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Images d'orient -Tourisme Vandale


Regia:Gianikian Yervant, Ricci Lucchi Angela

Cast e credits:Soggetto: Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi; sceneggiatura: Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi; montaggio: Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi; musica: Giovanna Marini, Francesco Marini, Luis Agudo; produttore: Thierry Garrel, Luciano Rigolini; produzione: Arte France con la partecipazione di Tele+; distribuzione: Gianikian & Ricci Lucchi; origine: Italia, 2001; durata: 64'.

Trama:Come gli altri documentari della coppia anche questo ripropone la storia interpretata dal recupero di materiale cinematografico d'archivio. "Orientalismi" è il titolo tradotto in italiano.

Critica (1):Con i temi delle immagini del passato si sottintende il nuovo: le emigrazioni, i problemi etnici, il razzismo, l'esotismo. Il film rappresenta l'iconografia dell'Orientalismo nel cinema documentario. Con un viaggio in India compiuto alla fine degli anni Venti, gli europei entrano nel "quadro esotico"; è il primo turismo d'élite, che anticipa il fenomeno vandalico del turismo di massa. La miseria dei nativi, dei danzatori, dei bambini dal ventre gonfio, degli operai delle ferrovie e dei corpi aggrovigliati delle folle si contrappone ai gruppi compatti di questi nuovi turisti, sempre impegnati in ricevimenti ufficiali sullo sfondo di ricche residenze coloniali. Le due realtà non si mescolano mai. Chi sono questi viaggiatori? Come mai sono qui? Perché le loro immagini disturbano? La Mostra 58 a dispetto della definizione ricorrente questi giorni di "prima Mostra berlusconiana", sembra guidata più da Guy Debord e dall'idea di una società dello spettacolo che vuole essere liberamente antagonista. Sarà politica questa Mostra? Di certo il cortocircuito della Realtà è più forte, e non solo per la presenza dei registi che hanno "ripreso" i giorni del G8 (domenica) mentre i ragazzi del Venezia social forum sono arrivati con uno striscione di protesta, o per il documentario di Jean Louis Comolli Le juge et l'historien dedicato a Sofri nei giorni in cui il nuovo governo ha respinto l'ipotesi di grazia per Bompressi. Ma perché le angoscie contraddittorie del presente sono materia per le antenne più vispe del corpo cinema nel suo complesso. C'è insomma un bisogno diffuso di Realtà ricomposta negli interstizi dove si annidano le inquietudini dell'epoca, del mondo, del cinema che sempre più esprime un bisogno di ripensare se stesso. In questo senso forse la sezione più dichiaratamente "debordiana" sono i Nuovi territori curati da Roberto Turigliatto, dove vedremo Domestic violence di Wiseman o Spike Lee col ritratto di Huey P. Newton. Così come non rischiano di spegnersi nella distanza le immagini che usano Angela Ricci Lucchi e Yervant Gianikian, trovate negli archivi grazie a contatti pazienti e accurati con i collezionisti e le cineteche di tutto il mondo, poi interpretati, che non significa "manipolati" piuttosto rivelati nei loro originari intenti di manipolazione. Images d'Orient - Tourisme Vandale, prosegue un'indagine che i due registi hanno cominciato da tempo sullo sguardo esotico europeo e occidentale, che significa un modo di guardare l'"altro", chi esprime una cultura diversa per riferimenti e sistemi di vita, con disprezzo o seduzione ma in ogni caso con la distanza di una superiorità centrifuga. L'oriente del titolo è l'India ma poteva essere anche l'Africa dell'installazione realizzata per la Biennale arte La marcia dell'uomo, con la differenza ci dicono che lì era ancora un viaggiatore solitario seppure già sintomatico di quello che sarà il successivo "turismo vandalo", qui viene seguito il viaggio di un gruppo. E in più con un'impronta politica forte visto che i "viaggiatori" in questione esprimono le classi istituzionali e governative dell'Italia nel 1929, dunque in pieno fascismo. "L'India è vista qui nel suo complesso - dicono Gianikian e Ricci Lucchi - Non volevamo addentrarci nella questione indiana in modo dettagliato, abbiamo preferito mostrare quell'intreccio di arroganza e eleganza degli europei chiusi nei loro palazzi". Insomma la "zona rossa" dei potenti e il resto, i bimbi che lavorano, i poveri, chi si dibatte nel colonialismo vendicatore, come poi nel global che verrà, e come dicono i registi "la razza padrona italiana, i fascisti che rappresentano la classe politica dominante". Sembra oggi, è quasi ottanta anni fa. "Mentre stavamo montando erano i giorni del G8. Era difficile non vedere connessioni immediate tra questi materiali e quello che stava accadendo a Genova" dicono ancora. Cioè movimento no global, e massacri della polizia moltiplicati dalle telecamere e i ricevimenti invisibili per i potenti della terra. Allora, spiegano ancora Gianikian e Ricci Lucchi era il contrario, l'operatore (i materiali sono in 35 millimetri , li avevano nei loro archivi, trovati in quello di Comerio ma preferiscono non rivelare in nome di chi li ha realizzati) nel montaggio aveva cancellato la povertà. I testi usati per il film sono di Mircea Eliade e Henri Michaux perché, spiegano, "al di là dell'ideologia Michaux sapeva vedere gli scontri di classe. Diceva: 'ci sono tre cose che non si toccano in India, gli inglesi, gli indiani, le vacche'". È questo Images d'Orient allora anche un ritorno a quella linea di racconto del meccanismo coloniale italiano (che era ad esempio in Lo specchio di Diana), alla ferocia sfumata per anni nell'ipocrisia di una politica coloniale "buona"... La musica è di Giovanna Marini (insieme a Francesco Marini e Luis Agudo), compagna di strada da tempo dei due registi che ha usato appunto le parole di Michaux e Eliade. Leggiamo nei Frammenti da una rivoluzione civile. Diario dall'India, aprile-maggio 1930: "Hellen Majumdar, studente in farmacia: non sente più. Ha i timpani rotti, il labbro inferiore spaccato, la bocca che sanguina". "Indira Chakravarti, studente in filosofia. Il suo ufficio è stato devastato, le ragazze che erano lì sono state picchiate e arrestate, non vuole dire niente...". È il colonialismo inglese, nel 30. Oggi, e Genova insegna, la democrazia global non è molto diversa.
Cristina Piccino, Cinemazip

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
Ricci Lucchi
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