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Mio nome è Nessuno (Il)


Regia:Valerii Tonino

Cast e credits:
Soggetto: Ernesto Gastaldi, Fulvio Morsella, Sergio Leone; sceneggiatura: Ernesto Gastaldi; fotografia: Giuseppe Ruzzolini, Armando Nannuzzi; musiche: Ennio Morricone – dirette da Ennio Morricone, chitarra solista Bruno Battisti D'Amario; montaggio: Nino Baragli; scenografia: Gianni Polidori; costumi: Vera Marzot; effetti: Gianni Corridoni; interpreti: Terence Hill (Nessuno), Henry Fonda (Jack Beauregard), Leo Gordon (Red), Jean Martin (Sullivan), Geoffrey Lewis (il finto barbiere), Piero Lulli (lo sceriffo), Mario Brega (Pedro), Franco Angrisano (il ferroviere), R.G. Armstrong (Honest John), Marc Mazza (Don John), Remus Peets (Big Gun), Antoine Saint John (Scape), Benito Stefanelli (Porteley); produzione: Rafran Cinematografica-Les Films Jacques Leitienne-La Societé Imp-Ex Ci; distribuzione: Cineteca di Bologna; origine: Italia-Francia-Germania, 1973; durata: 118’.

Trama:Il giovane e scanzonato Nessuno, più pronto alla beffa che all'uso della pistola (nella quale, tuttavia, è abilissimo) ha come suo modello il leggendario pistolero Jack Beauregard. Anziano, stanco, costui – che ha un conto da saldare con l'uomo che gli ha ucciso il fratello – s'accontenta di prendergli dell'oro, non desiderando ormai altro che lasciare il West e imbarcarsi per l'Europa. Quando Nessuno, che non ha mai cessato di tallonare l'uomo che ammira, scopre la deludente verità, decide di non lasciar partire Beauregard prima di avergli fatto compiere un'ultima impresa, che dovrà farlo 'entrare nella storia': lo sterminio del 'Mucchio selvaggio', centocinquanta fuorilegge che terrorizzano alcuni stati dell'Unione. Nessuno, agendo d'astuzia, tanto fa da costringere il riluttante Jack ad affrontare la banda, che cade sotto i colpi del suo fucile. In un bizzarro duello finale, destinato a dare gloria a Nessuno, Jack fingerà di lasciarsi uccidere da lui, per salire poi sulla nave che dovrà condurlo finalmente in Europa.

Critica (1):«Proprio come ai bei tempi», dice il giovane che si chiama Nessuno per incitare il vecchio gunfighter Jack Beauregard all’impresa più temeraria della sua carriera. «I bei tempi non ci sono mai stati», risponde secco l’eroe. In queste due battute è contenuto tutto il senso dell’operazione che Sergio Leone, produttore, e Tonino Valerii, regista, intendono compiere con Il mio nome è Nessuno. Da una parte c’è Henry Fonda, il Far West in persona, una leggenda che cammina; dall’altra c’è Mario Girotti alias Terence Hill, dissacratore, pagliaccio e mangiatore di fagioli. Siamo nel 1899, al tramonto del western storico, e il giovanotto se la gode a mostrare al pistolero stanco una tomba su cui sta scritto: Sam Peckinpah. All’ultimo regista del West, che i nostri amici dello spaghetti western si divertono a dare per morto, rimanda anche la presenza del mucchio selvaggio: 150 cavalieri che avanzano in gruppo alzando un gran polverone e al suono della Cavalcata delle Walkirie. Sul binario della ferrovia, istigato dal giovane ammiratore-contestatore, li attende da sola e a piè fermo il glorioso sceriffo di Sfida infernale. L’ambivalenza di Leone nei riguardi del mito americano, da una parte riproposto con alata ispirazione e dall’altra vergognosamente sfregiato, è un atteggiamento che ha caratterizzato i migliori anni della nostra vita: il dibattito del film, insomma, ci riguarda da vicino. (…)
Tullio Kezich, Il Mille film. Dieci anni al cinema 1967-1977, Edizioni Il Formichiere

Critica (2):Il mio nome è Nessuno porta la firma di Tonino Valerli, ma pare che le scene piú riuscite (i duelli, la battaglia con il « mucchio selvaggio », l'inizio con i tre killer, tanto simile a quello di Il buono, il brutto, il cattivo) siano state girate da Leone stesso. Il tema centrale del film è il rapporto tra Nessuno (Terence Hill), un pistolero giovane e scanzonato, e Jack Beauregard (Henry Fonda), pistolero della vecchia guardia, forse addirittura l'ultimo rimasto nel West. Beauregard è stanco, e ha intenzione di passare gli anni che gli restano in Europa. Ma Nessuno vuole farlo uscire di scena alla grande, con un'impresa di quelle che si tramandano nei libri di storia, e gli organizza uno scontro con la banda denominata « il mucchio selvaggio ». Beauregard vorrebbe evitarlo, ma Nessuno è testardo e ottiene il suo scopo. Poi, per togliere Beauregard da una posizione molto scomoda, lo "uccide" in un finto duello. Il vecchio pistolero, creduto morto da tutti, può cosí partire per l'Europa.
Film sottilmente nostalgico, Il mio nome è Nessuno riprende alcuni temi già affrontati da Leone: Nessuno e Beauregard discendono dal Monco e Mortimer di Per qualche dollaro in piú (anche loro "giocano" a spararsi ai cappelli), sebbene qui il contrasto generazionale sia accentuato dal fatto che Nessuno risolve le situazioni con uno sberleffo, mentre Beauregard continua a fare sul serio come ai vecchi tempi. Da C'era una volta il West è ripreso il tema della fine dell'epoca: il film è ambientato nel 1899, alle soglie del Novecento, e il ritmo del racconto è spesso scandito dal ticchettio di un orologio. Al duello finale tra Nessuno e Beauregard assiste anche un fotografo, che addirittura chiede ai contendenti di spostarsi perché non entrano nell'inquadratura: i vecchi tempi sono ormai tramontati (Sundowner si chiama appunto la nave che porterà Beauregard in Europa). La cosa importante è che Nessuno – cioè Terence Hill, cioè Trinità – si rende conto che può esistere solo perché prima di lui c'è stata gente come Beauregard – cioè Henry Fonda, cioè il West di Ford e quello di Leone. È, da parte dell'autore, un voler restituire alle cose la giusta dimensione perché, sull'onda dei nuovi successi, la gente non dimentichi dove tutto questo è nato.
Leone non rinuncia a qualche citazione classica, come quando per il finto duello che conclude il film si ispira a The Fastest Gun Alive (La pistola sepolta, 1956) di Russell Rouse. Né manca l'ennesimo omaggio a Chaplin quando Nessuno, al Luna Park, mangia avidamente la mela di un attonito bambino, come Charlot faceva con una ciambella in The Circus (Il circo, 1928). Ma ciò che colpisce maggiormente è una frecciata ironica rivolta al cosiddetto « nuovo western » americano: nel cimitero indiano in cui Nessuno e Beauregard si incontrano per la seconda volta, c'è anche la tomba di Sam Peckinpah. Leone, insomma, si libera d'un colpo di maestri, discendenti, discepoli e concorrenti. Il discorso sul West, questa volta, è proprio chiuso. La strada futura dell'autore si chiama sempre piú C'era una volta in America.
Francesco Mininni, Sergio Leone, Il Castoro cinema, 1-2/1989

Critica (3):

Critica (4):
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