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Memento - Memento


Regia:Nolan Christopher

Cast e credits:
Soggetto
: Jonathan Nolan; sceneggiatura: Christopher Nolan; fotografia: Wally Pfister; musiche: David Julyan; montaggio: Dory Dorn; scenografie: Patti Podesta; costumi: Cindy Evans; interpreti: Guy Pearce (Leonard), Carrie-Ann Moss (Natalie), Joe Pantoliano (Teddy), Mark Boone Junior (Burt), Jorja Fox (moglie di Leonard), Stephen Tobolowsky (Sammy), Harriet Sansom Harris (Signora Jankis), prodotto da: Suzanne Todd e Jennifer Todd; distribuzione: Istituto Luce; origine: USA, 2000; durata: 113’.

Trama:Leonard Shelby dà la caccia all’assassino di sua moglie, episodio luttuoso che gli ha anche provato uno shock permanente: la perdita della memoria breve, che lo costringe ad accumulare foto, tatuaggi e appunti sulle persone che incontra, sulle azioni che compie e sugli indizi che ha a disposizione.

Critica (1):Leonard, in seguito ad un terribile trauma (sua moglie è stata violentata e uccisa mentre lui dormiva nella stanza accanto) ha riportato un disturbo della memoria che non gli permette di ricordare oltre un quarto d’ora ciò che gli accade. Ricorda perfettamente chi era, come viveva, cosa faceva prima dell’incidente, ma da quel momento in poi la sua vita si è frantumata in pezzettini autonomi e sconnessi. L’identità è perduta e la ragione del proprio esistere va di volta in volta ritrovata o reimpostata partendo dal nulla, o dagli indizi che Leonard lascia a se stesso per non smarrire la strada, per non permettergli di dimenticare la sua missione: trovare chi ha stuprato e ucciso sua moglie, e vendicarla. Ma non c’è nulla di certo per chi vive di un’autocoscienza a tempo determinato: chiunque può usare Leonard, prendersi gioco di lui, fingersi ciò che non è, reinventarsi diverso ogni quarto d’ora. Leonard cerca di non perdersi nel frammento nebbioso del presente lasciando tracce concrete in quello che per lui è un mondo onirico, tra il sonno e la veglia, senza certezze solide. Lascia a sé stesso indizi oggettivamente veritieri per arginare l’incertezza e il disorientamento di quella che ogni volta si configura per lui come una nuova nascita, un risveglio in una realtà oscura e potenzialmente minacciosa. Prende appunti, scatta fotografie, scrive ciò che ritiene fondamentale sulla sua pelle, tatuando di volta in volta il suo corpo con segni indelebili che per lui sono mappe irrinunciabili: “Il presente è un vuoto che ricopio sui miei maledetti appunti”. Cosa è oggettivamente accaduto? Il racconto parte dall’evento finale, a cui tornerà nell’ultima sequenza per svilupparsi in una direzione imprevista e spiazzante, e si sviluppa per frammenti, come la vita del protagonista. Lo spettatore è messo nella sua stessa condizione: non conosce il suo passato, non ha memoria. La storia di Leonard viene rivelata attraverso scene a colori e in bianco e nero, e man mano che si va avanti (che significa tornare indietro), cambia il significato dei fatti: alleati, assassini, vittime, cambiano posto come in un caleidoscopio. Il punto di arrivo è l’assassinio che Leonard compie, rivelato nella prima sequenza, ma proiettato al contrario: è questa la chiave di lettura di tutto il film, che torna nel passato per scoprire le ragioni del presente, riflettendo con acume e sensibilità sui temi dell’identità e della memoria. Le regole del thriller sono d’un balzo superate e sovvertite: le carte vengono mescolate fino allo stordimento, fino a che anche lo spettatore tende a confondere ricordi, personaggi, verità, menzogna, realtà e sogno. Si lascia la sala con tanti interrogativi che scoppiettano nella testa, con la voglia di rivedere il film munendosi di carta e penna per non perdere nessun indizio, di rivederlo in video per poter mettere ordine nella miriade di sequenze che non lasciano mai una sensazione di compattezza, ma al contrario disorientano ancor più lo spettatore proprio perché, riassestate forzatamente con la logica di chi ricostruisce l’accaduto, tornano subito a spezzettarsi nel ricordo di chi ha visto per frammenti. La realtà si rivela sfuggente, inafferrabile nel ricordo, inaffidabile nel dato di fatto. Non potremo mai sapere se a dire la verità sia il Signor Ponza o la Signora Frola, ma forse, rivedendo ancora Memento con l’attenzione maniacale di uno Sherlock Holmes, potremo riuscire a scoprire qualcosa in più su questi personaggi così ambigui e su questa storia documentata da foto e fatti, ma bagnata e distorta dalle oniriche allucinazioni.
Ersilia D’Alessandro, Cinema Studio.com

Critica (2):Un film girato tutto in rewind, che lo spettatore deve ricostruire passo passo alla ricerca della verità. Quella a cui Leonard Shelby - un Guy Pearce modellato su Brad Pitt, solo un po’ più affilato di faccia, affiancato da una Carrie-Anne Moss inedita per i cultori di Matrix - con i suoi ricordi ad alta deteriorabilità, non ha più accesso, circondato com’è da personaggi ambigui, uomini e donne che si parano sul suo cammino e cercano di aiutarlo, o di servirsi di lui.
Non poter più distinguere l’amico dal nemico, doversi fidare solo del proprio istinto, come un animale, di piccoli gesti rivelatori. Questo è il vero handicap di Lenny. Essere senza passato, senza futuro, come un animale. Ma non completamente. Questa è la sua maledizione. Altrimenti sarebbe perfettamente libero. Mano a mano che il film va avanti il gioco si fa più scoperto, rimettiamo insieme piccole tessere del puzzle, il meccanismo ad orologeria degli indizi e degli inganni si stringe, sfiora a volte il comico tanto è vulnerabile il nostro eroe (antieroe), diventa quasi irritante. Memento è un noir che non si scioglie e non consola, perché alla fine ci troviamo davanti soltanto a un’ultima interpretazione, forse un’ultima bugia. Che ci fa capire che la verità è qualcosa di più o qualcosa di meno della somma dei nostri ricordi. Quelli che abbiamo. E quelli che avremo, forse.
Laura Pugno, Cinema Zip

Critica (3):Memento, l'opera seconda del britannico Christopher Nolan (il suo debutto alla regia è avvenuto lo scorso anno con Following), è uno di quei film fatti per essere visti due o addirittura tre volte. Tratto da un libro del fratello di Nolan, Jonathan (che a sua volta si rifà ad un celebre racconto di Oliver Sacks), il film - sicuramente ambizioso ed enigmatico - si inserisce a tutti gli effetti nella migliore tradizione del genere noir. Girato nella periferia di Los Angeles con un budget di 4,5 milioni di dollari e 26 giorni di lavorazione, Memento è un thriller psicologico che scava nella mente di un uomo incapace di conservare il ricordo degli eventi vicini. Leonard (interpretato da Guy Pierce) è il protagonista trentenne che soffre di una rara malattia della memoria; l'uomo è anche alla ricerca dell'assassino della moglie e ogni giorno deve ricostruire quanto è avvenuto o ha scoperto durante il precedente. La sua vita viene "riorganizzata" a ritroso con fotografie, grafici e tatuaggi, unici segni tangibili di una realtà ambigua ed evasiva. Il nostro "uomo senza memoria" cerca in questo modo di arrivare ad una plausibile verità e vuole vendicare la moglie.
La narrazione utilizzata da Christopher Nolan non è mai lineare: lo spettatore, infatti, è costretto a non mollare mai l'attenzione su un racconto cinematografico che passa continuamente da flashback a flashforward, dal bianco e nero al colore e dal passato al presente. Come nella migliore tradizione noir Leonard è un eroe solitario che avanzando (sarebbe meglio dire retrocedendo) nell'indagine fa riemergere fantasmi, incubi e paure. Nel "nero" di solito a pochissimi importa sapere "chi è stato", gli spettatori vogliono emozioni ma non intendono sforzarsi a indovinare l'enigma caro ai gialli classici e anche in Memento quel che conta non è tanto "chi fa cosa e a chi" bensì l'atmosfera creata dalla complessità della narrazione. Nolan non si fissa in uno schema formale lineare, ma utilizza strutture (l'inchiesta, la caccia ecc.), ne esplora altre - per quanto concerne l'intrigo, per il quale moltiplica i punti di vista - mettendole in gioco una contro l'altra. Memento, proposto nell'ambito della vetrina "Cinema del presente", può essere considerato un "nero" senza soluzione, senza conclusione, un macchinoso e, forse un po' troppo, intellettuale gioco di scatole cinesi; un racconto labirintico costruito sulla funzione evocatrice della memoria.
Sandra Campanini, Cineforum n. 399, 11/2000

Critica (4):
Christopher Nolan
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