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Souvenir Srebrenica


Regia:Rosini Luca

Cast e credits:
Montaggio: Giusi Santoro; fotografia: Fabrizio La Palombara; musiche: Giuseppe Lo Bue; assistente all'organizzazione: Vanessa Zainini; produzione: Roberta Biagiarelli; origine: Italia, 2005; durata: 90'.

Trama:Il film si compone di immagini tratte dal monologo teatrale "A come Srebrenica" di Roberta Biagiarelli e da interviste a testimoni bosniaci sopravvissuti. Srebrenica, 10 anni dopo, sul solco tracciato dal cinema documentario di inchiesta (sull'esempio di Michael Moore di Bowling for Colombine e di Farenheit 9/11) e dalla tradizione italiana del teatro civile, vuole inoltre fare chiarezza sul fronte giudiziario, contribuendo a diffondere in Bosnia e in Italia immagini e materiali dei processi in corso presso il Tribunale Penale Internazionale per i crimini della ex Jugoslavia.

Critica (1):Souvenir Srebrenica è un film documentario, un pezzo di teatro-reportage realizzato dalla Biagiarelli con la collaborazione di Luca Rosini. Un esperimento, insomma, che vuole incastrare (e riesce a farlo) la struttura del monologo teatrale con pezzi documentari, filmini amatoriali, riprese ufficiali fatte all'epoca dei tre anni di assedio della città di Srebrenica, dal 1992 al '95. Questi materiali, spiegherà il regista Luca Rosini alla fine della proiezione, provengono dalle fonti più diverse. Ci sono i filmati delle udienze del processo in corso al Tribunale dell'Aja contro Mladic e Karadzic, responsabili militare e politico della strage, oggi accusati di genocidio e naturalmente latitanti. Ci sono le riprese fatte in un campo profughi: sono le immagini più delicate e malinconiche del film, girate nelle baracche, nei cortili, nelle piccole cucine del campo.
Ci sono le interviste a Dule, cuoco musulmano, che ha riaperto un ristorante a Srebrenica, e a sua sorella Camka, oggi testimone al Tribunale dell'Aja, che lavora al memoriale del genocidio: nello stesso posto, cioè, in cui quell'11 luglio tentò di impiccarsi. C'è il viso trasparente di Roberta Biagiarelli, che parla lentamente con le labbra e con gli occhi, che proprio in quel memoriale-mattatoio e luogo della strage ha deciso di recitare le parti del suo monologo contenute nel film. E ci sono poi le riprese amatoriali, le più agghiaccianti, che oggi sono prove messe agli atti dei processi in corso; riprese fatte dai soldati assassini dell'esercito serbo, che per una forma malata di auto-celebrazione filmavano le esecuzioni degli ostaggi musulmani. È la parte più difficile di tutto il documentario; qualcuno si alza ed esce dalla sala: proprio non ce la fa a vedere. Dirà poi il regista che scegliere la strada della documentazione fedele, in quel caso, era stato problematico.
Marianna Sassano, nonsolocinema.com

Critica (2):E' giusto che sia una donna a dirci tutto questo. Solo una donna sa assumersi la fatica della memoria nera.
Roberta Biagiarelli ci guarda dritto negli occhi, ci rammenta che la Bosnia è il monumento alla nostra vergogna di europei.
Mi onora che sia un'italiana a farlo, figlia di un popolo che con la storia fa spesso il furbo, si autossolve e dimentica come pochi.
A Srebrenica sono rimaste le donne.
L'unica speranza sono loro. Vecchie e giovani che provano a ricominciare, come niente fosse. Come se gli assassini dei loro figli non fossero più in circolazione, come se i bambini rimasti non dovessero giocare in scuole sporche di sangue, su erba che puzza di morte. Come se il mondo non le avesse tradite, e l'Europa avesse una dignità.
Roberta ci guarda, in piedi nel mattatoio vuoto, ci dice che non è finito niente.
A Srebrenica fai picnic su tombe fresche.
Annusi lo stesso odore, la stessa miseria, lo stesso imbroglio di allora. Stesse foreste, stesse notti di stelle, stessa ferita nei monti, stesso catino tetro, stessa cassa acustica che intrappola tuoni e cannonate, fumo di comignoli e nebbia d'inverno. In Bosnia, nel '95, ho stramaledetto la mia ipocrisia pacifista. Dieci anni dopo, guardando questo film tremendo, m'è tornato a galla l'odio di allora.
La stessa voglia di uccidere e la vergogna di non saperlo fare.
E' atroce non poter far nulla per gli innocenti. Ma se a me basta un film per riattizzare l'istinto del lupo, come fanno queste donne a ricominciare, vivendo ogni giorno in quel luogo maledetto? Ricominciare, in queste condizioni, è fatica immane. Non può esserci rinascita senza giustizia: e per la Bosnia non ha pagato nessuno.
Prendiamone atto. C'è poca differenza tra noi e quei miliziani che ridono oscenamente portando dei ragazzi a morire.
Noi abbiamo venduto quei ragazzi, pur di chiudere in fretta la partita. Siamo noi quel cameraman che dice agli assassini di spicciarsi, perché ha la batteria scarica.
I Balcani siamo noi.
Paolo Rumiz, babelia.org, 4/2006

Critica (3):

Critica (4):
Luca Rosini
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