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Albero tra le trincee (L')


Regia:Scillitani Alessandro

Cast e credits:
Soggetto: Paolo Rumiz; sceneggiatura: Paolo Rumiz, Alessandro Scillitani; musiche: Alessandro Scillitani; montaggio: Alessandro Scillitani; fotografia: Alessandro Scillitani; con: Paolo Rumiz, Roberto Todero, Lucio Fabi, Marina Rossi, Gerlinde Kaltenbrunner, Nicola Cassone, Luca Turchetto, Lindo Unfer, Bruno Petti; produzione: Artemide Film; distribuzione: La Repubblica; origine: Italia, 2013; durata: 89’.

Trama:Di ritorno da un lungo viaggio attraverso i luoghi della Grande Guerra, Paolo Rumiz scrive una lettera ai suoi figli, ripercorrendo racconti, leggende, piccole grandi storie tramandate da custodi della memoria incontrati durante il viaggio.
Luoghi di straordinaria bellezza, teatri di sanguinose battaglie ora sepolte tra le cime delle montagne. Una linea infinita di pinnacoli, camminamenti, trincee e fortini, balaustre su un'Italia stupenda e selvaggia.
Un percorso che comincia dal 1914, quando Trieste era ancora asburgica e austriaci di lingua italiana andarono a combattere in Galizia per l'Impero Austro-Ungarico, e prosegue attraverso tutto il fronte italo-austriaco, tra Trieste e lo Stelvio, dal Pasubio al Pal Piccolo, tra l'Ortigara e il Grappa, alla ricerca di segni di un tempo che sembra lontano e invece è vicinissimo.

Critica (1):Paolo Rumiz percorre i luoghi che sono stati teatro della prima guerra mondiale sul fronte italiano. Con il contributo di storici, di studiosi e di abitanti dei monti e delle valli in cui si combatté ricostruisce i vari aspetti del conflitto.
Il sodalizio Rumiz-Scillitani si fa, di film in film, sempre più solido e narrativamente articolato. Di film infatti trattasi (come ci ricorda Werner Herzog quando afferma di non aver mai girato documentari) perché non ci si limita a 'mostrare' ma si costruisce una narrazione che si compone, com'è nello stile dei due autori, di innumerevoli tessere. Il loro continua ad affermarsi come cinema della memoria che abbisogna di apporti molteplici al fine di comporre un mosaico in cui ogni riflessione, anche se breve, offre un'opportunità di conoscenza in più. Ecco allora che all'inizio ci viene ricordato come le popolazioni del Trentino, del Sud Tirolo e del Friuli-Venezia Giulia fossero state sottoposte allo choc di una contrapposizione inattesa in seguito al passaggio del Governo italiano dalla Triplice Alleanza alla Triplice Intesa. Da lì ha inizio la storia scellerata di uomini mandati a morire allo scoperto secondo folli strategie programmate e rese pubbliche (vedi il libretto rosso di Cadorna).
Si potrebbe sostenere che il cinema ci ha già raccontato queste vicende che la storiografia dà ormai per acquisite ma Rumiz e Scillitani assumono per tutta la durata del film un punto di vista preciso ed originale al contempo. Decidono cioè di far parlare il paesaggio, quello spazio che vide cadere centinaia di migliaia di uomini e che ancora ne porta le tracce e il ricordo non solo nei cimiteri ma nei camminamenti delle trincee, nelle grotte divenute rifugio, nelle postazioni delle mitragliatrici. È un paesaggio su cui spesso si abbatte il maltempo e non c'è bisogno di fare retorica per ripensare, attraverso le immagini dell'oggi, a quegli uomini mandati a morire sugli opposti fronti e alle loro sofferenze. Rumiz, per rendere ancora più esplicito il bisogno di memoria, pianta un albero proprio nel territorio tra le trincee. E' un segno di vita che rinvia a un tronco secco di un altro albero che si ergeva solitario in uno dei luoghi del conflitto. Un'immagine che non può non far pensare all'analoga pianta che veniva messa a dimora nel finale dell'ultimo film di un Maestro del cinema; Andrei Tarkovski. Il film, non a caso, si chiamava Sacrificio.
Giancarlo Zappoli, mymovies

Critica (2):Per me, che sono emiliano, la Guerra è quella dei Partigiani, è la Seconda Guerra Mondiale. Non è questione anagrafica, è che da noi la Prima non si è combattuta. Perciò andare in quei luoghi, nel nord-est italiano, dove la Grande Guerra si è combattuta, ha rappresentato un\'emozione incredibile. Lì la memoria è ancora vivissima, ed io ho avuto l'occasione di guardare il tutto da un\'angolazione privilegiata, grazie al grande Rumiz, alle sue origini in bilico fra una passato austriaco e il mito di Garibaldi. Bellissimo affrontare il racconto dal confine, senza pregiudizi, cercando la storia di uomini che andarono a combattere un'assurda guerra fratricida.
(Note di regia)

Critica (3):

Critica (4):
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