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Sette giorni nella vita di un uomo - Tydzien z Zycia Mezczyzny


Regia:Stuhr Jerzy

Cast e credits:
Sceneggiatura
: Jerzy Stuhr; fotografia: Edward Klosinski; montaggio: Elzbieta Kurkowska; musica: Wojciech Kilar; interpreti: Jerzy Stuhr (Adam Borowski), Gosia Dobrowolska (Anna Borowski), Danuta Szaflarska (madre di Adam), Alex Mozdzynski (Dominik), Ewa Skibinska (amante di Adam), Krzysztof Stroinski (Oles); produzione: Zebra Film Productions; distribuzione: Academy; origine: Polonia, 1999; durata: 90’.

Trama:Nella Varsavia di oggi, Adam Borowski, uomo di mezza età con numerosi impegni, è un Pubblico Ministero. Per una settimana si confronta con casi giudiziari dalle diverse implicazione che tuttavia riesce ad affrontare con la stessa severità e rigore. Non sarà così nella vita quotidiana che lo attende fuori dal tribunale...

Critica (1):Dopo il successo di Storie d’amore, Premio Fipresci a Venezia nel ’97 e Nastro d’Argento nel ’98, il polacco Jerzy Stuhr torna a raccontare una storia paradossale e realistica, sicuramente meno surreale di quella del film precedente, ma altrettanto inquietante, con uno dei suoi piccoli apologhi morali che, parlando dell’individuale, abbracciano l’universale. Presentato in concorso all’ultimo Festival di Venezia, Sette giorni nella vita di un uomo segue, appunto, una settimana di vita del protagonista, un integerrimo Pubblico Ministero, interpretato magistralmente dalle stesso Stuhr. Con una sorta di siparietto ogni giornata si apre con la stessa immagine: al termine di una nuotata in piscina, Adam Borowski si aggrappa ai bordi ed esclama, o meglio esala, “Ancora niente male”. Anche la sua vita sembra essere “niente male”. Questa settimana, anzi, è particolarmente felice e fortunata. Infatti, sta per acquistare una nuova casa, il suo libro è finalmente pubblicato, sua moglie Anna riceve un premio per la sua attività in una fondazione benefica e lui si prepara a partire con il coro, in cui canta da quando era ragazzo, per una tournée in Inghilterra. Tutto va a gonfie vele e allora che cos’è che lo rode? Sì, la sua felicità ha un certo retrogusto amaro. Che sia per il lavoro, che proprio in questa settimana gli sottopone una serie di casi “rognosi”? Deve, infatti, giudicare in successione: un giovane che ha frodato lo Stato; una ragazza che ha abbandonato il figlio; un gruppo di violenti skinheads che hanno picchiato un arabo; un ragazzo che ha ucciso la madre. In una sorta di legge del contrappasso quest’uomo abituato a giudicare col Codice, ma forse poco avvezzo ai dubbi, si trova immerso in una serie di situazioni personali che rasentano il Codice e che lo mettono in contrasto con i suoi giudizi professionali, in un’angosciante incapacità di scelte morali. Dev’essere leale con il fisco nell’acquisto della casa? Come fare col bambino sordo (un vero dramma per lui che ama la musica!) che Anna vorrebbe adottare e che, aldilà del nobile atto sociale, già gli crea guai coniugali? Come non prendersela con Anna che, per risolvere i gravi problemi economici della fondazione, sarebbe disposta ad accettare l’aiuto di attivisti addirittura della sinistra? E come risolvere il dilemma morale nei confronti della madre gravemente malata, per curar la quale dovrebbe rinunciare alla bella casa nuova? Ad Adam non resta che la pura, perfetta gioia del coro: proprio in quest’ultima settimana, prima della tournée, sente di cantare magnificamente. Ma è proprio vero che il suo coro è un’isola felice? Costruito sul filo dell’ironia ed intessuto di alternanze fra momenti lirici ed altri cupi e dolenti, questo terzo lavoro di Stuhr è un concentrato di dubbi piccoli e grandi, pubblici e privati, individuali e generali, insomma, una parabola sulla difficoltà di raggiungere delle certezze. Nel privato Adam non riesce ad applicare matematicamente la sua logica giudiziaria e, come del resto l’intera umanità, si dibatte con l’incapacità di convivere con i propri dubbi, quegli stessi che in tribunale è così giusto sanzionare applicando la Legge. Rappresentando questo piccolo spaccato di una certa società polacca, Stuhr è ben lungi dal fare del moralismo bacchettone e militante ed il suo buffo/severo e un po’ spregevole ometto, che è la doppia faccia di ognuno di noi, è raccontato con vero senso del cinema, con immagini molto essenziali ma sempre evocative e con la molta musica (creata da Wojciech Kilar, già compositore per Zasnussi, Coppola, Campion e Polanski), che impasta e commenta la settimana di Adam, siglata ovviamente dal verso dell’Amleto cantato dal suo amato coro.
Giovanna Arrighi, Vivilcinema n. 74, novembre-dicembre 1999

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Jerzy Stuhr
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