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Bacio appassionato (Un) - Ae Fond Kiss...


Regia:Loach Ken

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Paul Laverty; fotografia: Barry Ackroyd; musiche: George Fenton; montaggio: Jonathan Morris; scenografia: Martin Johnson; costumi: Carole Miller; interpreti: Atta Yaqub (Casim Khan), Eva Birthistle (Roisin Murphy), Shabana Bakhsh (Tahara Khan), Shamshad Akhtar (Sadia Khan), Ahmad Riaz (Tariq Khan), Ghizala Avan (Rukhsana Khan), Gary Lewis (Danny), David McKay (Piccolo Roddie), Raymong Mearns (Grande Roddie), Shy Ramsan (Hammid), Pasha Bocarie (Amar), Jacqueline Bett (Jacqueline), David Wallace (Padre David), Ruth McGhie (Mary Nolan), Karen Fraser (Elsie), Emma Friel (Annie); produzione: Sixteen Films - Bianca Films - Emc - Tornasol Films - Matador Pictures - Scottish Screen - Diaphana Distribution - Cineart - Glasgow Film Office; distribuzione: Bim; origine: Belgio - Germania - Gran Bretagna - Italia - Spagna, 2004; durata: 103'.

Trama:Casim, figlio di pakistani ma nato a Glasgow lavora come dJ in un club. La sua famiglia ha già programmato per lui il matrimonio con una cugina. Ma Casim si innamora di Roisin, l'insegnante irlandese di musica della sorella minore. Da qui nascono i problemi...

Critica (1):Un cane, in apertura del film di Ken Loach, Un bacio appassionato (Ae fond kiss è il titolo originale tratto da una poesia di Robert Burns dedicato alla donna amata, è stato presentato al festival del cinema di Berlino edizione 2004 dove ha vinto il premio della giuria ecumenica) ci fa guardare "come tra due fotogrammi", negli interstizi delle cose, quando fa la pipì su un cartellone d'edicola messo a terra, che appartiene a un negozietto pakistano di Glasgow. Peggio della pipì di un cane bastardo. Ecco cos'è un immigrato, anche di classe media, asiatica, anche se commerciante, con moglie e figli, e può permettersi qualche libertà edilizia, non ortodossa, nel giardino della villetta.
Ovvio che lui si chiude a riccio nella sua religione, riletta male in chiave patriarcale, nella sua cultura diffidente (conosce bene i britannici, dai crimini coloniali ai progrom da Fronte Nazionale degli anni 70) e "inghettita" in cibi speziati e vestiti di seta. Ovvio che cerchi di difendersi sposando i suoi figli a rampolli di famiglie consanguinee, meglio se cugini, raddoppiando così i capitali di protezione. Ovvio che ha paura di degradarsi coi bianchi, di disperdersi, di fidarsi dei goree, anche se parla solo in scozzese perfino quando s'arrabbia e inneggia al Sangue. Ovvio che la figlia adolescente sia sempre sotto controllo e non debba andare nelle discoteche del fratello o a studiare a Edimburgo giornalismo. Ovvio che il figlio dj non può frequentare bionde pallide, o sposarsi con l'insegnante di musica colta, bianca, indipendente anche se cattolica, che ama (suscitando gli stessi fondamentalismi, opposti tra i suoi simili badget-bozziani), perché l'amore è vile egoismo da società dei consumi, come direbbe Pasolini, per chi, alla comunità calda e piramidale, non sa ancora contrapporre un modello di "individuo democratico". Ma in Europa la democrazia non è falsità? Tutto ovvio e ragionevole, ma sbagliato. Per scavalcare la logica postmoderna, i punti di vista devono unirsi e moltiplicarsi. E per fortuna i due amanti ibridi faranno i "bastardi", gli sperimentatori di una nuova Europa emozionale...
Insomma, grazie a un cane randagio (cui il furbo commerciante impedirà di nuocere, il giorno dopo, tramite scossa elettrica...) con la sola sequenza d'apertura di un pulito, didattico affresco, Loach ci mostra la realtà sociale delle comunità etniche in Gran bretagna. È l'ultimo film della trilogia sulla Scozia dopo My name is Joe e Sweet Sixteen.
Roberto Silvestri, Il Manifesto, 7 /1/2005

Critica (2):Il Ken Loach di Ae Fond Kiss ci riporta a un presente fatto di immigrazioni e forti contrasti religiosi. Con lui scendiamo le scale a chiocciola di un'integrazione che va a sbattere contro il muro dei pregiudizi culturali. E, come già nell'East is East di Damien O'Donnell, è una famiglia pakistana a guadagnare il centro di una scena. Questa volta però non siamo a Bradford, ma a Glasgow dove il dj Casim Khan (Atta Jaqub), immigrato di seconda generazione, si sta organizzando per aprire un locale tutto suo. Al momento, però, l'unica certezza che si staglia nel suo immediato futuro è quella di un matrimonio che i suoi genitori, arroccati a difesa delle proprie tradizioni musulmane, stanno da tempo combinando. La prescelta è una cugina e il dono nuziale una casetta da tirar su in fretta e furia a fianco della casa familiare, sacrificando il verde del giardinetto.
Un progetto di vita ben avviato e senza resistenze, quindi, se non fosse per l'incontro-scoperta di Casim con Roisin (Eva Birthistle), insegnante di musica in una scuola cattolica. L'amore, che li unisce, scarta le distanze etniche, ma scava subito un solco nella famiglia pakistana. Inutile cercare approvazioni dai genitori per una relazione con una "goree", un'europea. E così se Casim comprime e nasconde i suoi sentimenti per non urtare le aspettative della famiglia, a cui rimane legato, piano piano dovrà rivelarsi. Affronterà di petto la situazione, nonostante la consapevolezza del dolore e dello scandalo che provocherà fra i suoi cari. Un percorso ad ostacoli almeno quanto quello della donna che proprio a causa della sua relazione con un musulmano perde il posto di lavoro. Ma verrà proprio da un'esponente della chiesa, intransigente fino alla macchietta, il rifiuto di quell'autorizzazione che la condannerà ad abbandonare la cattedra.
Diagramma narrativo che, come sempre in Ken Loach, debutta con i toni leggeri della commedia per poi presentare il conto dei drammi che determinate scelte portano con sé. Un baratro fatto di divergenze tra culture diverse che stavolta Loach ricuce nel finale, colorando la coda della pellicola con le tinte di un lieto fine. Senza dubbio, un gesto di speranza, qualcosa come una bandierina di riferimento che segna la tappa di un percorso possibile, anche se lungo e irto di difficoltà.
Lorenzo Buccella, L'Unità, 14/2/2004

Critica (3):

Critica (4):
Ken Loach
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