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Qualcosa di travolgente - Something wild


Regia:Demme Jonathan

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: E. Max Frye; fotografia: Tak Fujimoto; musica: John Cale, Laurie Anderson; montaggio: Craig McKay; scenografia: Norma Moriceau; costumi: Eugenie Bafalonkas; Supere. suono: Dan Sable; Jeff Daniels (Charles Driggs), Melanie Griffith (Audrey Hankel), Ray Liotta (Ray Sinclair), Margaret Colin (Irene), Tracey Walter (gentiluomo di campagna), Jack Gilpin (Larry Dillman), Charles Napier (cuoco arrabbiato), Robert Ridgely (Richard Graves), "Sister Carol" East (Dottie), Kristin Olsen (Tracy), John Sayles (poliziotto in moto); produzione: Jonathan Demme e Kenneth Utt, per Religioso Primitiva Productions; origine: U.S.A., 1986; distribuzione: CDI; durata: 111'.

Trama:
Charlie Driggs vive a New York una vita noiosa fino a quando non incontra Lulu, una giovane donna disinibita che lo convince a seguirla in un week-end di sesso, alcool e stravaganze. Affascinato e sedotto dalle grazie e dalle manette di Lulu, Charlie si rivela sorprendentemente brillante, intraprendente e trasgressivo. Qualche chilometro, motel e ristorante dopo Charlie scopre che la seduttrice in black sta dissimulando la sua vera identità, quella di Audrey Hankel, cresciuta in Pennsylvania con una madre fintamente ingenua e un marito poco raccomandabile. Ray Sinclair, uscito di galera e deciso a "riconquistare" il cuore di Audrey, intralcia i due amanti in ogni modo e con ogni mezzo. Sarà l'inizio di una fuga on the road che si concluderà a New York.

Critica (1):Chi ha ancora la buona abitudine di entrare in sala con un po' di anticipo rispetto all'inizio della proiezione, non sempre è destinato soltanto ad assistere a cinegiornali con commenti congelati agli anni Sessanta o a raffiche di spot pubblicitari, ma può anche incappare in piacevoli "chicche". Come quella che precede immediatamente Qualcosa di travolgente: il promo-clip di David Byrne. Sembra quasi, per un attimo, di essere tornati a casa e di trovarsi seduti dinnanzi a un megatelevisore (ad alta definizione, ovviamente) che ti anticipa, distorcendone il ritmo, frammenti della vicenda mescolandoli ad immagini della rockstar di turno. E' più di una semplice giunta di rulli o di una paracircolarità che rinvia alla cameriera del finale che si mette a cantare dando il via ai titoli di coda. E' una messa in guardia. Perchè il film ha due facce e questo prologo abbastanza atipico sembra volerci invitare a prenderlo per quel che è: un prodotto cinematografico di buona fattura, pericolosamente in bilico tra vecchio e nuovo.
Perchè in effetti la prima parte ricorda (e molto da vicino) Susanna di Hawks con Melanie Griffith che, memore del sexappeal sfoderato in Omicidio a luci rosse, imita Katharine Hepburn dandosi da fare per intrappolare un Jeff Daniels forse meno imbranato di Cary Grant ma certo poco disinvolto. Anche se Demme non rinuncia a seminare qualche indizio del cambiamento di tono che ci attende (il rossetto troppo sanguigno di Audrey, il giochino erotico con manette che spenzoleranno a lungo dal braccio di Charles) la sophisticated comedy ha libero corso. Il mutamento ha luogo a partire dalla forse troppo lunga sequenza della festa degli ex compagni di scuola a cui Audrey trascina Charles. Qui fa la sua comparsa Ray, il vilain della situazione che rivuole la moglie e che con la sua brutale verità riconduce tutto a una squallida realtà mettendo a nudo le piccole menzogne altrui. Questo è il momento tipico in cui l'affare (bargain - affare è scritto su una delle auto guidate da Audrey) inizia a mutarsi in tragedia fino a che il sangue prenderà a invadere porzioni sempre più ampie di schermo. Negli occhi di Ray (un Ray Liotta da non perdere di vista) si leggerà allora tutto lo stupore causato dalla scoperta della trasformazione del rivale da agnello in lupo.
Something Wild ha debiti con più di un film. Senz'altro ne ha con Fuori orario con il suo viaggio tra quotidiano e insolito e ritorno. Così come la costruita, ma comunque sorprendente, esplosione di violenza ricorda da vicino l'altissimo volume di fuoco (anche lì inatteso) dispiegato nel sottofinale di Tutto in una notte. Ma anche Demme come Landis, e a differenza di Scorsese, sceglie l'happy end, anche se con l'amaro in bocca.
Giancarlo Zappoli, SEGNO CINEMA, n. 30 novembre 1987

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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