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Single Man (A) - Single Man (A)


Regia:Ford Tom

Cast e credits:
Soggetto: dal romanzo Christopher Isherwood; sceneggiatura: Tom Ford, David Scearce; fotografia: Eduard Grau; musiche: Abel Korzeniowski, Shigeru Umebayashi; montaggio: Joan Sobel; scenografia: Dan Bishop; costumi: Arianne Phillips; effetti: Seb Caudron, Engine Room; interpreti: Colin Firth (George), Julianne Moore (Charlotte), Matthew Goode (Jim), Ginnifer Goodwin (Sig.ra Strunk), Nicholas Hoult (Kenny), Paulette Lamori (Alva), Ryan Simpkins (Jennifer Strunk), Teddy Sears (Sig. Strunk), Nicole Steinwedell (Doris), Paul Butler (Christopher Strunk), Brent Gorski (Walter), Adam Shapiro (Myron Hirsch), Adam Gray-Hayward (Russ), Aaron Sanders (Tom Strunk), Marlene Martinez (Maria); produzione: Tom Ford, Chris Weitz, Andrew Miano e Robert Salerno per Artina Films-Depth of Field-Fade To Black Productions; distribuzione: Archibald Film; origine: Usa, 2009; durata: 95’.

Trama:1962. George è un professore universitario di origine inglese che vive in California. A causa di un incidente stradale, George perde Jim, il compagno con cui ha condiviso 16 anni di vita, e si trova improvvisamente a dover fare i conti da solo con i pregiudizi che circondano gli omosessuali. Quando anche il suo vicino di casa ingaggia una furiosa lotta personale contro di lui e Kenny, uno dei suoi studenti si convince di essere la sua anima gemella e di non volersi tirare indietro, George trova appoggio nella sua amica di sempre, Charlotte...

Critica (1):Patinato, elegante, quasi metafisico, sinceramente convesso senza pietismi su un uomo che in una giornata deve riuscire a rimuovere la propria solitudine o s' uccide, il primo film dello stilista Tom Ford è glamour e stupefacente. Ha stile e non i difetti dei «deb», riesce a modificare col piacere dell' età, l' ultimo bellissimo romanzo del 1964 di Isherwood che Adelphi ha editato, iniziando dalla fine a ripubblicare lo scrittore inglese, amico di Auden e Hockney, noto per la prima stesura di Cabaret. Citazioni letterarie: elimina «Le due culture» di Charles Snow, cult d' epoca, mantiene Huxley e inserisce Capote ed Ovidio. Se il libro, dedicato a Gore Vidal, insiste sul senso del passato, il film mostra l' esperienza fenomenologica di un uomo che, già con pistola carica, rimuove inconscio il lutto per il compagno morto, riscoprendo i piaceri e le generosità naturali: avanti un altro. Ma lo spirito del romanzo è rispettato nei desolati panorami alla Hopper in cui l' inglese prof. George divide la solitudine con una amica, la furiosa e cotonata Julianne Moore che lo trascina nel twist vodka e gin di «Green onions». Siamo nel 1962, il regista aveva un anno. Cuba e le armi nucleari, ma anche l' alito cattivo, impauriscono la middle class, il poster di Psycho impazza, il professore in classe parla dei timori razzisti nascosti, gettando un amo raccolto dall' universitario che amabilmente lo molesta con un bagno nudo notturno in oceano. Ford dirige, veste e produce un film che vorrebbe essere muto, elegantemente disegnato in cui riversa la sua storia e il cui senso, partendo certo dall' amore gay è però rivolto a tutti, vincendo con la discrezione del vissuto l' immagine effimera del cinema. Basta la scena di Colin Firth al telefono a metterlo tra i grandi: gestisce la storia con profonda misura e copyright espressivo, mosse psicologiche impercettibili, raggiungendo un suo mini Nirvana. Film vicino al Bogarde ricattato di Victim e alle domeniche maledette domeniche di Finch, pudico anche se Ford ha inserito un ragazzaccio spagnolo: il miracolo è restar in equilibrio tra i piani espressivi inclinati di «Blue moon» e della «Wally» di Catalani, di Losey e Wong Kar-wai, il realismo del suicidio annunciato col nodo Windsor della cravatta pronto e l' astrattezza raggiunta da chi dice proustianamente: «Vivere il passato è il mio futuro».
Maurizio Porro, Il Corriere della Sera, 15/1/2010

Critica (2):Sorpresa della Mostra di Venezia 2009, opera prima dello stilista Tom Ford (Gucci, Yves Saint Laurent), A single man cattura l'eleganza estetica-erotica di Christopher Isherwood, lo scrittore inglese che sbarcò a Los Angeles, era il 1939, nella luce trasparente di una magica casa firmata Rudolf Schindler. (…) Il film è liberamente ispirato al romanzo dal titolo omonimo (…) che racconta di un «uomo solo» dopo la scomparsa dell'amato Jim (Matthew Goode) morto in un incidente d'auto. Colin Firth, nominato miglior attore, interpreta la parte di George Falconer, professore permeato di spiritualità induista (Isherwood tradusse e scrisse saggi sui Vedanta, i libri sacri indù) che dà ordine alla sua ultima giornata e compone una geometria maniacale di gesti, oggetti e sentimenti, cravatte e vestaglie, musiche e parole da antologia mistica. Sottrazione di gusto anti-decorativo, un film hitchcockiano, ma che ama l'audacia degli accostamenti, flanella grigia e acrobazie cromatiche per rievocare l'atmosfera degli anni Sessanta, memorie dello scrittore innamorato «scandalosamente» di un ragazzino, Don Bachardy (che appare nel film)al suo fianco fino alla morte (1986). Sensualità transgender, A single man inanella le visioni fuori fuoco di George, tentato dal balletto seduttivo di Julianne Moore, intensa come Gena Rowlands in Volti di Cassavetes, la fidanzata di un tempo, che, sola anche lei, il marito l'ha abbandonata, cerca di riconquistarlo alle virtù etero. Ma il suicidio premeditato resta in programma. George coglie la bellezza nei tanti flash che lo attraversano, lo studente innamorato, stretto in un soffice golfino d'angora rosa, la ragazza dalle labbra rosse, il corpo lucido di tennisti occasionali, un cover-boy spagnolo incontrato al drugstore... Nulla però lo consola, nemmeno la massima di sua madre: «L'amore è come l'autobus, basta aspettare un po' e ne passa un altro». George insegna con rabbia ai suoi allievi gli effetti della paura, l'arma dei politici per dominare e discriminare le minoranze, perfino gli «invisibili», sullo sfondo dei missili sovietici in viaggio verso Cuba, 1962. Vive nella passione dell'assenza e danza sulle vibrazioni elettroniche di Green Onions che si fondono con la musica di Abel Korzeniowski (In the mood for love). Tom Ford confeziona soavemente la sua «giornata particolare» (il regista firma la sceneggiatura) quasi un nuovo inizio nello scandire del tempo, nella collezione di piccole cose rivelatrici di felicità. Il film deve molto al documentario di Tina Mascara e Guido Santi, Chris & Don, controcampo visivo ed emozionale, saturo delle parole di Isherwood, che lo stilista traduce in forme lievi, estenuanti come le estati perdute di George.
Mariuccia Ciotta, Il Manifesto, 15/1/2010

Critica (3):

Critica (4):
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