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Sinfonia nuziale - Wedding March (The)


Regia:Von Stroheim Erich

Cast e credits:
Soggetto e sceneggiatura: Erich Von Stroheim e Harry Carr; fotografia: Ben Reynolds e Hal Mohr; scenografia e costumi: Erich Von Stroheim e Richard Day; interpreti: Erich Von Stroheim (principe Nicki), Fay Wray (Mitzi), George Fawcett (principe Ottokar), Maude George (principessa Maria, madre di Nicki), Cesare Gravina (il padre di Mitzi), Dale Fuller (Caterina, sua moglie ), Zasu Pitts (Cecilia), George Nichols (Schweisser, suo padre), Hughie Mack (il guardiano), Matthew Betz (Schani, suo figlio ), Anton Wawerka (imperatore Franz Josepèh); produzione: P. A. Powers per la Famous PlayersLasky, poi Paramount; durata: 106'; anno: 1926.

Trama:A Vienna, la famiglia del principe Nicki è sul lastrico e le alternative date al giovane sono di sposare una donna ricca o suicidarsi. Durante la processione del Corpus Christi Nicki ferisce accidentalmente con il cavallo Mitzi, la figlia di un oste la quale è stata promessa in sposa dal padre a Schani il macellaio. Quando Nicki fa visita a Mitzi in ospedale, i due giovani si innamorano, con disappunto dei genitori di entrambi. I genitori di Nicki hanno infatti combinato il magtrimonio con Cecilia, figlia di un ricco industriale ma senza sangue blu...

Critica (1):Se il marito cieco - cieco di fronte al seduttore, all'insoddisfazione della moglie, al desiderio che li agita - è il tema che percorre Blind Husbands, Devil's Passkey e Foolish Wives, l'amore "impossibile" tra una ragazza del popolo e un nobile è il tema di Merry-Go Round, Merry Widow, Queen Kelly e Wedding March. Queste assonanze nei soggetti non possono essere ritenute causali o estrinseche; Stmheim, regista dello spreco, non solo esercita il suo potere di dèpense all'interno del singolo film, non solo tende a raddoppiare il mondo, ricostruendolo al vero in studio, ma aspira all'impresa sovrumana di raddoppiare un film: cosa molto più difficile che raddoppiare il mondo, a meno di non porsi nell'ottica pacifica del genere del remake: Wedding March, peraltro, presenta le più evidenti assonanze con Merry Go Round girato quattro anni prima, a cominciare dal personaggio principale (qui interpretato dallo stesso Stroheim), e dalla protagonista femminile, che ha lo stesso nome nei due film, Mitzi e come padre lo stesso attore (Cesare Gravina). [...] Ancora Vienna negli Studi di Hollywood (questa volta sono il Duomo di Santo Stefano, la statua dell'Uomo di ferro, ecc.). Ancora il "lever du prince". Ancora il rapporto servo- padrone, la toletta, l'abbigliarsi. Una cameriera sveglia la principessa Maria, un cameriere il principe Ottakar. Ancora come in Merry-Go Round, un cane disturba le abluzioni mattutine dei genitori di Nicki. II principe Nicki, lui, è svegliato da una cameriera giovane e carina, che trova una calza di donna nella camera. Nicki chiede soldi al padre, mentre questi si sta provando un abito, e ne ha come risposta. «Sposa del denaro! ». Poi va dalla madre . Anche lei si sta vestendo, e la sua risposta è poco diversa.«Sposa una donna con molto denaro! » (tuttavia, alla fine, dà qualche banconota al figlio, che la ringrazia con aria di complicità). La grande scena del corteo imperiale, per la processione del Corpus Domini, mostra la stessa cerimonia che avrebbe dovuto aprire un altro film di Stroheim, La Dama Blanche, rimasto alla stadio di sceneggiatura. Al futuro Queen Kelly ci rimanda invece l'incontro tra il principe, che fa il servizio d'ordine a cavallo, in alta uniforme, e Mitzi, che assiste tra la folla, con il padre, la madre, e il macellaio Schani, quasi-fidanzato. L'erotismo olfattivo è qui, per quanto più dolce, non meno esplicito: Mitzi odora un mazzo di fiori, li infila nello stivale di Nicki a cavallo, Nicki a sua volta li prende, li odora, li ripone sotto il suo mantello, le invia un bacio. Stroheim, qui, è il principe. Non un ufficialetto, come in Blind Husbands; non un falso nobile, come in Foolish Wives. E d'altra parte i veri nobili, protagonisti di Merry-Go Round, di Merry Widow e poi di Queen Kelly, non erano (interpretati da) Stroheim. Vogliamo dire che qui Stroheim realizza finalmente l'incarnazione del suo ideale dell'io, senza interposte persone: gioca con la maschera, col doppio, senza ricorrere a pretesti. Gioca con la sua pelle separata, col suo corpo diviso che è la divisa. "È quel che entra in gioco, chiaramente, tanto nell'unione sessuale che nella lotta a morte. L'essere si decompone, in modo eclatante, tra essere e apparenza, tra lui stesso e quella tigre di carta che vuole apparire. Che si tratti della parata presso l'animale maschio il più sovente, o del gonfiarsi minaccioso attraverso cui procede nel gioco della lotta sotto forma d'intimidazione, l'essere dona di se stesso, o riceve dall'altro, qualcosa che è maschera, doppio, involucro, pelle distaccata..." (Lacan, seminario XI)
Se questo è il gioco che gioca l'essere animale, è anche il gioco dell'umano. Privo dei significati sessuali di parata, propri agli animali, l'uomo vi supplisce con le piume, i pennacchi, i colori, gli orpelli. Con la divisa, per Stroheim. L'essere entra in gioco, nei suoi effetti di vita e di morte, attraverso questa forma separata di se stesso. Solo che il soggetto umano, il soggetto di desiderio, non rimane, al contrario dell'animale, completamente catturato nel gioco che, ponendolo come uno, lo scinde. Il soggetto umano sa del gioco, "sa giocare con la maschera come qualcosa al di là della quale c'è lo sguardo". Lo sguardo del mondo ci guarda, ci guarda con molteplici occhi, come la folla che assiste alla processione e alla parata, mentre il nostro punto di vista è uno. Guardiamo, siamo guardati, ci facciamo guardare: entra in gioco un effetto-schermo, luogo della mediazione. Per Stroheim sullo schermo (ma prima dello schermo, sul set: anzi, nel "reale") si disegna la figura del doppio come ideale dell'io, doppio che è separazione in quanto divisa, ma in quanto in divisa (sottratta a ogni arbitrio, rigidamente protocollare) è appartenenza, stabilità, interezza. Divisa vuol dire dunque necessità estrema di parata, come risarcimento della ferita narcisistica, e al tempo stesso orrore dell'inevitabile separazione indotta dallo sguardo sul nostro corpo schermo, orrore esorcizzato dalle regole e dall'etichetta, dal sentimento di apparenza che la divisa in qualche modo veicola.
Alessandro Cappabianca, Von Stroheim, il Castoro Cinema

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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