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Signor Diavolo (Il)


Regia:Avati Pupi

Cast e credits:
Soggetto: da un racconto di Pupi Avati; sceneggiatura: Antonio Avati, Pupi Avati, Tommaso Avati; fotografia: Cesare Bastelli; montaggio: Ivan Zuccon; costumi: Maria Fassari; effetti: Sergio Stivaletti, Ivan Tozzi; suono: Pompeo Iaquone; interpreti: Riccardo Claut (Paolino Osti), Eva Antonia Grimaldi (madre di Paolino), Gabriel Lo Giudice (Furio Momenté), Filippo Franchini (Carlo Mongiorgi), Massimo Bonetti (Giudice Malchionda), Alessandro Haber (padre Amedeo), Gianni Cavina (sagrestano), Lino Capolicchio (Don Zanini, parroco), Chiara Caselli (Clara Vestri Musy), Chiara Sani (Maria Mongiorgi, madre di Carlo), Cesare Cremonini (Giulio Mongiorgi, padre di Carlo), Andrea Roncato (Dott. Rubei), Lorenzo Salvatori (Emilio); produzione: Antonio Avati, Pupi Avati per Duea Film; distribuzione: 01 Distribution; origine: Italia, 2019; durata: 86’.

Trama:Ambientata nel Polesine negli anni '50. Un bambino muore, per malaria dicono i medici, ma l'amico ritiene che sia rimasto vittima di una maledizione, per aver profanato un ostia durante la prima comunione. Per vederci chiaro cercherà di entrare in contatto con una figura misteriosa che si dice abbia rapporti col Maligno in persona.

Critica (1):Che la Democrazia Cristiana non potesse tutto, e forse nemmeno la Chiesa, pardon, la sacrestia, lo postula uno che non si direbbe, l’ottantenne Pupi Avati. Tornando al genere che ne cullò gli esordi, l’horror a voltaggio gotico dunque sacrale, il regista bolognese inquadra il grande rimosso contemporaneo, il male, e non teme, anzi, cerca di mettersi allo specchio: il diavolo probabilmente.
Lungi dal determinismo, affrancato dal libero arbitrio, marca a uomo ma gioca a zona, giacché “il diavolo è chiunque e ovunque”. In zone a lui conosciute tanto quanto a Igor il Russo, le Valli di Comacchio ed Emilia involuta, insidia apparenze e istilla dubbi, apparecchiando infanticidi, scomodando ministeri degasperiani, frugando superstizioni e… affinando canini.
Quel che era vecchio è nuovo, anzi, è lo stesso, credulità e bigottismo per primi: Il Signor Diavolo dà del lei allo spettatore non (solo) per marcare un’aristocratica distanza, ma per segnalare la mancanza tra quel che pensiamo e quel che dovremmo, tra quel che siamo e quel che potremmo, nei riguardi del male e del nostro stare al mondo.
Un ispettore non eccelso cercherà di sincerarsi, tutti gli altri di ingarbugliare e imbrogliare, Avati di ritrovarsi, dopo una non gratificante parentesi televisiva. Con gli aviti Lino Capolicchio, Gianni Cavina, Alessandro Haber e Massimo Bonetti, oltre che Gabriele Lo Giudice, Filippo Franchini e Andrea Roncato, si ritorna là dove le case hanno finestre che ridono e le notabili – Chiara Caselli, brava – le calze smagliate: la Balena Bianca impera, i religiosi non si toccano, i libri – il suo omonimo del 2018 – finiscono diversamente.
Sergio Stivaletti agli effetti, Amedeo Tommasi alle musiche e un déjà-vu che dribblando il vintage sa divenire scomoda inattualità, Il Signor Diavolo fa di necessità virtù, e ancor più il contrario: la forfora sulle giacche, le fronti imperlate, i volti sbranati, il verosimile è continuamente strattonato, ma a uscirne malconce sono le nostre certezze. Il diavolo certamente.
Federico Pontiggia, cinematografo.it

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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