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Alla ricerca dell' assassino - Everybody wins


Regia:Reisz Karel

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Arthur Miller; fotografia: Ian Baker; musica: Mark Isham, Leon Redbone; montaggio: John Bloom; scenografia: Peter Larkin; costumi: Ann Roth; suono: Ivan Sharrock; interpreti: Debra Winger (Angela Crispini), Nick Nolte (Tom O'Toole), Will Patton (Jerry), Judith Ivey (Connie), Kathleeen Wilhoite (Amy), Jack Warden (giudice Murdoch), Frank Converse (Charlie Haggerty), Frank Military (Felix), Steve Skybell (padre Mancini), Mary Louise Wilson (Jean; produzione: Jeremy Thomas, per Recorded Picture Co; distribuzione: MEDUSA; durata: 95'; origine: Gran Bretagna/U.S.A.; anno: 1989.

Trama:In una cittadina del New England un medico è stato ucciso ed un innocente è in prigione. Del caso se ne occupa l'investigatore privato Tom O'Toole coadiuvato (si fa per dire) da una misteriosa, seducente e bugiarda ragazza, legata in tanti modi al delitto. Alla fine nessuno paga, ma tutti vincono...

Critica (1):L'equivoco sorge perché il film non è un giallo. Arthur Miller (dopo Gli spostati con Marilyn) ritorna al cinema e scrive per Karel Reisz (ex alfiere del free cinema) uno psicodramma il cui fine è l'opposto di quello denunciato dal titolo italiano. La volontà degli autori non è quella di cercare l'assassino, ma di scoprire anzi solo di constatare (qual novità!) l'invincibile corruzione del sistema sociale americano, per cui ironicamente "everybody wins". Il racconto non si muove mai sulle corde del thrilling e tenta, a sfavore del brivido e a privilegio delle riserve mentali, il coinvolgimento mediante la progressiva definizione dei caratteri e la curiosità spontanea che deriva dalle molteplici rivelazioni. Non abbiamo a che fare, evidentemente, con un proposito di rinnovare, attraverso l'applicazione del metodo induttivo classico, quel principio di rovesciamento paradigmatico che sta alla base del cinema di Hitchcock; semmai si è più vicini a quei modelli naturalistici e teatrali (cari ad O'Neill, per esempio), dove la visione tragica del rapporto tra privato e sociale, moralità individuale e legge, colpa e innocenza, si proietta su schermi di complicità interpersonale mai chiari.
Angela Crispini (una Debra Winger dal glamour prepotente) adoperala seduzione come strumento, felice e colpevole insieme, di sopravvivenza (Fania Fénelon nel teledramma milleriano Playing for Time per lo stesso fine adoperava l'arte) e coinvolge un morigerato Nick Nolte nell'amore e nell'indagine. "Tutto nella vita è suggestione e tutto è ad un passo dal sogno" afferma Angela convinta, sottovalutando però la lunghezza del passo. Ciò che viene messo in discussione da Miller e da Reisz è lo spazio societario (probabilmente non solo americano), con i suoi vuoti, le sue falle, le sue brecce segrete che costituiscono altrettanti trabocchetti per chi vi incappa. I vecchi stabilimenti della cittadina di Highbury un tempo sede di operosità sono trasformati in rifugio per una banda di dropouts, ex tossicodipendenti riuniti in un'equivoca setta religiosa.
In Everybody Wins si descrive l'esistenza di una criminalità generale (il delitto infatti non viene neanche mostrato nella sua esecuzione), dove il "misfatto" è reversibile anche sul "giusto" in maniera abbastanza sofisticata, perchè non sono soltanto l'equivoco o l'impostura i motivi di confusione, ma anche i collegamenti (fatis non modificabili) delle circostanze: l'investigatore apre il film ascoltando in automobile un'allegra canzoncina e lo chiude lasciandosi alle spalle il delitto impunito con la coscienza tersa (come il giudice Jack Warden gli aveva predetto) di aver camminato su bolle di sapone. La situazione è analoga a quella configurata, sempre da Miller, ne L'orologio americano: il diverso si riconosce nell'eguale, il differente nel simile, il principio dell'equivalenza trova modo di applicarsi nei casi più impensati, e molto spesso in luoghi tranquilli che paiono insabbiare meglio la rete di responsabilità dei potenti. L'ombra di Marilyn sul personaggio femminile si vede nella malinconia dolce ed aggressiva, ora sincera ora no, che Angela rivela, timorosa dei percorsi che sembrano ripercorrere se stessi e alla ricerca di un pretesto che la inganni sulla provvisorietà delle cose.
Gianni Canova, Segno Cinema n. 49 luglio 1990

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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