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Come l'ombra


Regia:Spada Marina

Cast e credits:
Soggetto: Daniele Maggioni; sceneggiatura: Daniele Maggioni; fotografia: Sabina Bologna, Giorgio Carella, Gabriele Basilico; musiche: Tommaso Leddi; montaggio: Carlotta Cristiani; scenografia: Margherita Corti; interpreti: Anita Kravos (Claudia), Karolina Dafne Porcari (Olga), Paolo Pierobon (Boris); produzione: Francesco Pamphili per Film Kairòs - Daniele Maggioni - Ombre Film; distribuzione: Istituto Luce; origine: Italia, 2006; durata: 87'.

Trama:Claudia vive sola a Milano, dove attende un'occasione. Di giorno lavora in un'agenzia di viaggi e la sera studia russo. Attratta dal suo nuovo insegnante ucraino lo invita a cena e tenta un approccio. Boris, scostante e misterioso, si sottrae al suo bacio maldestro, rendendosi poi irreperibile. Alla vigilia della partenza estiva per la Grecia, l'uomo si affaccia nuovamente nella sua vita per chiederle di ospitare qualche giorno la cugina Olga. Le loro solitudini si trasformeranno in un'amicizia profonda. Un fatto tragico e inaspettato la spingerà finalmente ad agire.

Critica (1):Presentato alle Giornate degli Autori di Venezia 63 e successivamente approdato nei prestigiosi festival internazionali di Toronto, Londra e Montpellier, il nuovo film di Marina Spada racconta una storia di solitudine a Milano, costringendoci a interrogarci su noi stessi e sul significato della nostra presenza fra le cose e le persone. Come nel cinema di Antonioni, la donna diventa il filtro della crisi, capace di recepire l'inquietudine dei tempi e di farsi carico della consapevolezza della solitudine e dell'incomunicabilità delle relazioni umane. Quelle che esistono dietro le nostre finestre, tra le architetture decadute della città, sotto le insegne luminose dell'Esselunga, lungo i binari delle stazioni metropolitane.
Quello della Spada è un cinema di silenzi, di tempi meravigliosamente morti, di riti e gesti ripetuti intesi a rappresentare l'epifania di una donna al termine di un viaggio esistenziale, dove il lavoro sembra essere la sola risposta alla solitudine. Nel suo film la figura femminile non è mai decorativa e non esiste in funzione del personaggio maschile, che incarna piuttosto l'"uomo senza qualità" antonioniano. Claudia, interpretata con carattere e misura da una blasonata ("Best Actress" a Mons) Anita Kravos, sembra incapace di provare a vivere e a integrarsi col mondo. Con Olga, la sua controparte bionda precipitata nella sua casa dall'Ucraina, recupera la pienezza del vivere e la partecipazione consapevole alla vita. La terza amica e terzo personaggio è invece Milano, quella multietnica degli immigrati di colore, del quartiere cinese, dei polacchi della Centrale, quella fotografata da Gabriele Basilico, anonima e senza storia, dove si perde l'identità. Campo d'azione privilegiato del suo sguardo è da sempre il paesaggio urbano milanese, dove il fotografo documentarista ricerca il dialogo incessante tra la specificità del luogo e il fatto che il mondo conosciuto e abitato si assomigli sempre di più.
Regia e fotografia mettono in relazione Milano (de-milanesizzandola) con luoghi diversi del mondo occidentale, globalizzando così le architetture e universalizzando la solitudine. Ma il cinema ritroso, radicato (nel milanese) e indagatore di Marina Spada è anche e ancora una volta un progetto politico, la ricerca di un'alternativa quando il fare cinema in maniera "tradizionale" diventa impossibile, quando il mercato del lavoro nega qualsiasi espressività individuale.
Marzia Gandolfi, mymovies 2007

Critica (2):Sono le solitudini che si incontrano, si incrociano e si perdono le protagoniste di Come l'ombra di Marina Spada, interessante opera italiana, finalmente sorprendente per la qualità di forma e contenuto, che si è fatta notare alle Giornate degli autori della Mostra del cinema di Venezia dello scorso anno e che ha collezionato importanti riconoscimenti nei festival di tutto il mondo prima dell'agognata distribuzione italiana. Sostenuta da una buona sceneggiatura, in forte odore Antonioni, scritta per lei da un esordiente, il produttore Daniele Maggioni, la regista ci indirizza lo sguardo nelle parentesi di una Milano da inghiottire, una città statica abitata da ombre che possono arrivare solamente a sfiorarsi, quelle di donne sole, in perenne attesa dietro le finestre chiuse delle proprie case, malinconicamente vuote di respiri che non siano il proprio. Claudia, la donna al centro (o sarebbe meglio dire all'angolo) di Come l'ombra, è un'anima che è diventata tutt'una col grigiore che la circonda, una quotidianità fatta di un lavoro che ben sintetizza un bisogno d'altrove e un'abitazione riempita unicamente dal rumore delle spugne passate su mobili e specchi.
E la solitudine della protagonista va ad incastrarsi in quel vuoto fagocitante della metropoli milanese, certamente diversa dall'immagine caotica che di essa abbiamo, qui presentata come città dell'alienazione, deserto che si riempie di ombre senza contorni, di corpi estranei che la occupano senza riuscire mai a possederla. Incisive le intuizioni di Gabriele Basilico che fotografa con rigore una Milano mai così immobile, declassando lo sguardo a luoghi poco riconoscibili, ad angoli nascosti, quelli del tempo che muore e dello spazio che reinventano continuamente gli immigrati. In questi luoghi l'altro diventa inconoscibile e anche la distanza di un passo finisce col risultare incolmabile. Dialoghi scarni e inevitabilmente insignificanti (qualcuno direbbe però naturali), ma immagini e silenzi densi di significato disegnano geometricamente il film di Marina Spada, il secondo dopo l'invisibile Forza Cani del 2002, diretto con grande maturità, spezzando abilmente i corpi nel nitore della tana abitativa e nell'impalpabilità dei non-luoghi metropolitani.
Come l'ombra si gode tutte le gioie e i dolori di uno sceneggiatore dotato, ma alle prime armi. Gli snodi narrativi non sono mai scontati, e quando il film sembra imboccare una direzione definita arriva istantaneo un cambio di rotta che porta gli eventi in territori imprevedibili. Così, subito dopo aver gettato le basi per raccontare la più classica delle storie d'amore tra due solitudini che si incontrano, Maggioni inserisce un terzo, misterioso personaggio che rivoluziona la storia, oscurando o illuminando le zone d'ombra col fascino dell'ignoto e facendo scoprire alla protagonista il gusto del condividere la quotidianità con un'altra persona. Da quel momento in poi, alla lentezza e al muto movimento dei corpi negli spazi deserti della vita, si aggiunge una nuova voce e una tensione lieve, ma crescente, che lascia immaginare uno sbocco tragico degli eventi. Ma anche in quest'occasione lo sceneggiatore ci sorprende e all'esibizione fracassona della tragedia preferisce la sospensione di un finale aperto, anche se così facendo lascia irrisolti nodi importanti e la sensazione, in fondo, di un'idea che si è ormai esaurita. Tocca a noi allora riempire i coni d'ombra ed interpretare i sottintesi di quella che alla fine si rivela per lo spettatore una visione estremamente stimolante. Ad averne film così.
Massimo Borriello, castlerock.it, 12/6/2007

Critica (3):

Critica (4):
Marina Spada
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