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Primi della lista (I)


Regia:Johnson Roan

Cast e credits:
Soggetto: Renzo Lulli; sceneggiatura: Davide Lantieri, Roan Johnson; fotografia: Tommaso Borgstrom; musiche: Ratchev & Carratello - la canzone "Quello che non ho" (di Fabrizio De Andrè) è interpretata da Claudio Santamaria, Francesco Turbanti, Paolo Cioni e dal vero Pino Masi; montaggio: Marco Guelfi; scenografia: Mauro Vanzati; arredamento: Giulia Parigi; costumi: Andrea Cavalletto; interpreti: Claudio Santamaria (Pino Masi), Francesco Turbanti (Renzo Lulli), Paolo Cioni (Fabio Gismondi), Sergio Pierattini (padre di Lulli), Daniela Morozzi (mamma di Lulli), Fabrizio Brandi (padre di Gismondi); produzione: Carlo Degli Esposti, Nora Barbieri, Conchita Airoldi, Patrizia Massa per Palomar e Urania Pictures con Rai Cinema in coproduzione con Rectangle Productions; distribuzione: Cinecittà Luce; origine: Italia, 2011; durata: 85’.

Trama:Il 1° giugno 1970 il movimento studentesco di Pisa riceve la preoccupante notizia di un imminente colpo di Stato militare. Per evitare i rastrellamenti, ai più esposti politicamente viene consigliato di trascorrere qualche giorno lontano da casa e tra loro c'è il cantautore Pino Masi, compositore dell'inno di Lotta Continua. Quando viene raggiunto dalla notizia, Pino si trova nella sua soffitta e, insieme a lui, ci sono due liceali ventenni, Renzo Lulli e Fabio Gismondi che attendono da molto tempo un 'provino' con lui. Così, quando Pino gli propone di accompagnarlo con la loro A112 fuori città, accettano e si dirigono verso il confine jugoslavo. In uno stato di paranoia sempre crescente, i tre ragazzi si convincono tra di loro del pericolo imminente e, dopo aver telefonato a casa e bruciato agendine e documenti che possano collegarli ai movimenti di sinistra, fanno rotta verso l'Austria. Quando però si accorgono di non avere documenti validi per l'espatrio, davanti a loro si pone un'unica via d'uscita...

Critica (1):I primi della lista trasforma in oro il 'piombo' dei favolosi anni 70, e fa luccicare la stagione delle lotte operaie e studentesche con tenerezza, humour e nostalgia. Esordio alla regia dello scrittore-sceneggiatore Roan Johnson, classe '74, nato a Londra da padre inglese e madre italiana, il film ripercorre la storia vera del liceale Renzo Lulli (Francesco Turbanti) che si trovò nel mezzo dell'Italia nera, quella sì di piombo, tra la strage di piazza Fontana e l'assassinio dell'anarchico Pinelli. Immagini d'epoca scorrono nel bianco e nero della Grecia dei colonnelli, e inquadrano l'avventura del liceale e dei suoi amici, Fabio Gismondi (Paolo Cioni) e Pino Masi (Claudio Santamaria), cantautore, in fuga verso il confine. (...) Magnifici Turbanti e Cioni al loro primo film, e, come sempre, impareggiabile Santamaria nella parte del 'leader', che poi, nei titoli di coda, incontreremo insieme agli altri veri protagonisti della storia, tutti finiti volontariamente ai 'margini'. Piccolo, imperdibile film italiano, riuscito a divincolarsi dalla morsa della Rai, (co-produttrice insieme a Urania Pictures e Palomar) che avrà visto solo tre compagni 'sciocchi' cantare 'Quello che non ho' di Fabrizio De André, piuttosto che i nostri fantasmi chiedere ancora i nomi degli stragisti.
Mariuccla Ciotta, Il Manifesto, 11/11/2011

Critica (2):Ci fu un momento, a cavallo fra gli anni '60 e '70, in cui alcuni giova­ni italiani pensarono di emigrare. No, non sognavano l'Erasmus, né il trip psichedelico a Londra o l'immersione cinefila a Parigi. Non inseguivano un sogno, fuggivano da un incubo. L'incubo della Grecia, dove i colonnelli avevano da poco preso il potere; del ritorno del fascismo, attraverso un golpe che sembrava davvero possibile. Oggi può sembrare incredibile, e un giovane sogna di espatriare per motivi del tutto diversi. Eppure I primi della lista, che racconta una storia vera avvenuta nel giugno del 1970, è un film di sorprendente attualità. Ma a questo arriveremo alla fine. Vediamo invece chi era Pino Masi, e chi erano Renzo Lulli e Fabio Gismondi, che lo seguirono in un tragicomico progetto di esilio politico (li interpretano Claudio Santamaria, Paolo Cioni e Francesco Turbanti, bravissimi).
Masi era un nome noto del movimento. Nato politicamente a Potere Operaio e passato a Lotta Continua, militava nel Nuovo Canzoniere Ita­liano ed era famoso per La ballatadel Pinelli, dedicata all'anarchico ucciso a Milano dopo piazza Fontana. Lulli e Gismondi erano invece due liceali, pisani come lui, bravi a suo­nare la chitarra e spaventati dall'aggressività dei fascisti nella città toscana. Nel film – e, pare, nella realtà – tutto nasce per accumulo di equivo­ci. Renzo e Fabio vanno a casa di Pino perché il primo sogna di suonare con lui. Lo trovano in paranoia, pronto a fuggire di casa perché il golpe è imminente. Siccome Renzo è l'unico con la macchina, si fanno scarrozzare da lui fino a Cascia dove un amico forse li può ospitare. L'ami­co è anch'egli uccel di bosco e Pino li convince: bisogna espatriare in Jugoslavia, dove «sono tutti compagni». Detto e fatto, l'utilitaria di Renzo si fionda sull'autostrada. A un au­togrill, incrociano una colonna di militari diretti a Roma: ecco la prova, il golpe è per domattina (nessuno pensa che è il 2 giugno, a Roma c'è la parata). Al confine jugoslavo i controlli sembrano invalicabili. Nessun problema, si va in Austria, «un paese democratico». Al valico di Tar­visio avviene l'incredibile: i tre mollano l'auto e varcano il confine a piedi, i doganieri italiani li inseguono armi in pugno e le guardie austriache... fermano i doganieri, accusandoli di invasione. Il giorno dopo, mentre il ministro degli Esteri Aldo Moro è informato dell'incidente alla frontiera, i tre chiedono asilo politico: giurano che in Italia c'è stato un colpo di stato, il commissario austriaco risponde serafico che a lui «non risulta». Arrivano i genitori, per riportarseli a casa. II commento del padre di Gismondi, è quello – probabilmente – di molti spettatori di oggi: «Che tre coglioni!».
E invece Pino, Renzo e Fabio non erano tre «coglioni». Erano un giovanotto un po' paranoico (Masi aveva 24 anni) e due ragazzini impauriti da un'aria politica molto pesante. Giustamente Roan Johnson (regi­sta) e Davide Lantieri (co-sceneggiatore) chiudono il film con una scritta che sarà, per molti, un utile ripasso: nel dicembre del 1970 ci fu il ten­tato golpe di Junio Valerio Borghese, quindi le paure del Masi non erano poi così folli. Nella sua comicità lieve e stralunata, I primi della lista sembra la risposta extra-parlamentare a Vogliamo i colonnelli, girato da Monicelli nel '73: peccato che il grande Mario non conoscesse questa storia, era perfetta per lui. Ma Johnson, italo-inglese cresciuto a Pisa, è degno di cotanto maestro e firma un film davvero insolito. Che si chiude sui veri Pino, Renzo e Fabio: se il primo è ancora un cantastorie in attività, gli altri due hanno vissuto girando il mondo, scolpendo sta­tue e vendendo antiquariato, attualissima lezione per tutti i figli della globalizzazione che si chiedono come affrontare il futuro.
Alberto Crespi, L’Unità, 11/11/2011

Critica (3):

Critica (4):
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