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Légami! - Atame!


Regia:Almodóvar Pedro

Cast e credits:
Soggetto
: Pedro Almodóvar; sceneggiatura: Yuyi Beringola; fotografia: José Luis Alcaine; musica: Ennio Morricone; montaggio: José Salcedo; scenografia: Férran Sanchez; costumi: José Mara de Cossio; suono: Goldstein & Steinberg; interpreti: Victoria Abril (Marina), Antonio Banderas (Rocky), Francisco Rabal (Massimo, il regista), Loles Leon (Lola), Julieta Serrano (Alma), Maria Barranco (Berta), Rossy De Palma (ragazza con la moto), Lola Cardona (direttrice ospedale psichiatrico), Emiliano Cardona (decoratore), Montse G. Romeu (giornalista), Concha Rabal (farmacista), Oswaldo Delgrado (fantasma), Angelina Llongueras (montatrice), Alberto Fernandez (produttore), Francisca Caballero (nonna di Marina); produzione: Agustin Almodóvar, per El Desco S.A.; distribuzione: ACADEMY; origine: Spagna, 1990; durata: 101'.

Trama:Ricky, un giovane orfano dall'età di tre anni e da allora sull'orlo di una tale crisi di nervi che è sempre stato tenuto sotto osservazione in una casa di cura psichiatrica, quando finalmente esce rapisce Marina, attrice porno, per farsi conoscere e amare da lei. La tiene a lungo segregata in un appartamento, e cerca in tutti i modi di convincerla. Ci riuscirà proprio quando tutto sembra compromesso.

Critica (1):Torna, in Atame!, la "Spagna affluente", di Pedro Almodóvar, in un film che riprende, virandoli maggiormente al comico, personaggi e situazioni dei precedenti successi. Atame! esibisce gli stessi décors luccicanti e lievemente kitsch, i letti barocchi e le poltrone improbabili, le videocassette e la morfina, i vestiti rossi a pois bianchi e le segreterie telefoniche, la pubblicità demenziale e gli innumerevoli gadgets, i quadri troppo grandi e colorati e gli specchi che moltiplicano e rimandano immagini spezzate e frammenti di una società che, improvvisamente e finalmente "liberata", ormai "moderna", laica ed evoluta, sembra ancora stupirsi un po' di questa permissività ritrovata e si sente come in obbligo di mostrare, con l'evidenza esteriore dell'imago o simulacro, che piace e si piace. In questo senso, la stessa invocazione che dà il titolo al film ("légami!'), rivolta da Marina al partner che l'ha rapita e la tiene segregata, suona leggermente ironica e autoironica, potendosi anche leggere come una richiesta supplichevole della limitazione (la censura?) di una "libertà" che può sfociare, oltre che nella confusione morale, nel delirio estetico e stilistico, nell'estetica del patchwork. La superiorità di Almodovar sugli altri, spesso insopportabili, giovani registi spagnoli del dopo-Franco sta per prima cosa in questa consapevolezza (auto) ironica, che gli consente, nel momento stesso in cui li esibisce, una salutare distanza dagli aspetti più pacchiani di un paese che ha bruciato in pochi anni una rivoluzione copemicana dei costumi e degli stili di vita, saltando a piè pari il moderno ed entrando direttamente nel post-moderno.
La stessa storia d'amore faticosa e "strana" ta i due giovani protagonisti, il ragazzo orfano, maleamato e un po' folle, e l'attricetta di film porno-horror usata da tutti come un oggetto di lusso, adombra, al di là della scarsa consapevolezza che possono averne i due, l'ironica m a in fondo etica ricerca di un rapporto autentico nel contesto di una società che si avverte fasulla, un vuoto anche se luccicante involucro. Non a caso, tra i tanti segni e feticci di consumismo e affluenza disseminati nel corso del film e accuratamente inventariati da una macchina da presa ultrasensibile, scopriamo anche, in momenti chiave del film (i santini raffaelleschi sui titoli di testa, subito prinma del rilascio di Ricki dal manicomio, e il quadro raffiguragte il Santo Pastore appeso sopra il letto di Marina), alcune suadenti immagini religiose, che sembrano circoscrivere ambiguamente la parabola del film.
Ambiguamente, perché se da un lato l'effigie religiosa, in un paese che pare aver abbracciato il laicismo più sfrenato come reazione alla passata lunga repressione, sembra conservare il proprio significato di ordine immutabile che tutto presiede, di "dominio sul tempo", dall'altro rimanda però all'irruzione del divino che scompagina un ordine, frantuma le regole, immette nuovi sensi. Proprio come il sesso. Ed è qui, nella riscoperta di una dimensione di "rottura" della sessualità, che si colloca il secondo, e maggiore, motivo di interesse dei film di Almodovar (il migliore rimanendo, da questo punto di vista, Matador). La sessualità, per il regista di Calzala de Calatrava, è un rischio dove l'individuo gioca la sua identità e la società il suo
ordine. Per evitare questo rischio, si ricorre all'immaginario che, in modo allucinatorio, ci fa vivere illusoriamente quello che non abbiamo il coraggio di osare. Ricky, proprio con l'imprevidibilità del suo gesto d'amore, con la sua ambivalenza, con la sua "follia", carica di senso il film. Il suo gesto estremo (il rapimento, la decisione di far innamorare di sé una donna che non lo ama) si oppone al gesto "misurato" quale oggi si pratica, e per ragioni di educata convenienza si richiede, segno di una spaventosa mancanza di immaginazione e di un penoso tradimento della vita. Al concetto di amore come "toglimento di ogni sofferenza" (Hegel), si oppone, da parte di una società fin troppo razionale e laica, la rappresentazione del sesso, cioé l'immaginario che il desiderio promuove e che il denaro dà per un attimo l'impressione di poter realizzare (la pubblicità, la pornografia, la prostituzione). Per Almodóvar, il sesso, che dovrebbe conoscere solo il furto o il dono (rispettivamente, il furto di Ricky e il dono fatto da Marina), è ucciso, nonostante la fantasmagoria del suo scintillio, dal principio di contrattazione e dal principio di ripetizione, che sono le due grandi regole che organizzano il nostro vivere quotidiano.
La forza segreta del film sta tutta nella forza irragionevole di un sentimento che, a un certo punto, sembra anche riuscire a far alzare un vecchio regista (il geniale Paco Rabal) dalla sedia a rotelle su cui é inchiodato.
Alberto Morsiani, Segno cinema, n. 43 maggio 1990

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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