrucciani, pianista jazz di straordinario talento, il regista de Il Postino Michael Radford ha dedicato un documentario bello e struggente (...). Il film, racconta il regista inglese, è nato su commissione. Ma la storia di quel musicista geniale, colpito da una rara malattia genetica eppure capace di superare ogni ostacolo grazie alla sublime leggerezza della sua arte, lo ha sconvolto. (...) Per comporre il suo omaggio Radford ha cercato ovunque materiale di repertorio, interviste e testimonianze inedite. Nelle sue intenzioni, il film non è solo un tributo all'uomo e all'artista dal tocco raffinato e sapiente, ma anche 'un viaggio alla ricerca della vera natura della creatività'."
Titta Fiore, Il Messaggero, 15/5/2011

Critica (2):L'odissea esistenziale di Michel Petrucciani, scomparso a soli 36 anni nel 1999, rischia di oscurarne la parabola artistica. (...) “Body and Soul”, per dirla tramite il sottotitolo (preso in prestito dalla celebre canzone, cavallo di battaglia di tanti jazzisti) del bel documentario dedicato al musicista francese da Michael Radford. Il quale intreccia con efficacia i fili di un privato vissuto a mille da un uomo che, intuendo di avere poco tempo, non si negava a nessuna esperienza (droghe, alcool, eros, e anche vere relazioni sentimentali, matrimoni, un figlio); senza però far mai dimenticare allo spettatore che a essere al centro del ritratto e a motivarlo sono la passione e il talento dell'artista. Sembrava moribondo il jazz quando Petrucciani apparve sulla scena internazionale; e lui, abbracciato al piano con il suo piccolo corpo sofferente, lo rivitalizzò.
Alessandra Levantesi Kezich, La Stampa, 24/6/2011

Critica (3):Non potendo esser normale, e dovendo scegliere fra essere strano o eccezionale, Michel Petrucciani è diventato uno dei più grandi pianisti jazz del Novecento. È lui stesso a dirlo, in Michel Petrucciani-Body & Soul (...). Della sua ombra e della sua luce – della sua stranezza e della sua eccezionalità – Michael Radford dà conto con una regia che è invece del tutto normale. È questo il limite del film. D'altra parte, la linearità del racconto, il rispetto con cui vengono usate immagini di repertorio e interviste, la rinuncia a un montaggio d'autore, tutto questo porta comunque in primo piano il corpo e l'anima del protagonista.
Alto un metro, con braccia e gambe tozze e deformi, per arrivare all'estremo della tastiera ci si deve quasi sdraiare sopra: così vediamo Petrucciani mentre affascina le platee. Ed è sorprendente come riesca a risollevarsi e a tornare seduto, questo omino con le ossa fragilissime a causa di una terribile malattia. Ha però mani enormi, che talvolta sembrano immergersi nel mare bianco dei tasti. Altre volte invece ci volano sopra. Sono tanto leggere quanto frenetiche, queste mani in cui vive e canta un intero universo d'emozione. E sono anche spavalde aggressive. Meglio ancora, sono eccessive. Ed eccessiva e tutta la sua vita: ''smisurata" con la musica come con le droghe, con l'alcol come con le donne.
Fin dall'infanzia Petrucciani sa che non vivrà a lungo. Anche in questo ha di fronte a sé una scelta drastica. Può rinserrarsi nella paura e nell'angoscia, per difendersi. Oppure può capovolgere il rapporto con il tempo e gli anni: aggredendoli, consumandoli, bruciandoli. E questo fa, con il coraggio irridente di un uomo in rivolta contro il fato e gli dèi. A quattro anni prende a martellate un piano giocattolo che i genitori, entrambi musicisti, gli hanno regalato. Solo in questo modo, racconta, è certo che poi ne avrà uno vero. Lo stesso accade con le donne. Ne ha molte, nella sua vita breve (muore a 36 anni, nel '99). E sempre le affascina con una spavalderia che niente teme. Da una di esse ha due figli, di cui uno eredita la sua malattia. Si chiama Alex, e lo si vede nel momento più doloroso del film di Radford. Ci pare infatti che tutto il coraggio, tutto l'eccesso, tutto il genio che il padre ha saputo volgere contro fato e dèi, nel figlio non bastino a trasformare la stranezza in eccezionalità, e che sulla vita di questo gravi tutta l'ombra proiettata dalla luce di quello.
Roberto Escobar, L’Espresso, 7/7/2011

Critica (4):
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