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Io sono Mateusz - Chce sie zyc


Regia:Pieprzyca Maciej

Cast e credits:
Sceneggiatura: Maciej Pieprzyca; fotografia: Pawel Dyllus; musiche: Bartosz Chajdecki; interpreti: Dawid Ogrodnik (Mateusz), Dorota Kolak (madre di Mateusz), Arkadiusz Jakubik (padre di Mateusz), Helena Sujecka (Matylda), Mikolaj Roznerski (Tomek), Kamil Tkacz (Mateusz ragazzino), Tymoteusz Marciniak (Tomek ragazzino), Katarzyna Zawadzka (Magda), Anna Karczmarczyk (Anka), Agnieszka Kotlarska (madre di Anka), Janusz Chabior ('Lysys'), Marek Kalita (padre di Magda), Grzegorz Mielczarek (Krzysztof), Piotr Zurawski (Marek), Piotr Trojan (Leszek), Piotr Lesniak (Piotrek), Adela Oczkos (Adela); produzione: Tramway Film Studio; distribuzione: Draka Distribution; origine: Polionia, 2013; durata: 107’.

Trama:Già nei suoi primi giorni di vita, a Mateusz viene diagnosticata una paralisi cerebrale che gli impedisce di comunicare con il mondo esterno. Il ragazzo è quindi un vegetale sin dalla nascita, ma questo non impedisce ai genitori di crescerlo e prendersi cura di lui con tutto l'amore di cui sono capaci. Tuttavia, in seguito ad un incidente familiare, il ragazzo, ormai cresciuto, viene affidato a un centro specializzato in patologie mentali. Il personale della struttura, però, non è in grado di comprendere Mateusz. Solamente un'anziana specialista riesce ad entrare in contatto con lui e a scoprire che il ragazzo è intelligente e in grado di comunicare.

Critica (1):La disabilità al cinema è un tema insidioso, non solo perché si rischia di dare una rappresentazione fuorviante della realtà, con effetti più o meno edulcorati, ma soprattutto perché è facile abusare del linguaggio cinematografico per orientare emotivamente lo sguardo dello spettatore. Il regista polacco Pieprzyca, qui al suo secondo lungometraggio, non cade in simili errori, anzi prende subito le distanze lasciando che siano le immagini a parlare.
Mateusz è un ragazzo affetto da paralisi cerebrale. Sin dall’inizio i medici concordano nell’affermare che sia un vegetale incapace di comprendere. I suoi genitori però non sono della stessa idea e crescono il figlio con gioia e amore. Dopo molti tentativi, qualcun altro si accorgerà che Mateusz è in grado di capire e gli darà finalmente la possibilità di tradurre in parole i suoi silenzi ed esprimere sé stesso.
Basato su una storia vera, il film ha il sapore della cronaca scandita in tappe, che ripercorrono dagli anni ’80 a oggi la vita del protagonista: l’infanzia felice con la madre e con il padre; i pomeriggi seduto alla finestra, unico spiraglio sul mondo, e le serate trascorse a fissare le stelle; il primo contatto con una ragazza; il trasferimento in clinica; la lotta strenua e dolorosa per affermare la propria identità di essere umano.
Attraverso pochi e bilanciati espedienti, la voce fuori campo, le soggettive e le inquadrature dal basso, che riprendono la prospettiva di Mateusz che si sposta strisciando sulla schiena, possiamo ascoltare i suoi pensieri e partecipare alle sue azioni senza esserne mai totalmente travolti. Pieprzyca non cerca infatti di infondere poeticità alla storia (pensiamo alle invenzioni visive de Lo scafandro e la farfalla, suggestivo sin dal titolo), né la inserisce nei canoni più tradizionali della fiction (Il mio piede sinistro). Crea piuttosto un ibrido a metà tra la finzione e il documentario, scegliendo di girare in luoghi reali (ad esempio l’ospedale) e affiancando attori a non professionisti. David Ogrodnik (che abbiamo visto di recente in Ida), grazie a una mimica facciale molto espressiva e a una gestualità deformante, restituisce complessità al personaggio alternando momenti di frustrazione e sofferenza a sprazzi di ottimismo e divertimento.
Ne emerge un dramma dotato di sensibilità che riflette su temi importanti quali la dignità e la solitudine, l’amore e la sessualità, l’imprevedibilità della vita e il desiderio di morte, portando un messaggio di speranza che oltrepassa ostacoli fisici e barriere mentali.
Marco Bolsi, sentieriselvaggi.it

Critica (2):In America gli avrebbero già dato un Oscar. Invece il sensazionale David Ogrodnik, giovane attore polacco già notato come jazzista in Ida (questo sì premio Oscar), deve accontentarsi di aggiungersi alla lista di grandi interpreti di personaggi disabili. Ispirato a una storia vera, (...) il film smussa la tragedia sposando dal primo all'ultimo fotogramma il suo punto di vista (dunque i suoi pensieri segreti). Con l'espediente di una voce narrante ininterrotta ma così sapientemente ingenua da risultare insieme commovente e irritante. Peccato, perché questo anti-Forrest Gump polacco, su cui scorre la piccola e la grande Storia, non si dimentica tanto in fretta.
Fabio Ferzetti, Il Messaggero, 12/3/2015

Critica (3):

Critica (4):
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