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Frank Gehry: creatore di sogni - Sketches of Frank Gehry


Regia:Pollack Sydney

Cast e credits:
Fotografia: Marcus Birsel, Claudio Rocha, George Tiffin; musiche: Claes Nystrom, Jonas Sorman; montaggio: Karen Schmeer; interpreti: Michael Eisner, Frank O. Gehry, Bob Geldof, Dennis Hopper, Philip Johnson, Sydney Pollack, Eddie Ruscha, Julian Schnabel; produzione: Mirage Enterprises, Public Broadcasting Service (Pbs), Sp Architecture; distribuzione: Bim; origine: Germania - Usa, 2005; durata: 90'.

Trama:Un appassionante racconto della vita del celebre architetto canadese Frank Gehry, attraverso la sua stessa voce, in una serie di interviste condotte da Pollack, suo amico di vecchia data, arricchito dalle presenze di amici, tra i quali, Dennis Hopper, Julian Schnabel, Bob Geldof, e dalle riprese delle sue opere in giro per il mondo.

Critica (1):Bisogna andare fuori, oltre l'ufficialità delle forme, la formalità dello sguardo, per spalancare e subito dopo sgranare gli occhi: Pollack è un grande e lo dimostra anche come documentarista (genere da lui praticamente inesplorato). Gira a spasso per il mondo e sul grande architetto Frank Gehry, che preferisce la qualità dello schizzo, da cui nascono le sue opere, che preferisce l'aspetto esitante, catastrofico, la sensazione di un lavoro in corso, piuttosto che la supposizione di una finalità totale, risoluta. In tutto quello che ha fatto, Gehry è di una originalità che arriva a toccare anche una perversa visione delle linee, della fisica dei materiali. Pollack ha passato qualche ora con lui, ha chiacchierato senza aver bisogno di scavare nell'intimità, perchè quest'ultima è affiorata attraverso il processo creativo che l'artista/architetto segue ogni volta, nella sua vita. Gehry ama costruire le sue opere con le proprie mani, in anteprima, con il cartone e lo scotch, per poi trasformarle in sculture gigantesche di titanio e vetro, di pietra e acciaio. Pollack ha girato il suo capolavoro con due macchine, una digitale e l'altra in pellicola. Grazie a questo approccio, il regista è riuscito a entrare nell'atelier di Gehry, restandoci per alcune ore e riuscendo a non essere mai invasivo e assolutamente aderente al personaggio. L'aspetto informale di questo documentario cattura tutta la genialità dell'architetto, uno dei più discussi e amati al mondo, realizzatore di opere tra le più importanti dell'era moderna, come il Museo Guggenheim di Bilbao e il Walt Disney Concert Hall di Los Angeles. Il dialogo tra i due, intervallato dall'esplorazione delle opere architettoniche che Gehry ha disseminato per il mondo, condensa intimità mai esposta esplicitamente e una lunga amicizia in una melodia di curve e di luce riflessa dal genio. Il documentario non tratta di teoria ma di rarefazione e poesia della fisica: la teoria, in realtà, è messa a nudo, aprendosi a nuove prospettive sulla via del processo creativo mai unico e ordinario. Sia Pollack che Gehry sono demiurghi del gesto creativo, che magicamente compongono la scissione tra invenzione formale e complessità tecnologica. Gehry pesca dal ready-made di Duschamp, dagli scarti del Nouveau Realisme, dalle surreali ovvietà della Pop Art, dal dinamismo del Futurismo (anche gli schizzi lo dimostrano), dall'assemblage di uno dei più grandi artisti viventi, se non dislessico, Rauschenberg. Come Pollack, anche Gehry, crede che l'arte, il cinema, l'architettura debbano dialogare con il vicino, saldare il rapporto tra individuo e collettività. Una frase di Gehry che troverebbe d'accordo uno come Pollack, che sembra trovare con lui una magica simbiosi, e' quella del palazzo che differirebbe da una statua solo perchà all'interno ci sono i gabinetti. Gehry riscatta i suoi palazzoni liberandoli dalla staticità e immobilità che li imprigiona, recuperando una delle poche forme artistiche autenticamente americane, l'espressionismo astratto dell'action painting. Proprio come Pollack, che nel suo cinema, ed anche in questo capolavoro documentaristico, ci trovi l'immediatezza, la complessità e l'autenticità emotiva: rozzo e crudo, morbido e sommesso. In Pollack non c'è immagine cattiva che scaccia quella buona, perchè non è la presunta forma autoriale che domina il percorso strutturale del comando. Cinema che traduce simultaneamente il contenuto organizzato e canalizzato, che non allinea, ma espande le minoranze del visivo. Pollack attraverso Gehry e l'architettura attraverso il cinema, estrinsecano in modo dirompente le tensioni sia dell'anima che della materia, della tecnica e dell'arte.
Leonardo Lardieri, sentieriselvaggi.net, 25/05/2006

Critica (2):Uno dei nomi più originali dell'architettura contemporanea, autore di vere e proprie meraviglie come il museo Guggenheim di Bilbao, il protagonista di questo affettuoso medaglione lascia entrare Pollack nel processo creativo del proprio lavoro, e nel terrore che ne accompagna il percorso. Dall'idea ispiratrice alla fase dell'abbozzo fino ai tentativi di visualizzarlo, coadiuvati dalla tecnologia tridimensionale e dalla perizia paziente dei collaboratori. Tra le testimonianze di amici, clienti, estimatori, spicca quella curiosissima dei suo anziano psichiatra. "Le persone che vengono da me mi chiedono di aiutarle a risolvere i loro problemi. Quando viene da me un artista, mi chiede come cambiare il mondo". A metà tra film industriale e ritratto di personalità eccentrica, tra paure e narcisismo ugualmente incombenti, un lavoro pulito e ironico che riafferma l'urgenza di una visione del bello.
Raffaella Giancristofaro, Rolling Stone, febbraio 2007

Critica (3):

Critica (4):
Sydney Pollack
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