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Happy Birthday, Detective! - Happy Birthday, Turke!


Regia:Dörrie Doris

Cast e credits:
Sceneggiatura: Doris Dörrie dall'omonimo romanzo di Jakob Arjouni; fotografia: Helge Weindler; montaggio: Raimund Barthelmes, Hana Mullner; musica: Peer Raben, Markus Lonardoni; interpreti: Hansa Czypionka (Kemal Kayankaya), Ozay (Ilter), Doris Kunstamann (la Signora Futt), Lambert Hamel (Paul Futt), Omer Simsek (Ylmaz), Ulrich Wesselmann (Eiler), Christian Schneller (Hosch); produzione: Cobra Film /ZDF; distribuzione: IMC; origine: Germania 1991; durata: 109'.

Trama:A Francoforte un investigatore privato, Kemal Kayankaya - turco di nascita, ma tedesco d'adozione - sta seguendo un caso apparentemente "semplice" che finisce per complicarsi e il nostro si trova implicato in un giro di droga, prostituzione e poliziotti disonesti.

Critica (1):Con la consueta ironia Doris Dörrie ci regala con questo suo ultimo film un noir immerso nella livida luce di Francoforte, il cui protagonista è un private eye che ha l'a plomb bogartiano, ma soprattutto il disincanto e lo spaesamento di qualcuno che ha perso o dimenticato la sua lingua e ha perso i contatti con il suo paese d'origine e che, grazie all'inchiesta (scandita sui tempi classici e con tutti i topos chandleriani) sulla scomparsa di un turco e sulla morte di un altro turco, rispettivamente marito e padre della donna che a lui si rivolge per le indagini scopre l'universo di emarginazione e amarezza in cui gli immigrati si muovono nella fredda luce della Germania moderna. Una Germania che anche dopo l'unificazione
sembra aver perso tutte le identità, sembra andare sempre più verso una deriva dei sentimenti. Il sottomondo di droga e corruzione dove si muove il detective per sbrogliare il caso
affidatogli, fa da cartina di tornasole di una specie di ricerca dell'identità. C'è una scena dove il protagonista mostra a una ragazza in un bar le foto del turco che sta cercando e la ragazza gli dice "ma questo sei tu!". Mano a mano che il film va avanti il garbuglio tipico del noir, le morti, gli ambienti della droga, i puscher, le ragazzine tossicodipendenti, gli interni familiari turchi fatti di un misto di orgoglio etnico, di miseria e di rassegnazione, servono a porre il
detective sulla strada di un appuntamento con se stesso e con il proprio bilancio esistenziale. L'amarezza di non appartenere più a lungo e a una comunità, la spietatezza con cui l'aridità disperata della metropoli emargina la comunità turca immergono il thriller in un clima metafisico alla Antonioni, ma nello stesso tempo la mano leggera e il sarcasmo della Dörrie riscattano il film dalla noia e calibrando la suspence, la critica sociale, l'ironia sui ruoli e sull'identità, restituendo un esempio di cinema di genere, con i dovuti omaggi cinefili, capace di parlare dell'oggi con l'impianto classico del nero ma anche con la distanza critica dal materiale narrativo, necessaria per farne un film sull'ambiguità e sul disagio contemporaneo, al di là dell'impianto giallo. Una specie di Notte italiana alla tedesca .
Bruno Roberti, Vivi il cinema n. 42-43 maggio-giugno 1992

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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