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Petite Maman


Regia:Sciamma Céline

Cast e credits:
Sceneggiatura: Céline Sciamma; fotografia: Claire Mathon; musiche: Para One; montaggio: Julien Lacheray; scenografia: Lionel Brison; suono: Julien Sicart, Valérie De Loof, Daniel Sobrino; interpreti: Joséphine Sanz (Nelly), Gabrielle Sanz (Marion), Nina Meurisse (madre), Stéphane Varupenne (padre), Margot Abascal (nonna); produzione: Lilies Films, France 3 Cinéma; distribuzione: Teodora Film; origine: Francia, 2021; durata: 72'.

Trama:Nelly ha otto anni e ha appena perso la sua amata nonna. Mentre i genitori puliscono la sua casa, Nelly si aggira per le stanze ed esplora i boschi circostanti dove la madre, Marion, giocava e dove ha costruito la casa sull'albero di cui Nelly ha tanto sentito parlare. Un giorno, Marion se ne va improvvisamente e Nelly incontra una ragazza della sua età nei boschi. Sta costruendo una casa sull'albero e il suo nome è Marion...

Critica (1):«Tu non hai inventato la mia tristezza», dice a un certo punto di Petite Maman la piccola Marion all’amica Nelly, entrambe bambine di otto anni, quasi indistinguibili l’una dall’altra, amiche del cuore e unite per la vita. Svelare il modo in cui sono unite è forse una crudeltà verso il lettore e spettatore ignaro della principale svolta narrativa del film - scritto e diretto da Céline Sciamma durante la seconda parte del 2020 e dunque nel pieno della pandemia - ma è necessario per sviluppare un minimo di discorso critico.
Ebbene, perdonateci, ma Marion e Nelly (intepretate dalla gemelle Gabrielle e Joséphine Sanz) sono rispettivamente madre e figlia. E il tutto grazie all’immaginazione di una delle due, la figlia, Nelly, che proprio perché incapace di inventare la tristezza, dovendo affrontare il lutto per la perdita della nonna e il temporaneo abbandono della madre sopraffatta dal dolore, inventa l’amicizia.
Sola con il papà nella casa della nonna, con la sua piccola forma di resistenza e reazione, Nelly crea la presenza dal vuoto, la compagnia dall’assenza. Tra corridoi e stanze semivuote, in un armadio a muro ancora ingombro trova un gioco che fa da tramite a un mondo di possibilità. Senza magia, senza riti di passaggio o valichi da superare, ma semplicemente attraverso uno stacco di montaggio che sovrappone in maniera naturale una realtà all’altra.
«Vengo dalla strada dietro di te», dice Nelly a Marion prima di rivelarle la sua verità. Gli spazi del film sono doppi, mai sovrapposti ma affiancati, posti l'uno dopo l'altro per quanto identici; come se la fantasia di Nelly non sostituisse la sua realtà, ma la sorreggesse. Anche le immagini del film, spoglie e minimaliste grazie alla fotografia di Claire Mathon, rimano in maniera altrettanto elementare, creando una relazione di pieni e di vuoti, con muri per metà imbiancati e per metà tappezzati, ombre che spaventano e ombre che abbracciano, rituali ripetuti, malattie tramandate di madre in figlia, bambine che giocano interpretando ruoli, una un maschio l'altra una femmina, secondo una logica non binaria dei rapporti che la lesbica, militante, ideologica Sciamma riesce miracolosamente, o meglio ancora naturalmente a tenere su un piano di pura rappresentazione (o semplicemente di puro cinema che lavora coi propri elementi di base: lo spazio e il montaggio).
Gli uomini sono come sempre quasi assenti da questo mondo “altro”: il papà di Nelly, affettuoso e un po’ distratto, non ricorda i particolari dell’infanzia della moglie e svanisce dal film senza fare rumore; mentre il rapporto tra madre e figlia, come già succedeva in Barrage di Laura Schroeder, è un rapporto esclusivo tra donna e donna che rinnova l’esigenza di dare al mondo un ordine finalmente squilibrato.
Nel corpo indefinito della femminilità, ancora una volta con tendenze naturali al travestimento e alla mascolinità; nella sovrapposizione incongruente eppure normale fra mondi separati (...); nello stile astratto, autunnale e vagamente onirico delle immagini; nella risolutezza infantile con cui Nelly elabora i suoi traumi («Non chiedere scusa, mamma, mi sono divertita», dice alla madre) si scorge l’essenza del mondo di Céline Sciamma, da sempre oltre l’autorità e la Legge, con il cinema e le immagini a salvare dalla paura delle ombre.
Roberto Manassero, cineforum.it, 20/10/2021

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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