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Poesia che mi guardi


Regia:Spada Marina

Cast e credits:
Sceneggiatura: Marella Pessina, Simona Confalonieri, Marina Spada, Ombretta De Biase; fotografia: Sabina Bologna; musiche: Tommaso Leddi; montaggio: Carlotta Cristiani; scenografia: Fabrizio Longo; costumi: Marella Terzini; interpreti: Elena Ghiaurov (Maria), Carlo Bassetti (Nicola), Enrica Chiurazzi (Manuela), Marco Colombo Bolla (Stefano); produzione: Renata Tardani per Miro Film; origine: Italia, 2009; durata: 50’.

Trama:La vita e l'eredità artistica della poetessa Antonia Pozzi, morta suicida a Milano il 3 dicembre 1938, all'indomani delle leggi razziali, raccontata attraverso le voci di alcuni giovani poeti di strada.

Critica (1):Il suicida gioca d'azzardo col futuro e vince, non consegnandosi alle sue fauci. Si incastona invece con forza nel proprio tempo («il pazzo desiderio di donarsi»), per quanto orribile appaia. Ma se si è irreversibilmente artisti, come i poeti, tracce del tempo a venire saranno già state catturate in immagini, nella loro nudità e bellezza rifiutata, per i posteri. Assieme al movente del gesto cruento: la rivoluzione perduta, razzismo e sessismo intollerabile, una borghesia d'alta mostruosità... Ma, come accade in questo denso e misterioso documentario di 50' (accompagnato da un documentario africano di 35' sulla danza antica e moderna, Nora, di Alla Kovgan e David Hinton, tra Zimbabwe e Manhattan), che si traveste brioso e leggiadro da altro, da messa in scena polifonica, c'è un modo per risarcire questi giocatori d'azzardo trionfanti e contagiosi. Farne rivivere lo spettro, ricollocare nel giusto posto in classifica gli esploratori del «disordine emotivo» del passato.
Lo fa la regista Maria, l'alter ego di Marina Spada, in quest'opera di speciale charme (…). Questa giustiziera Maria, dunque, indocile al gioco d'azzardo, reincarna spudoratamente nella contemporaneità, sbalza dall'oblio versi di tenera, infuriata potenza e immagini, strappate agli archivi di famiglia, della poetessa milanese Antonia Pozzi (suicida a 26 anni, nel 1938), amica di Paci e Banfi, da allora relegata nel «fuori campo» dalle istituzioni e dal «senso comune». La sua vita e le sue opere, così, appassioneranno e sconvolgeranno la ricerca poetica di un gruppo di studenti ventenni di oggi, operai e guerriglieri della parola di strada, che ne diffondono gli scritti sui muri. Non gli H5N1 in persona, ma attori che li impersonano.
Scritto da Marella Pessina, Simona Confalonieri con la regista Marina Spada, vestito di luci da Sabina Bologna, che della nuova e vecchia Milano sta diventando la più intensa e competente radiografa, con Carlotta Cristiani (montaggio) alla ritmica e Tommaso Leddi (musica) personaggio solista «a parte», Poesia che mi guardi è un film metonimico e metaforico al tempo stesso sulla «troppa vita che si ha dentro». Va avanti per contiguità e per similarità. Film-poesia e film-prosa. Da camera e da bolgia. Da ultrà e da tribuna d'onore.
Roberto Silvestri, Il Manifesto, 27/11/2009

Critica (2):Poesia che mi guardi è una riflessione sulla poesia e sulla sua necessità. Amo la poesia e amo i poeti perchè danno voce, coraggiosamente, a ciò che di solito è taciuto. Antonia Pozzi, in particolare, mi aveva fulminata perché la sua poesia è libera, carnale, sincera. Mi affascinava questa giovane donna costretta a nascondere, dietro l’apparenza borghese, una passionalità intensa che mal si conciliava con le strettoie e le convezioni dell’epoca. Antonia Pozzi, sola perchè troppo avanti per essere capita, ha saputo guardare, senza ritrarsi, la bellezza e il dolore del mondo e a testimoniare se stessa. Morta suicida, come spesso è accaduto alle donne poeta, è nata e vissuta a Milano, come me.
Marina Spada, cinemaitaliano.it

Critica (3):Dopo il successo fiction Come l'ombra nel 2006, la regista Marina Spada torna con il doc Poesia che mi guardi, che parte da Antonia Pozzi per visualizzare poeta e poesia nella società. Già in cartellone alle Giornate degli Autori (…) inquadra la Pozzi, che nata molto bene nel capoluogo meneghino nel 1912 comprende in breve tempo i limiti, non solo culturali, della propria condizione: alla Regia Università si sente incompresa, non riesce a esprimersi sentimentalmente e creativamente, e nell'inverno del '38 si libera dall'angoscia. Suicidio. Filmati inediti e fotografie della stessa poetessa si diluiscono nella storia di Maria, giovane cineasta innamorata dell'opera della Pozzi. La sua ricerca ha un approdo forse casuale, sicuramente necessario, negli studenti universitari milanesi H5N1 (il ceppo dell'influenza aviaria), collettivo che diffonde i propri componimenti attaccandoli sui muri della città: per creare il contagio poetico. Finiranno appiccicati pure quelli della Pozzi, e non è solo congruenza di affissione, ma afflizione: sia gli H5N1 che la Pozzi sono (r)esistenti contro un sistema articida. Resistenza in versi più che in vita: se la prima può troncarsi, scripta volant, nel tempo e nell'emozione.
Federico Pontiggia, cinematografo.it

Critica (4):
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