RETE CIVICA DEL COMUNE DI REGGIO EMILIA
; Archivio film Rosebud; ; Archivio film Rosebud
Torna alla Home
Mappa del sito Cerca in Navig@RE 

 > Aree tematiche > Cultura e spettacolo > Archivio film Rosebud > Elenco per titolo > 

Soy Cuba - Ya Cuba - Soy Cuba


Regia:Kalatozov Mikhail

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Yevgeni Yevtushenko, Enrique Pineda Barnet; fotografia: Sergei Urussevsky; musica: Carlos Farinas; montaggio: N. Glagoleva; scenografia: Yevgeny Svidetelev; costumi: Rene Portocarrero; suono: V. Sharun; coreografia: A. Suez; trucco: V Rudinoy, L. Caceres; interpreti: Sergio Corrieri (Alberto), José Gallardo (Pedro), Raul García (Enrique), Luz Maria Collazo (María/Betty), Jean Bouise (Jim), Celia Rodriguez (Gloria), Robert García York (l'attivista americano), Luisa Maria Jiménez (Teresa), Mario Gonzàlez (Pablo), Raquel Revuelta (la voce di Cuba); produzione: Mosfilm/ICAIC - 1995 Milestone Film, presented by Francis Ford Coppola and Martin Scorsese; distribuzione: Fandango; origine: U.R.S.S./Cuba, 1964; durata: 140'.

Trama:L'Avana, è il 1958. Quattro storie che raccontano il cambiamento di Cuba nel passaggio dal regime di Batista alla rivoluzione di Fidel Castro.

Critica (1):(...) La storia produttiva di Soy Cuba è largamente nota (la si può leggere nell'appassionante documentazione pubblicata su internet dalla Milestone Films), e per di più documentata dal brasiliano Soy Cuba, o mamute siberiano (Vicente Ferraz, 2004). È un documentario molto bello e in un certo senso pericoloso, perché rischia di spegnere l'impeto orgiastico della sua fonte d'ispirazione nella comoda saggezza del senno di poi; preferisco immaginare cosa ne avrebbe fatto un romantico della statura di Werner Herzog. (...) Il fatto che il film sia stato a suo tempo deriso dai cubani e poi dai russi all'epoca della sua uscita è un dato storico che la dice lunga sul rapporto fra arte e propaganda; senza contare che il cinema degli anni Sessanta si stava muovendo in una direzione opposta alle qualità formali e al modo di fare politica dichiarato da Soy Cuba. (...)
Soy Cuba è stato "riscoperto" al festival di Telluride agli inizi dello scorso decennio, e in America è già un classico, al punto che ne circolano ormai due versioni: quella inizialmente mostrata nel 1992 con doppia voce recitante - un greve poema di Evtusenko - in spagnolo e in russo, e quella più recente in versione monolingue spagnola. Confesso di preferire la prima. Le due colonne sonore sovrapposte erano (e sono ancora) comuni per un film straniero proiettato a Mosca, ma in questo caso la schizofrenia delle lingue aggiunge un elemento surreale a un'opera che da ogni altro punto di vista è una sfida al senso comune. Reduce dal successo internazionale di Quando volano le cicogne (Letjat zuravli, 1957, cavallo di battaglia dei cineclub del dopoguerra), Kalatozov ha avuto tutto quel che voleva, da lenti speciali a un supporto pancromatico di nuova invenzione, che immerge il paesaggio in una luce serica e iperrealista vagamente simile - anche quando è pieno giorno - a una notte di luna piena in alta montagna (la quantità di pellicola girata dal 1962 al 1964 fu di gran lunga superiore a quella di un kolossal). Quel che Kalatozov non poteva avere è l'apparato di oggi, che permette di volteggiare intorno ai grattacieli come un uccello impazzito grazie all'ormai prevedibile funambolismo digitale.
Soy Cuba chiede infatti di essere visto - soprattutto dal pubblico più giovane - nell'ambito di una prospettiva storicistica, senza la quale molte delle sue invenzioni passerebbero inosservate. Si prenda ad esempio l'ormai celebre sequenza d'apertura: c'è una normale panoramica su L'Avana ripresa dal tetto di un grattacielo, uno fra i più comuni incipit del cinema senza immaginazione. Ecco che la macchina da presa raggiunge il bordo del palazzo e comincia a scendere in verticale. Uno spettatore capace di dimenticare per qualche istante il repertorio circense degli effetti speciali si dirà che c'era un ascensore a cielo aperto, almeno finché l'obiettivo raggiunge il suolo e comincia a muoversi intorno a una piscina frequentata da belle capitaliste con seno a balconetto, occhiali a punta e un bicchiere d'aperitivo in mano. Dopo qualche giravolta, l'operatore scende in piscine con una bagnante e diventa un cineasta subacqueo: stesse capitaliste, in versione balletto acquatico. Passa quasi un altro minuto, e l'operatore torna in superficie e prosegue la sua passeggiata fra le classi agiate.
C'è una spiegazione a tutto, e il direttore della fotografia (Sergei Urusevskij, già collaboratore di Donskoi e Pudovkin) ha spiegato a suo tempo che nel corso delle prove ci si era esercitati non solo con esposimetri e movimenti di macchina ma anche con materassi sui quali un cameraman passava l'apparecchiatura a un altro rotolandosi per terra. Detto questo, si provi a pensare che cosa comportava un disciplina del genere nell'èra pre-steadicam. (...)
Una scena verso la fine di Soy Cuba mostra le mani di un operaio intento ad arrotolare un grosso sigaro. La macchina da presa si sposta all'indietro e poi allarga il campo su uno stanzone occupato da altri impiegati della manifattura di tabacco. Sulla sinistra c'è una finestra dalla quale proviene il rumore di una folla lontana. L'obiettivo si sporge per inquadrare quel che sta accadendo in strada - rivelando che l'azione si svolge all'ultimo piano di un edificio del centro storico - e si lascia librare in aria sull'ampio corridoio che separa la fabbrica dalla casa di fronte. Inizia così una lunga carrellata aerea con la quale seguiamo le fasi culminanti di un funerale, gli onori tributati all'opposizione studentesca massacrata dalla polizia di Batista davanti all'Università. Se l'episodio è raccontato con la turgida solennità dell'elegìa funebre a un eroe rivoluzionario, quel che conta è il fatto che la commozione per la morte di un compagno è descritta dal punto di vista di un individuo che diventa collettività, del singolo che smette di fabbricare sigari per andare alla finestra e partecipare idealmente alle esequie; la distrazione del singolo diventa emozione di massa. (...)
Paolo Cherchi Usai, SegnoCinema n. 137, 1-2/2006

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Mikhail Kalatozov
(Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di); (Progetto editoriale a cura di) Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet; Redazione Internet (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di); (Contenuti a cura di) Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema; Ufficio Cinema
Valid HTML 4.01! Valid CSS! Level A conformance icon, W3C-WAI Web Content Accessibility Guidelines 1.0 data ultima modifica: 08/29/2009
Il simbolo Sito esterno al web comunale indica che il link è esterno al web comunale