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Spring Breakers - Una vacanza da sballo - Spring Breakers


Regia:Korine Harmony

Cast e credits:
Sceneggiatura: Harmony Korine; fotografia: Benoît Debie; musiche: Cliff Martinez Skrillex; montaggio: Douglas Crise; scenografia: Elliott Hostetter; arredamento: Adam Willis; costumi: Heidi Bivens; interpreti: James Franco (Alien), Selena Gomez (Faith), Vanessa Hudgens (Candy), Ashley Benson (Brit), Rachel Korine (Cotty), Gucci Mane (Archie), Heather Morris (Bess), Justin Wheelon (Matt), Emma Holzer (Heather), Ashley Lendzion (Forest); produzione: Muse Production-Hero Entertainment-Rabbitbandini Production-Radar Pictures-Mjz-O'salvation- Iconoclast; distribuzione: Bim; origine: Usa, 2012; durata: 92’.

Trama:Quattro affascinanti studentesse di college, prima rapinano un fast-food per finanziarsi le vacanze di primavera al mare e poi si trovano nei guai con la giustizia per detenzione di droga. In loro aiuto interverrà Alien, un criminale dal cuore tenero, che le prenderà sotto la sua protezione facendo vivere loro una indimenticabile vacanza...

Critica (1):Il mondo come lo conosciamo è finito a gambe all'aria. È, letteralmente, sottosopra. Non è solo il declino dell'Impero Americano, ma, per dirla con i Baustelle, quello dell'Impero Culturale Occidentale; del quale, volenti o nolenti, siam tutti figli. Allora, cosa fa di fronte a tutto questo, di fronte al ribaltamento di modelli, immaginari, estetiche e valori uno come Harmony Korine? Uno che è sempre stato il cantore degli sghembi, dei non allineati, delle copie non conformi, di tutto quello e di tutti quelli che risiedevano ai margini dell'Impero, nei suoi angoli bui, che prosperavano nelle sue pieghe? Non si mette di certo a gridar vittoria, ché di vittoria non ce n'è più per nessuno. Né si mette a fare il Denys Arcand al negativo, elogiando un disgregamento che annichilisce e annienta, e non certo per le pelose ed elitaristiche questioni raccontate dal collega canadese. Semplicemente, dopo un istante di smarrimento, sorpassa nuovamente a destra il reale, vi si affianca, adegua il passo e, con occhio da un lato sgomento dall'altro sapientemente smaliziato, racconta e documenta. Ci costringe, come sempre ha fatto, a guardare quel che non vorremmo mai vedere, a prendere atto e ammettere quel che desideriamo ignorare e negare.
Di tutti i freak raccontati finora da Harmony Korine, quelli che popolano le inquadrature di Spring Breakers sono i più orrendi e i più inquietanti: perché sono i nostri amici, i nostri figli, i nostri colleghi. Sono il mondo che vediamo dalla finestra e alla televisione, per strada e sui giornali, al lavoro e in vacanza. Sono coloro che, con inesorabile rapidità, hanno impresso a fuoco il loro marchio nell'immaginario collettivo e nei sistemi culturali ed economici. E Korine li racconta con le loro parole, con i loro modi, con i loro costumi, adottando per la prima volta un'estetica ultrapatinata e al neon, entrando in quel mondo senza mai farsene abbindolare, o assorbire.
Il mondo di Spring Breakers, il nostro mondo, quello che è a un passo dal diventare modello egemonico, è tanto caotico e rutilante quanto vuoto e desolante. È un mondo dove le parole non sono più importanti, ma solo veicoli vuoti di senso e significato utili a riempire la scomodità del silenzio, da ripetere come mantra da biscotti della fortuna a interlocutori invisibili, muti, assenti.
Inesistenti. Un mondo dove quel che conta è l'accumulo e l'ostentazione vana del possesso (lontana dal senso dello stesso «che fu pre-alessandrino» di cui cantava Battiato), mentre il sesso è bandito da corpi ridotti a Barbie e Ken deambulanti, rappresentato solo in versione soft core e sublimato attraverso l'unica fellatio possibile, quella a una pistola che supplisce a un membro devitalizzato dalla sovrabbondanza dei suoi simboli esteriori. Un mondo duro, dove vige la legge spietata del più forte, laddove la forza è direttamente proporzionale alla mancanza di scrupoli, di vergogna, di morale.
Quello di Spring Breakers, agghiacciante e doloroso, è il mondo dell'eterna immaturità e della perpetua adolescenza. Per questo Korine ha modo di mettere in campo, anche questa volta, tutta la sua empatia, e di condensare in una scena che travalica ogni concetto di gusto o ironia il senso profondo, interiore dell'adolescenza. Perché l'adolescenza, oggi come ieri, è una canzone melensa cantata davanti a un tramonto sul mare, con i My Little Pony stampati sui passamontagna rosa, i bikini succinti addosso e le armi cariche in pugno. E per quest'adolescenza, per le contraddizioni e le tensioni che si porta addosso, Korine prova tenerezza e comprensione. Per il suo eterno prolungamento, per il suo viaggiare sprezzante, consapevole e solitario verso l'orizzonte rovesciato del domani, invece, prova solo quasi orrore.
Federico Gironi, Cineforum n. 518,10/2012

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