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Colore del vento (Il) - Un viaggio nel Mediterraneo sulle tracce di Creuza de Mä


Regia:Bigoni Bruno

Cast e credits:
Soggetto: Bruno Bigoni; sceneggiatura: Bruno Bigoni in collaborazione con Silvia Da Paré, Marco Villa, Lara Fremder; fotografia: Daria D'Antonio, Saverio Guarna, Fabrizio La Palombara, Andrea Locatelli; montaggio: Massimo Fiocchi, Cristina Flamini; musiche originali: Mauro Pagani; produzione: Minnie Ferrara & Associati, in collaborazione con Lumière & Co.; origine: Italia, 2010; durata: 75’.

Trama:"Il colore del vento" racconta il viaggio di una nave mercantile nel Mar Mediterraneo. Marinai che vivono sull’acqua la maggior parte della loro vita, che si perdono nel mare per scoprire donne, uomini e città, per cogliere e raccontare le diverse realtà del Mediterraneo, incrociando popoli e culture, intrecciando passato e presente. Ogni scalo è una città, ogni città una storia.

Critica (1):Il colore del vento racconta il viaggio di una nave mercantile nel Mar Mediterraneo. Marinai che vivono sull’acqua la maggior parte della loro vita, che si perdono nel mare per scoprire donne, uomini e città, per cogliere e raccontare le diverse realtà del Mediterraneo, incrociando popoli e culture, intrecciando passato e presente. Ogni scalo è una città, ogni città una storia.
Funziona come prologo a questo viaggio, la città di Barcellona. Anni fa, in una città affacciata sul mare, il sogno di libertà divenne per qualche mese realtà, portando la speranza di un mondo migliore. Conxa Pérez, 95 anni, ultima sopravvissuta delle “mujeres libres”, racconta quei giorni indimenticabili.
La prima tappa della navigazione è Tangeri dove il mare è speranza di futuro anche per i giovani abitanti, che dalla fine del regime internazionale vedono nella vicina Spagna la possibilità di migliorare la loro vita e realizzare i propri sogni... Il viaggio prosegue verso Bari, dove incontriamo Violeta, un’immigrata albanese che racconta il suo difficile cammino d’integrazione, paradigma degli scogli burocratici e mentali che gli immigrati ancora oggi incontrano dopo essere approdati sulle nostre coste. La navigazione prosegue alla volta di Sousse, città tunisina, dove la cantante Mouna Amari e il musicista Mauro Pagani, con la commistione delle loro sonorità musicali, mirano a rinsaldare il ponte fra oriente e occidente, sempre più pericolante dopo l’11 settembre, per dimostrare che il Mediterraneo è il Mare Nostrum, un mare che dovrebbe unire invece che separare. Da questo sodalizio nasce una versione inedita della canzone Sidun, sull’omonima città libanese martoriata dalla guerra, che rivive nelle immagini di repertorio e nella memoria dei marinai. Lampedusa, altra tappa del viaggio, ne è la riprova. Sulle spiagge della piccola isola, tristemente nota per gli sbarchi clandestini, toccano terra gli immigrati africani e la loro massiccia presenza è per molti abitanti spesso ingombrante. Gli immigrati africani, come un tempo gli albanesi, guardano al mare con timore e speranza, consapevoli del fatto che esso può inghiottirli o restituirli a nuova vita. Il viaggio riprende, passando da Istanbul, per risalire l’Adriatico.
Il mare, custode silenzioso delle guerre di ogni tempo, rinnova la memoria di Ivana, abitante di Dubrovnik, penultima tappa del viaggio, che nelle pagine del suo diario, scritto da bambina durante la guerra civile del 1991 descrive l’arrivo delle navi da guerra e i bombardamenti sulla città. Nei suoi ricordi e in quelli dei suoi concittadini il mare è insieme fonte di pericolo e di salvezza.
La nave infine ritorna a casa gettando l’ancora nel porto di Genova. Questa città, come le altre del viaggio, ha una storia legata al mare da raccontare. Dal mare, infatti, arrivano le donne nigeriane che, costrette a prostituirsi, vedono svanire il loro desiderio di libertà e di riscatto sociale nel dedalo dei “caruggi” genovesi.

L’idea di questo documentario prende spunto dal disco Creuza de mä realizzato da Fabrizio De André e Mauro Pagani: «Un esperimento sincretistico tendente a inventare un linguaggio in cui si riconoscessero e si identificassero tutte le genti del mediterraneo [...] un disco fuori dal tempo dove possono convivere nella stessa atemporalità episodi come A dumenega - che si svolge in realtà nella Genova di fine Ottocento - e Sidun - dove si parla della guerra arabo-israeliana di qualche anno fa» (Fabrizio De André in Ho licenziato Dio Cico Casartelli, Buscadero, Novembre 1966) Il disco narra la favola del viaggio della gente genovese lungo i mari e dentro il cuore dell’irrequietezza primordiale. Le sette tracce che lo compongono cantano e restituiscono suono e parola al senso di questo viaggio, lo stesso che ancora oggi marinai originari di terre lontane, compiono a bordo di centinaia di navi commerciali che tutti i giorni solcano il Mare Mediterraneo. Il colore del vento riprende questo tema e lo fa suo, narrando di uomini che vanno per mare, non per piantare bandiere o croci né per aggiungere capitoli alla storia o nuove scoperte, ma per non lasciare mai spegnersi la febbre dell’inquietudine, o più semplicemente perché non c’è possibilità di riscatto dalla miseria di certe vite, né riposo alla maledizione di quell’insofferenza arcaica, che è “l’andar per mare”. Il nostro film allarga volutamente i confini del viaggio di De André, individuando nei marinai di uno dei tanti cargo che solcano il mare, i protagonisti di questo film. Il cargo, nel suo percorso abbraccia tutto il Mare Mediterraneo, partendo idealmente da Barcellona, passando da Tangeri, Bari, la Tunisia, il Libano, Lampedusa e Dubrovnik, per approdare infine a Genova.
(dal pressbook del film)

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