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Matrimonio di Maria Brawn (Il) - Die Ehe der Maria Brawn


Regia:Fassbinder Rainer Werner

Cast e credits:
Sceneggiatura: Peter Marthesheimer e Pia Fröhlich da una idea di Fassbinder; fotografia: (a colori) Michael Ballhaus; scenografia: Norbert Scherer; musica: Peer Raben; montaggio: Juliane Lorenz; fonico: Jim Willis; interpreti: Hanna Schygulla (Maria Braun), Klaus Löwitsch (Herman Braun), Gisela Uhlen (la madre di Maria Braun), Ivan Desny (Oswald), Hark Bohm (il segretario di Oswald), Gottfried John (Willi), Elisabeth Trissenaar (Betti), George Byrd (il graduato americano nero), Peter Berling (il proprietario del locale"off limits"); produzione: Albatros Film Michael Fengler / Trio Duisburg con la WDR in collaborazione con la Filmverlag der Autoren; distribuzione: Academy Film Distribution; origine: Germania Occidentale; anno: 1979; durata: 95'

Trama:
Una giovane attraente tedesca, sposa di guerra, attraverso il mercato nero e la prostituzione riesce a diventare una brillante donna d'affari, rimanendo sempre leale al marito prima prigioniero, poi detenuto.

Critica (1):L'innocenza e l'ambiguità sono le cifre sotto cui si iscrive la storia di Maria Braun. E l'ambiguità è resa ulteriormente suggestiva dall'evidente significato allegorico della protagonista: Maria Braun (il nome più comune che si possa immaginare) è anche, senza ombra di dubbio, la Germania. Ma al di là di questa ovvia iponoia di una nazione orgogliosa distrutta, prostituita, risorta solo per annientarsi nei suoi ideali, qual è la profonda suggestione che si sprigiona da un film insieme intellettuale e incontenstabilmente popolare, l'esempio più alto di quel cinema hollywoodiano-tedesco che Fassbinder ha sempre sognato di realizzare? Molto (anche in Italia) è stato scritto su questo. E, a dire il vero molto di giusto. Non c'è altro film di Fassbinder che sia più "chiaro" di Il matrimonio di Maria Braun: paradossalmente chiaro, nel senso che offre molteplici validi livelli di lettura. Questo perchè innocenza e ambiguità, volontà di ricostruire, ma di non cambiare nulla, sono i motori stessi della rinascita dell'Europa occidentale nel dopoguerra, proprio come dimostra il film. Non solo, ma innocenza e ambiguità sono due dei tratti più significativi dello sviluppo culturale di quel periodo. È comprensibile, perciò che il film sia in grado di offrire (e stimolare) una risposta globale, perchè affonda le radici nel cuore stesso della condizione europea di oggi. In Il matrimonio di Maria Braun compare il tema-base di film successivi: la realizzazione del sogno (dal punto di vista dei personaggi, il loro personale sogno sentimentale; dal punto di vista storico la ricostruzione "miracolosa" della Germania dalle macerie e dalle ceneri della guerra). Il sogno di Maria Braun, come quello di tante eroine fassbinderiane, è la felicità coniugale. Nel formularlo la ragazza parte da una concezione della realtà privata totalmente separata da quella pubblica. Una frattura in conseguenza della quale ogni valore perde consistenza e relazione. Maria non è una spregiudicata calcolatrice: è la sacerdotessa di un mito inconoscibile e costantemente rimandato. Il suo Hermann, "l'uomo-signore" non è nè buono nè cattivo, è semplicemente assente: una natura appropriamente rappresentata dal più obliquo degli attori di Fassbinder, Klaus Lowitsch, che era già stato lo sfuggente sosia di Despair. Maria tradisce il marito per conservarne l'affetto, lo lascia andare in prigione al posto suo perchè devota a un ideale che supera entrambe le loro persone. Questa sorta di idealismo (che non ha nulla di romantico) deve però infrangersi, nel corso della storia, contro il tirannico, autentico signore della vita e dei sentimenti: il tempo. Non solo perchè il tempo deforma quello che, date infine le condizioni perfette per il suo compimento, non si rivela altro che un mito meschino e volgare (la sequenza dell'arrivo di Hermann, che rimane in mutande e calzini sul letto, è splendida), ma perchè Hermann, incapace di adattarsi al corso della storia, viene ad essere l'elemento disturbante nei confronti del sogno. L'assoluto sogno femminile di Maria Braun, conservato subendo e sfidando la storia, subisce la sua nemesi: ciò che era stato conservato perchè fiorisse è in realtà la malattia quotidiana dell'incomunicabilità, della noia, della gerarchia nella coppia. Hermann finisce per disprezzare Maria non perchè gli è stata infedele, ma perchè è riuscita dove lui ha fallito. Da parte sua Maria è, nonostante tutto, esclusa una volta di più dalla possibilità di scegliere: Oswald e Hermann l'hanno utilizzata per un accordo tra uomini. Un uomo che ritorna e una donna che lo aspetta, un triangolo basato sul ricatto dei sentimenti, la catastrofe finale con il microcosmo dei protagonisti in pezzi; tutto questo Fassbinder l'aveva raccontato decine di volte. Con Il matrimonio di Maria Braun trova il contesto storico e il dispositivo retorico capaci di illuminare il suo linguaggio e, insieme, di renderlo più accessibile. Il grande, definitivo melodramma riesce a compiersi: Hanna Schygulla, l'eroina fassbinderiana cui, salvo che in Effi Briest, non era mai stato consentito di morire, distrugge sè e il suo sogno per sempre. L'ironia del finale prelude al nuovo disincantato tono che il regista adotterà al cinema da ora in poi. Paradossalmente proprio quando quasi tutti i critici, scoprendo l'autore con dieci anni di ritardo, corrono a celebrare il mèlo citando a sproposito vecchie e anacronistiche interviste.

Davide Ferrarlo, Fassbinder - IL CASTORO CINEMA nov./dic. 1982

Critica (2):

Critica (3):

Critica (4):
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